Alessandro Milan, Libero 15/8/2016, 15 agosto 2016
«SAPEVO CHE I GIALLI CI AVREBBERO FATTO NERI» [Intervista a Alberto Forchielli]– Non è facile inquadrare uno come Alberto Forchielli, anche perché lui fa di tutto per spiazzarti
«SAPEVO CHE I GIALLI CI AVREBBERO FATTO NERI» [Intervista a Alberto Forchielli]– Non è facile inquadrare uno come Alberto Forchielli, anche perché lui fa di tutto per spiazzarti. È capace, nel mezzo di un’analisi seria sull’economia mondiale, di piazzare battute irriverenti. I politici sono il suo bersaglio preferito. Probabilmente in questo incide la sua vena romagnola, quella che a un talk-show lo spinse a rivolgersi a Francesco Rutelli così: «Ma vai a far pugnette». «È che non ne posso più» esordisce Forchielli. «Della politica italiana, che è una barzelletta, e di questa élite che negli ultimi 40 anni ha distrutto l’Italia». Forchielli ha un curriculum lungo tre pagine. Stringendo molto: imprenditore, 60 anni, laureato ad Harvard, collega del premio Nobel Stiglitz alla Banca Mondiale, collaboratore di Romano Prodi all’Iri e alla Commissione Europea, collaboratore di Andreatta a Bilancio, Esteri e Difesa, presidente di Finmeccanica in Asia, oggi fondatore del Fondo Mandarin, primo fondo straniero in cui il governo cinese ha investito per fare da ponte tra imprese cinesi ed europee. «Ho vissuto la prima metà della vita a raccontare agli italiani come facevano le cose in America e ho passato gli ultimi 22 anni a spiegare agli europei perché gli asiatici ci avrebbero fatto il culo». Altro particolare: Forchielli non ama i giri di parole. Quando lo invito a 24 Mattino su Radio 24 è una mina vagante. Prendere o lasciare, come quando disse «che io la doccia con Renzi non la farei, perché se ti cade il sapone e ti pieghi ti incula». Forchielli vive tra Imola, Bangkok, Shanghai, Hong Kong, Boston e Monaco di Baviera. E della sua amata Italia ha un giudizio pessimo: un Paese che non si riprenderà e dal quale vale la pena fuggire. «Sulla classe dirigente di cui sopra ho scritto un libro che uscirà a settembre. Si intitola Il potere è noioso. Il mondo globalizzato spiegato da un protagonista anarchico». Perché protagonista? «Perché io ci ho provato a cambiare le cose, ma lo ammetto: faccio parte di quella generazione che ha pensato solo al proprio interesse e che pomposamente va alla prima della Scala». Oggi in Italia si guarda alle banche, a partire dal Monte Paschi. «Io lo chiamo Monte Pacchi. Hanno distrutto in tre anni 5 secoli di storia. Più pacco di così». Però Mps si è salvata. «In questo modo: Pantalone mette i soldi tramite la Cassa depositi e prestiti, gli stranieri se la mangiano facendo l’aumento di capitale». Di chi è la colpa della situazione attuale? «Al Mps hanno fatto delle boiate pazzesche come l’acquisizione di Banca 121 e di Antonveneta, poi c’era una combriccola che faceva scellerate operazioni in derivati. Insomma è il classico caso in cui la politica nelle banche non può che produrre disastri». Eppure Renzi lo scorso gennaio invitava ad acquistare azioni Mps. «Infatti Renzi è un politico. Ma non è finita: dopo il Mps, rischieranno di fallire altre banche». Quali? «Fai il bravo, vediamo di non andare in galera. Ma quando l’economia non va, la crisi della banche è ovvia». Padoan dice che le banche italiane sono solide. «Quando parla Padoan io mi tocco i maroni». Ecco l’irresistibile attrazione di Forchielli per le battute urticanti. «Ma ragiona. Tutte le banche medie sono con le pezze al culo, è in crisi anche la Cassa di Risparmio di Cesena che non è mai andata più in là di Bagnacavallo. Le banche falliscono perché le imprese non restituiscono i prestiti, il mercato immobiliare non riparte. In più, siccome le imprese vanno di merda le banche non prestano denaro per cui non hanno reddito». Sei notoriamente pessimista. Che fine faremo? «Vedo l’Italia su un percorso di messicanizzazione». Cioè? «Diventeremo come il Messico, con una economia caratterizzata da tre settori: il primo sarà formale, avanzato, agganciato all’Europa. Penso al Nord produttivo, ai distretti con imprese moderne, criminalità contenuta e due terzi di fatturato export». Il secondo settore? «Una larga fetta di Italia sarà totalmente in “nero”. Distretti come Prato, la Campania, il Sud in generale. Lì ci sarà un’economia domestica, torneremo all’agricoltura, alle filande con 2mila lavoratori in nero e imprenditori stranieri, sempre più cinesi. Tra un po’ allo Stato non converrà più chiudere queste attività perché poi ai lavoratori non rimarrà che andare a rubare o spacciare». Il terzo settore? «Una parte del Paese sarà in mano alla criminalità organizzata che si insinuerà in questo clima di povertà assoluta con manovalanza a basso costo e scarsa concorrenza dei settori puliti. Il vero obiettivo non è raccontare che l’Italia riparte come fa Renzi ma tollerare questa dinamica e far sì che la delinquenza non inquini gli altri due settori che, bene o male, portano ricchezza». Stai dicendo che bisognerebbe tollerare che una parte del sistema produttivo sia in mano alla criminalità organizzata? «Esatto, è la messicanizzazione dell’Italia». Suona come la frase «con la mafia bisogna convivere». «Suona così». È una sciagura! «Lo so. Ma temo sia la realtà. Impariamo a convivere con la criminalità indirizzandola verso iniziative economiche intelligenti, lontano dal pizzo e dalle rendite di aziende produttive, che siano esse formali o in nero». Ma perché l’economia non riparte? «Le condizioni mondiali sono estremamente favorevoli con il prezzo basso del petrolio ma non c’è domanda perché il consumatore americano si è stancato di consumare e l’investitore cinese si è stancato di investire. In più abbiamo un macigno di debito pubblico sul groppone. Dove vuoi andare?» La Germania ce la fa. «Loro hanno flessibilizzato il mercato del lavoro, le imprese hanno investito in ricerca e sviluppo e han cercato di mantenere il lavoro a casa, hanno capacità organizzative e genetiche migliori della nostre». Genetiche? «Certo, noi siamo antropologicamente incapaci di organizzarci. Siamo litigiosi, non ci compattiamo, abbiamo questo eterno senso del primeggiare. I nostri imprenditori sono intrisi della “sindrome del visconte”. Per loro è più importante avere le chiavi della propria città piuttosto che creare un’azienda di livello mondiale». Insomma l’Italia non decolla. «Un Paese va avanti o perché costa meno degli altri o perché fa cose che gli altri non sono in grado di fare. Tra costo del lavoro e burocrazia non costiamo meno degli altri, non c’è una nuova impresa in Italia negli ultimi cinquanta anni. Mancano le risorse e le università per investire in tecnologia. Per questo l’unica risposta sensata sarebbe fare un salto indietro. Tornando appunto al nero, alle filande, all’agricoltura intensiva. Tutti lavori che faranno efficacemente gli immigrati, possibilmente abolendo il salario minimo. Il futuro è un ritorno al passato». Ecco perché hai scritto il libro Trova lavoro subito, ma all’estero. La tesi del libro è che i giovani italiani devono abbandonare al più presto l’Italia. Perché? «L’economia italiana non sarà in grado di generare abbastanza lavori qualificati per soddisfare la domanda dei nostri ragazzi. I giovani migliori vadano via. Noi vivremo con i pomodori pachino raccolti dagli stranieri e grazie alle rimesse degli italiani all’estero, come fanno oggi i filippini». Quali sono le professioni più richieste all’estero? «Dovremmo esportare ingegneri, tecnici informatici, laureati in scienze biomediche, ma anche pizzaioli, cuochi, infermieri». Se un ragazzo oggi si vuole iscrivere all’università a storia medievale, cosa gli dici? «Sei conscio che finirai sotto un ponte una volta che saranno finiti i soldi di tuo nonno?» Forchielli, mi dici cosa pensi della Brexit? «Nel breve può essere stata una cavolata ma gli inglesi sono uniti e ho il sospetto che l’Inghilterra diventerà presto il 51esimo stato americano». Addirittura? «Come primo atto Theresa May ha bloccato la realizzazione dell’impianto nucleare di Hinckley Point del valore di 20 miliardi di dollari e che era finanziato dai cinesi. Lo ha fatto chiaramente su pressione americana. Poi vedo un altro futuro per Londra dopo la Brexit». Quale? «Dopo i primi scossoni temo che l’Inghilterra diventi un enorme paradiso fiscale, tipo Cayman, alle nostre porte». Altro disastro per noi. «Difatti non ho detto che sia un bene, ma tu mi hai chiesto cosa succederà. Dal loro punto di vista si sono sbarazzati dei cinesi in 24 ore e se vorranno firmeranno il Ttip, il trattato con gli americani, senza di noi». E all’Europa? «Rimarrà l’inculata». Chiaro. Vivi tre o quattro mesi l’anno a Boston. Ti piace Trump? «Trump è utile perché ha distrutto il partito repubblicano e porta avanti tematiche vere. Ma lui è assolutamente ciò che sembra: un imbroglione, anche nel business. Tutti i miei amici che lavorano nel real estate lo evitano perché non paga le fatture, poi si fa fare causa e transa con il 30 per cento di sconto». Come fa a diventare presidente? «Non credo ce la farà. Ma dice cose giuste. Intanto che bisogna andare d’accordo con Putin. Poi che gli alleati Nato devono tirare fuori i soldi, poi che bisogna aumentare le tasse ai ricchi». Mi spieghi perché prendi in giro i politici italiani? «Non riesco a parlarne seriamente. La politica italiana è una barzelletta, popolata di Pokémon. Il massimo Pokémon era Berlusconi, ma è invecchiato e non fa più ridere. Ora c’è Renzi che è stato un grande Pokémon ma sta imparando». Prima c’era Enrico Letta. «Lui si è basato su due grandi equivoci: quando parlava di ripresa in realtà parlava della ripresa della sua giacca, non di quella economica. Quando citava gli spread invece mi sa che si era bevuto degli spritz. A parte queste due ambiguità, Letta è un uomo che il mondo ci invidia». Non ce la fai a stare serio. Come quando dici che Renzi, se ti pieghi in doccia... «Ti incula, perché è spregiudicato e bugiardo, però mi ha portato vicino all’ammaraggio su Marte perché se passa il sì al referendum di fatto chiude il Senato. Se lo fa, gli costruisco a casa mia a Imola una statua a cavallo con gli zoccoli anteriori alzati. La metto davanti alla entrata principale». Ma regge Renzi? «Spero, perché dopo di lui è il diluvio, se vince il M5S ti saluto. All’inizio li vedevo con simpatia, ma sono il vuoto. Sono il populismo, la protesta. Renzi di fronte a loro viene nobilitato, appare quasi un eroe». Ma come ti vengono tutte le battute che scrivi, anche su Facebook e Twitter. «Ho un amico che mi aiuta, è il mio Mogol.