Luca Telese, Libero 14/8/2016, 14 agosto 2016
PER SALVARE ROMA 193MILA EURO VI SEMBRANO TANTI?
«Io non guadagno tanto, la differenza con il mio stipendio precedente è di 1.000 euro al mese, e con quei soldi devo pagare i viaggi per Milano dove risiede la mia famiglia e l’albergo a Roma». State lieti. Il fatto che la neo-capo di gabinetto della sindaca Virginia Raggi, Carla Romana Raineri, debba difendersi con le unghie e con i denti dalle polemiche sul suo stipendio (193mila euro), è un segnale del fatto che forse usciremo dalla barbarie di questi anni. Finisce l’elogio dell’incompetenza al potere, la demagogia per cui tutti sarebbero in grado di fare tutto. Purtroppo, invece di dare degli incoerenti ai grillini, come sta facendo il giornalista governativo medio, bisognerebbe battere le mani al direttorio che nella Capitale compie due operazioni parallele: da un lato tenta di darsi una cultura di governo, dall’altro sacrifica il suo argomento principe, il mito anticasta. La prima verità da dire - sgradevole per i giornalisti ipocriti - è che in questi anni tutte le campagne moralizzatrici sugli stipendi d’oro non le hanno fatte solo quelli del M5S, ma molti colleghi con stipendi oscillanti fra i sei e i nove zeri. Legittimo, certo, ma non virtuoso. La seconda cosa, da spiegare alla gente, è che se tu a fare il city manager ci metti un incompetente o un cretino (per non parlare di un disonesto) forse riesci a pagarlo meno di una baby Sitter, ma la catastrofe che produci ha un costo sociale enorme. Il city manager rischia il carcere, e la città rischia il tracollo. Quindi il dirigente capace va pagato. A me dispiace che, costretta dalla demagogia di queste ore, la Raineri debba spingersi a dire: «Io sono un magistrato, guadagnavo 170 mila euro, ora sono 21 mila in più, al netto la metà, ovvero circa mille euro al mese con cui pago anche l’alloggio a Roma». Per me la Raineri dovrebbe osare di più, lo faccio io per lei: con le rogne che si prenderà e con gli avvisi di garanzia che rischiano di caderle sul collo, per il mestiere che farà, 20mila di euro in più al mese sono il minimo, io avrei chiesto di più. Due persone prima di lei hanno già rifiutato quella poltrona bollente, e infatti la neocapodigabinetto aggiunge: «Lavoro dalle 7 alle 24 tutti i giorni, non vedo la mia famiglia, faccio una vita complicata: se fossi rimasta a Milano, nella mia casa a cento metri dal palazzo di Giustizia, starei meglio». Ma l’affermazione più bella è questa: «Io non raccolgo margherite, a fare il mio lavoro non ci può essere chiunque. Certo possono risparmiare, vanno alla stazione Termini e prendono una persona qualsiasi». Ecco, io difendo la Raineri, e soprattutto l’assessore grillina Paola Muraro, che è diventata inopinatamente l’oggetto di una campagna di delegittimazione preventiva, demagogica ed oscena. Su di lei non esistono accuse, indagini o addebiti. Ma siccome è stata consulente di Ama, l’assessore viene colpita con schizzi di fango, nel tentativo di delegittimarla nel lavoro che deve ancora fare. Roma non sta pagando gli errori della giunta Raggi - come sa qualsiasi persona onesta - ma dieci anni di scelte scellerate di chi ha governato prima di lei (quando, e se, la Raggi sbagliasse, sarà giusto occuparsi di lei). Questa campagna, dunque, è per metà figlia della vigliaccheria dei giornali, e per l’altra metà un modo facile per permettere loro di lavarsi la cattiva coscienza. Tutte le testate che hanno fatto sparire dalle prime pagine il pasticcio di Banca Etruria (dove erano chiarissime le responsabilità di governo, Bankitalia e Consob) adesso spediscono i loro redattori a caccia di scoop contro la Muraro, come i ragazzini impazziti che cercano Pokemon correndo contromano in autostrada. Se si fosse applicato alla Boschi, ai ministri implicati nel Caso Basilicata, ai geni di Palazzo Chigi che si sono inventati la riforma delle pensioni a spese vostre, anche solo un decimo del rigore riservato in queste ore alla Raineri e alla Muraro, oggi del gruppo dirigente renziano resterebbe solo qualche brandello di spezzatino. Invece il mondo va così: non si parla più del prestito contribuivo per andare in pensione a spese vostre immaginato dal prode Tommaso Nannicini, non si parla del fondo interbancario prosciugato per sanare i disastri di Etruria e delle popolari (lo sapete che in questo momento i vostri conti non sono garantiti, vero?), non una sola parola sui soldi degli ottanta euro prelevati dalle buste paga, e stiamo tutti a discutere di quello che (non) ha fatto la Muraro, e dello stipendio che (non) ha ancora preso la Raineri. Una dirigente, sia detto, che guadagna la metà del più sfigato dei direttori italiani, e che guadagna meno di qualsiasi conduttore televisivo (me compreso). Rimproverare ai media italiani il loro populismo, però, non serve a difendere il M5S (cosa di cui non mi può fregare di meno) ma significa chiedere una operazione verità: caro AleDiBattista, caro Luigi Di Maio, finitela anche voi di fare i moralizzatori da paghetta. Spiegate una cosa importante ai vostri elettori arrabbiati, e alla metà dei vostri parlamentari che, come molti giovani della loro età, prima di essere eletti campavano con i cento euro elargiti dalla nonna per l’onomastico. I soldi arraffati fingendo di lavorare sono un furto: ma quelli guadagnati con la competenza sono un valore utile.