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 2016  agosto 14 Domenica calendario

PER UN PUGNO DI COPIE

Terenziano Mauro non ha scritto alcun bestseller. Però ha spiegato, in un solo verso di De litteris, De syllabis, De Metris (siamo nel secondo o al massimo nel terzo secolo), tutto ciò che ancora oggi sanno i maggiori esperti di bestseller: «Pro captu lectoris habent sua fata libelli». Cioè «il destino dei libri è nelle capacità dei loro lettori».
Hai voglia a studiare le dinamiche di mercato, le mode, le strategie di promozione, l’estensione degli stand al Salone del libro di Torino (o di Milano...). Tanto poi i lettori fanno di testa loro. A volte bene, a volte male, si dirà. Ma a dirlo sono sempre gli altri, quelli che i libri non li comperano perché glieli regalano le case editrici affinché ne parlino e ne scrivano bene. Dal cilindro del Lettore prestidigitatore possono uscire Lev Nikolàevic Tolstòj o Federico Moccia. La sostanza non cambia, poiché, in tema di bestseller, la qualità vale zero e la quantità vale tutto. E oggi, mentre siamo qui a interrogarci su come migliorare i conti del sistema editoriale e a gridare al vento le solite lamentazioni dal titolo «In Italia si legge troppo poco», l’ennesima conferma viene dalle parole di Frédéric Rouvillois, francese, 51 anni, docente di diritto pubblico e soprattutto storico delle idee, intervistato da Lire sul numero di luglio-agosto. E viene ancor meglio dal suo saggio (bestseller o no poco importa) Une histoire des best-sellers, edito da Flammarion nel 2011. Una storia, appunto, non una ricetta miracolosa, visto che il libro, in fin dei conti, è un malato immaginario.
SUCCESSO Nel 1832 un inglese diretto in Transilvania trova, nell’odierna Sibiu, in Romania, una piccola libreria davvero singolare: vi si vendono soltanto libri di Walter Scott. «Il signor Valtere Skote - gli spiega il libraio - è l’uomo più famoso d’Europa». E prima di uscire in Francia nel 1862, I miserabili di Victor Hugo era già stato tradotto in nove lingue. E Laurence Sterne, attentissimo nel curare i propri interessi quanto geniale nel destrutturare l’impianto del romanzo borghese con il Tristram Shandy, un giorno, visitando in incognito a Londra la libreria Dodsley e non trovandovi una sola copia della sua opera, si precipita da mister Dodsley per contrattare il conquibus di una nuova edizione. Insomma, il ferro va battuto finché è caldo.
STRATEGIA Per costruire un bestseller - scrive Rouvillois - occorrono tecnica, magia e industria pesante. E se da un lato Maurice Nadeau sosteneva che una delle caratteristiche fondanti del bestseller è la mediocrità, mentre dall’altra il bestsellerista Carlos Ruiz Zafón afferma che «il successo è il miglior pegno della qualità», è certo che le vie che portano alla clamorosa affermazione sono, come quelle che conducono all’inferno, lastricate di buone intenzioni. Un caso eclatante riguarda l’«eretico» Vita di Gesù di Ernest Renan. Cinque anni dopo l’uscita, a dargli la spinta decisiva è la scandalizzata protesta dei sacerdoti parigini, recatisi in massa ad acquistarne copie al solo fine... di distruggerle. Ma a caval donato non si guarda in bocca. Neppure se l’alito puzza di truffa. Bernard Grasset, impegnato a lanciare Il diavolo in corpo di Raymond Radiguet, non si perita di passare direttamente dalla 52ª alla... 83ª edizione.
MERCATO È il buon vecchio Charles Augustin de Sainte-Beuve, eminenza grigia, se non proprio noir, dei critici francesi, a parlare per primo, nel 1839, di «letteratura industriale». Ovviamente deprecandola. Un secolo dopo, nel 1947, Richard Mealand sul Publishers Weekly può affermare che «oggi un milione di copie sono noccioline». Siamo entrati nell’epoca dei «libri obbligatori», quelli che si acquistano (spesso senza leggerne una riga) per fare bella figura, per essere, letteralmente, à la page, cioè alla pagina, proni di fronte al costume imperante. E persino Louis-Ferdinand Céline, immemore di aver scritto nel 1933 che «un successo è sempre di pessima qualità», ha cambiato idea: «Niente di meglio che un libro diventato obbligatorio».
PUBBLICITÀ Senza arrivare all’eccesso del già citato povero Radiguet, il quale morendo a soli vent’anni dà nel peggiore dei modi grande impulso alla vendita del suo libro, ci sono tanti modi per pompare un prodotto. Almeno a partire dal 1895, quando negli Stati Uniti la rivista The Bookman inizia a classificare i libri «in ordine di richiesta». È il preludio alle tanto discusse (e discutibili) classifiche. Detto en passant, da un sondaggio effettuato nel 2006 per conto di Livres Hebdo è risultato che 32 persone su 100 scelgono il libro da acquistare sulla base della sua posizione in classifica. Se non si ha la fortuna di partecipare all’Apostrophes di Bernard Pivot o a The Oprah Winfrey Show, può essere per esempio utile finire in tribunale, come accadde a Boris Vian nel 1947 con sotto il braccio il suo Sputerò sulle vostre tombe. I lettori non sputarono, anzi gradirono molto.
LETTORI E dunque si torna al punto di partenza, al verso di Terenziano Mauro che chiama in causa l’utilizzatore finale. Anche se non di rado costui ammette di scucire qualche moneta al solo fine di arredare il salotto. Nel 1985 il diabolico Michael Kinsley di The New Republic s’inventa un giochetto. Nasconde tra le pagine di molti volumi di alcune librerie di Washington un foglio con un messaggio di questo tenore: «Chiamatemi a questo numero di telefono e vi darò cinque dollari in premio per aver letto questo libro». Non lo chiamò nessuno. Forse anche «negli Stati Uniti si legge troppo poco».