Massimo Campanini, il Fatto Quotidiano 15/8/2016, 15 agosto 2016
ISLAM, LA RICHIESTA DI POLIGAMIA CONTRO LA SECOLARIZZAZIONE
La maggior parte dei fenomeni dell’Islam contemporaneo, che colpiscono e molte volte preoccupano o suscitano riprovazione nell’osservatore occidentale, dipendono da una ricerca, a volte spasmodica, dell’identità. E come quasi sempre accade in questi casi, ciò assume aspetti conservatori. La ricerca dell’identità infatti impone il ritorno alle origini, il recupero dei fondamenti. Nell’Islam contemporaneo un aspetto particolarmente sensibile di questo processo riguarda il diritto di famiglia: è praticamente l’unico aspetto della sharia, la cosiddetta legge religiosa islamica, che sia sfuggito alla secolarizzazione del mondo moderno. La maggioranza dei Paesi islamici oggi adotta codici civili e penali ispirati alla tradizione giuridica occidentale – francese, belga, anche italiana – non alla sharia. Il diritto di famiglia invece è ancora riuscito, almeno parzialmente, a resistere.
Tra le norme regolate dal diritto di famiglia di impostazione sharaitica vi è naturalmente la poligamia. Una visione equilibrata di questa pratica peculiare che urta le sensibilità etiche e giuridiche degli occidentali, pretende però di tenere in conto elementi teologici oltre che sociologici e storici. Se si vuole ritornare ai fondamenti, bisogna guardare all’esempio del Profeta Maometto e al Corano.
Il Profeta ebbe molte mogli, ma, a prescindere dai particolari privilegi garantitigli dalla sua funzione di trasmettitore del messaggio di Dio, egli non li sfruttò prima dei cinquant’anni, rimanendo monogamo finché visse l’amatissima moglie Khadija. Dopo la morte di quest’ultima, i matrimoni di Maometto ebbero per lo più fini politici o di insegnamento riguardo a come ci si dovesse comportare con le donne. E l’imitazione del Profeta è necessaria, secondo il musulmano, per non sbagliare, neppure nelle scelte di tutti i giorni. Quanto al Corano, esiste un versetto, solo uno (il 4,3) che consente di sposare fino a quattro donne, ma con due clausole limitative chiaramente precisate: che si tema di non poter proteggere adeguatamente gli orfani; e che si garantisca a tutte le mogli un uguale ed equo trattamento.
La prima clausola è legata al fatto che il versetto fu rivelato dopo una battaglia in cui molti credenti erano stati uccisi, lasciando vedove e orfani: sposare le vedove, anche più di una, sarebbe stato dunque un modo di salvaguardare i bambini. Il versetto è dunque contestualizzato, ma può avere un valore generale e perciò implicitamente limitativo della poligamia lecita. Il marito poi deve essere giusto, ma il versetto 4,129 dice che gli uomini non potranno essere giusti neanche volendolo. Di conseguenza, molti modernisti musulmani hanno sostenuto che il Corano prescrive di fatto la monogamia.
Non si deve sorridere di queste sottigliezze. Il Corano ha un prestigio e un ruolo nell’orientare il comportamento dei credenti assai più grande di quello dei Vangeli per i cristiani. Vero è che, se si guarda alla lettera, il testo sacro rende legittimo il fatto di avere fino a quattro mogli. E qui entrano in gioco società e storia. Per quanto possa sorprendere se non ci si riflette a mente fredda, la poligamia come il velo sono stati appannaggio più delle classi ricche che di quelle popolari.
Solo un uomo benestante poteva e può permettersi più mogli ed essere equo con tutte. Di fatto perciò la pratica è venuta scemando nel corso dei secoli e oggi, anche per influsso della modernità, è complessivamente rara. Gli harem con le odalische fanno parte dell’immaginario esotico non della realtà. La poligamia era pratica diffusa in tutto l’oriente semitico fin dall’antichità: antichi egizi, sumeri e babilonesi erano tranquillamente poligami, ed anche il diritto biblico ebraico, la halakha, prevedeva la possibilità di avere più mogli e di ripudiarle. Si pensi al patriarca Giacobbe, colui cui fu dato il nome di Israele: aveva due mogli contemporaneamente, Lia e Rachele, oltre alle schiave concubine da cui ebbe alcuni dei suoi dodici figli.
Vero è che, almeno nel mondo mediorientale, solo due paesi oggi, la Turchia e la Tunisia, hanno abolito per legge la poligamia. Ma è anche vero che in moltissimi altri paesi, dal Marocco alla Giordania, il legislatore, pur non abolendo ufficialmente la norma, prevede sempre più tutele a favore della donna: per esempio, non è raro ormai che nei contratti di matrimonio (nell’Islam il matrimonio è un contratto civile non un sacramento) le donne richiedano sia prevista la clausola che il marito debba avere il loro permesso per sposarsi una seconda volta, o che addirittura un secondo matrimonio possa portare a un automatico scioglimento del primo. È lungo e difficile cambiare abitudini ataviche e millenarie, ma le società islamiche più aperte stanno seguendo questa strada.
Un problema potenzialmente di difficile (ma non impossibile) soluzione è quello che riguarda i musulmani che sono cittadini europei o americani. I codici europei e americani non prevedono la poligamia. L’Islam in linea teorica sì. Come armonizzare due dettati giuridici potenzialmente conflittuali? Il diritto è fortunatamente uno strumento flessibile. Certo, non si può cambiare il dettato del Corano. Ma la sharia che si abbevera al Corano non è un codice, ma un input che ispira il diritto di elaborazione umana, il fiqh in linguaggio tecnico. È qui che bisogna lavorare.
Massimo Campanini, il Fatto Quotidiano 15/8/2016