Davide Maria De Luca, Libero 15/8/2016, 15 agosto 2016
SE NON SI TAGLIANO LE TASSE CI TAGLIERANNO QUALCOS’ALTRO
La scorsa settimana la Guardia di Finanza ha presentato il bilancio dei suoi primi cinque mesi di attività nel 2016. Sono stati scoperti 3.300 evasori fiscali totali, sono state individuate 840 società create per aggirare il fisco e sono stati sequestrati 300 milioni di euro. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ospite della cerimonia, ha ricordato anche i risultati dell’anno scorso, quando la Guardia di Finanza ha individuato circa 30 miliardi di euro sottratti al fisco. O meglio: 30 miliardi di presunta evasione, visto che quando arriva il momento della riscossione queste cifre, in genere, si riducono molto. L’Agenzia delle entrate, infatti, ha dichiarato pochi mesi fa che in tutto il 2015 sono stati recuperati 14,8 miliardi di euro, di cui solo metà erano vera evasione fiscale avvenuta l’anno scorso. Il resto sono recuperi degli arretrati degli anni precedenti oppure correzioni avvenute in seguito a errori nelle dichiarazioni fiscali. Ma l’elemento più interessante della presentazione è stato un altro e cioè la dimostrazione che la lotta l’evasione fiscale ha definitivamente smesso di essere considerata la “pallottola d’argento” per risolvere i problemi del nostro paese. Fino a pochi anni fa, ogni volta che la pubblica amministrazione presentava un bilancio della lotta all’evasione, politici e commentatori si scatenavano nel sostenere che tagli di spesa e aumenti di tasse erano inutili, visto che tutte le risorse necessarie al funzionamento della pubblica amministrazione avrebbero potuto essere trovate grazie a un maggior impegno nella lotta all’evasione. Oggi, queste argomentazioni non sono più così frequenti. Un esempio di questa sparizione è stata la presentazione del programma del Movimento 5 Stelle, illustrato dal leader del direttorio Luigi di Maio proprio negli stessi giorni in cui la Guardia di finanza presentava il suo rapporto. I punti forti del suo programma sono taglio dei costi della politica e delle spese militari (settori dai quali - in realtà - è possibile recuperare pochi miliardi). Ma l’aspetto più interessante è stato quello che Di Maio non ha detto: non ha fatto alcun riferimento alla necessità di inasprire la lotta all’evasione fiscale. Si tratta di un interessante mutazione genetica del Movimento, che negli ultimi anni ha mostrato un crescente spostamento a destra del suo programma: dall’idea di dare la caccia ai ricchi evasori, fino a quella di abolire Equitalia. Ed è altrettanto noto lo scarso interesse del governo Renzi per questo tema, una cosa di cui spesso lo accusa la minoranza del Partito Democratico e i sindacati. FARE CASSA La sinistra radicale è oramai rimasta l’unica parte politica a sostenere che più controlli e maggiori punizioni contro gli evasori possano essere la soluzione ai problemi di bilancio del nostro paese. È un’idea che in genere si basa su numeri gonfiati, come quelli presentati lo scorso gennaio dal centro studi Eurispes: 540 miliardi di economia che sfugge ai controlli dello stato, cioè il 36 per cento del Pil. La metà di questa cifra, 270 miliardi, secondo l’Eurispes, è costituita da vera e propria evasione fiscale. Per capire questa differenza bisogna tenere presente che non tutto ciò che sfugge al fisco costituisce evasione fiscale. Un trafficante di droga produce economia sommersa, ma non genera evasione fiscale, visto che il commercio di droga è illegale e non viene tassato. Un imprenditore che paga in nero uno stipendio di 1.000 euro a un suo dipendente sta generando 1.000 euro di economia sommersa, ma sta evadendo soltanto una frazione di questa cifra, la parte che andrebbe in tasse e contributi, quindi tra i 300 e i 500 euro. Quella di Eurispes è una cifra immensa, di fronte alla quale i 14,8 miliardi di recupero sembrano poco più di un pugno di noccioline. Ma è probabile che sia anche una stima molto esagerata: secondo l’Istat, l’economia sommersa è pari al 12,9 per cento del totale del PIL italiano e ammonta a circa 190 miliardi di euro. Su questi 190 miliardi, il governo stima che l’evasione fiscale vera e propria sia pari a 91,4 miliardi di euro l’anno. Il Centro studi di Confindustria, uno dei più affidabili in Italia, dice che son circa 120 miliardi di euro l’anno. Come abbiamo spesso scritto in questa rubrica, cifre incredibili che descrivono un’Italia ben peggiore di quella che è (come i falsissimi “60 miliardi annui di costo della corruzione”, una bufala di cui non riusciamo a liberarci) diventano totem sacri del dibattito pubblico. Con l’evasione fiscale, sembra che non si accaduto, o che, almeno, non sia più di moda. Questo non significa che non ci sia più lavoro da fare sul fronte della lotta all’evasione. L’Italia è dopotutto il grande paese europeo con l’economia sommersa di dimensioni maggiori, dove si calcola che l’Iva venga evasa in media il doppio che nel resto del continente. Esperti ed economisti, però, ricordano che queste irregolarità vanno combattute per ripristinare l’equità fiscale, non per fare cassa. Politici e commentatori sembra che abbiano finalmente accettato un punto importante, nel passato spesso dimenticato: combattere l’evasione senza diminuire le tasse porta a un aumento della pressione fiscale. E non di poco: nel 2015 la pressione fiscale in Italia è stata intorno al 43,7 per cento del PIL, uno dei livelli più alti di Europa. Questa percentuale è calcolata su un Pil nel quale l’Istat conteggia l’economia sommersa e, come abbiamo visto, l’evasione fiscale è una sotto-categoria dell’economia sommersa. Se ipotizzassimo che dall’oggi al domani venissero recuperati tutti i 120 miliardi di evasione stimati da Confindustria, la pressione fiscale schizzerebbe a più del 50 per cento del Pil, il valore più alto d’Europa e uno dei più alti al mondo. Sarebbe la manovra più fiscalmente restrittiva nella storia del paese. RICETTA DISASTROSA Per questo motivo, da anni economisti ed esperti ricordano che è inutile combattere l’evasione fiscale se il denaro recuperato non viene utilizzato per abbassare le tasse, una missione che fino ad oggi tutti i governi che si sono succeduti hanno sistematicamente fallito. Nel 2006, l’Agenzia delle entrate recuperava 4,4 miliardi di euro l’anno dalla lotta all’evasione fiscale. Nove anni dopo la cifra è più che triplicata, ma nello stesso periodo la pressione fiscale non ha fatto che salire, passando dal 40,3 al 43,7 per cento. Significa che ogni euro ottenuto dalla lotta all’evasione è stato utilizzato per nuove spese invece che abbassare le tasse. Oggi, quando quasi tutte le forze politiche sembrano aver compreso che questa ricetta rischia di essere disastrosa, le cose potrebbero finalmente cambiare? Ci aveva provato il governo Letta nel 2013, quando istituì il Fondo per la riduzione della pressione fiscale, una specie di “cassaforte” dove versare i frutti della lotta all’evasione in previsione di un abbassamento delle imposte. Ma dal dicembre del 2013, quando la norma venne inserita nella legge di stabilità, del fondo si sono praticamente perse le tracce.