Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 15 Lunedì calendario

IL RITMO DEL BRASILE COMPIE CENT’ANNI

Il samba non ha carta d’identità: è nato per caso, senza fissa dimora, senza padre, né madre, nella perdizione delle notti carioca, ai margini della legalità. Eppure quest’anno si fa festa. E che festa per i suoi cent’anni. I brasiliani lo hanno celebrato, nella coloratissima e musicalissima cerimonia d’apertura delle Olimpiadi, convocando le scuole di samba del Carnevale e omaggiando i grandi compositori. Insomma, regalando al samba un atto di nascita ufficiale che coincide con uno dei pezzi più famosi, Pelo telefone (Al telefono) scritto nel 1916 (il testo ironizza sui rapporti fra un capo della polizia e il gioco illecito), registrato nel febbraio 1917 e trasformatosi in un grande successo popolare. Quanto basta per dare alla canzone, firmata dal sambista Donga e dal giornalista Mario de Almeida, ma scritta nella Rio storica, nella casa di Tia Ciata, sarta, pasticcera, mae de santo (le donne che officiano i riti del candomblè), agitatrice culturale, dove si faceva l’alba inventando musica e parole a molte mani, la patente di primo samba della storia.
RADICI
Ma quella storia è molto più lunga, nasce dall’incontro di ritmi, razze e civiltà lontane. La prima volta che la parola samba appare, è alla metà dell’800, deformazione di un’espressione angolana (umbigada semba) legata alle danze tribali. È Africa più Europa, Angola e Portogallo. Ha le stesse radici del popolo brasiliano, per questo si identifica con l’identità di una nazione, fenomeno unico e potente.
«Chi non ama il samba non è una brava persona, o è fuori di testa o ha male ai piedi» canta uno spensierato capolavoro del grande cantautore baiano Dorival Caymmi, Samba da minha terra. Come dire: in Brasile ballare è più che vivere. Il samba più che una danza è un atteggiamento che tiene insieme i caratteri di un popolo: allegria, fatalismo, orgoglio, vitalità, ironia, emotività, sesso. Un legame talmente profondo a cui hanno contribuito eventi profondi.
POLITICA
Come l’affermazione di Getulio Vargas, presidente autoritario e populista dal 1930 al 1945 e dal 1951 al 1954, anno in cui si sparò al cuore all’interno del palazzo presidenziale, dopo aver scritto un biglietto con queste parole: «Lascio la vita per entrare nella storia». Vargas, affascinato dalla politica di controllo culturale del Minculpop mussoliniano, intuì la capacità seduttiva della musica sul proprio popolo, sponsorizzò ufficializzandole la crescita delle scuole di samba (fino ad allora relegate ai margini della società). A loro veniva, di fatto, affidata la gestione del Carnevale, ma indirettamente anche il controllo delle aree urbane più povere e più grandi, con l’invito esplicito a proporre composizioni con un contenuto che elevasse la morale brasiliana o esaltasse le bellezze del Paese. Canzoni come Recenseamento (Censimento) di Carmen Miranda e O bonde Sao Januario (Il tram San Gennaro) di Ataulfo Alves che celebravano le virtù del lavoro contro la disonestà o, addirittura come Aquarela do Brasil (comincia così: «Brasil meu Brasil brasileiro») di Ary Barroso.
Su quest’ultima famosissima canzone si racconta di come l’autore si infuriò con il compositore classico Hector Villa Lobos, che Vargas aveva nominato responsabile musicale delle scuole di samba, perché arrivò solo terza al desfile carnavalesco del 1939. E, infatti il successo lo ottenne solo quando Walt Disney la utilizzò per il film Saludos amigos. La spinta divulgativa veniva affidata alla Radio Nacional, governativa, con il compito di fare da gran cassa a canzoni, interpreti e autori, da Mario Reis a Orlando Silva, a Araci de Almeida, a Francisco Alves, a Noel Rosa, a Lupicinho Rodrigues e tanti altri.
FIRST LADY
Negli stessi anni, dal 30 in poi, il samba trovò la sua first lady in Carmen Miranda, piccola (era alta un metro e 51) ragazza di nascita portoghese, ma che divenne l’incarnazione della brasilianità prima nazionale poi internazionale, con il suo cesto di frutta in testa, dopo il suo approdo a Hollywood. Esempio di vitalità e sensualità, seppure assai lontana e assai più castigata delle esuberanti e esplicite passistas di oggi. Le passistas sono le mulatte che animano le sfilate delle scuole di samba, dimenando generosamente i loro glutei, specialità impossibile da trasmettere a chi non abbia quel tanto di africanità nel sangue, ingrediente forte che continua a essere il mistero profondo del samba centenario.