Elvira Serra, Corriere della Sera 14/8/2016, 14 agosto 2016
PARISINA, CHE FU FERITA DA UNA BOMBA VIVERE CON LA PENSIONE (DAL 1918)
Parlerebbe di più, se non fosse completamente sorda. E infatti si spazientisce soltanto quando non riesce a capire, nonostante le domande gridate all’apparecchio dell’orecchio destro. Sul sinistro non conta ormai da un pezzo. Dal 1918. Quando sulla strada per Belluno, dalle parti di Chiesurazza, si avventò su un sacchetto di carta, sperando che ci fosse un po’ di cibo scartato. Ma era una bomba. La granata esplose e Parisina Maria Canzan da Libàno, frazione di Sedico, ci rimise il timpano sinistro, un polpaccio e una porzione di piede dello stesso lato. Aveva sette anni, la gamba le fu salvata per un pelo, mentre lo zio Abramo, macellaio, gridava: «Non amputatela, piuttosto preferisco che muoia!». Non morì e due anni dopo una commissione di medici militari le riconobbe l’invalidità di guerra, un indennizzo oggi pari a cinquecento euro, che continua a percepire dopo aver spento 105 candeline, il 9 agosto.
«Mi vergognavo molto della mia menomazione», racconta la decana con il piacere delle chiacchiere. Foulard azzurro, capelli candidi, pantaloni e golf nero che fanno quasi sparire la sedia a rotelle, ricorda: «I ragazzi li tenevo lontani. Anche mio marito, Attilio, l’ho fatto tribolare un po’. “Guarda”, gli dissi. “Se credi di venire qua a prendermi in giro, prendi subito la porta e te ne torni indietro”». Invece hanno fatto due figli, Luciano ed Ennio Candeago, 78 e 80 anni, che le hanno dato quattro nipoti e sette pronipoti.
«La nonna? Non è mai stata molto convenzionale», spiega ridendo Cristina, accanto a lei al primo piano della Casa di Riposo di Sedico, dove la signora vive da otto anni. Riesce a pagare in autonomia la retta grazie alla somma delle sue pensioni: quella di invalidità, quella del marito scomparso cinquantenne, una piccola porzione della pensione del fratello Rugoletto, «Ugo», morto in un campo di concentramento in Germania, e la sua di anzianità. Cristina prosegue: «Non era la classica nonna che preparava i pranzi la domenica o che stava seduta a fare la maglia. Al contrario, era tutta sprint. Quando mia madre rimase incinta di mia sorella, lei, che si occupava di me, le disse: “Oh, finalmente, così ora guardi tu tutte e due».
Il carattere battagliero si intuisce da certi aneddoti. «A un certo punto le abbiamo dovuto sequestrare il motorino», va avanti il figlio Luciano. «Ma lei era uno spirito libero. Anche a 80 anni, prendeva la corriera da sola per andare a Belluno e noi preoccupati ci domandavamo dove fosse».
Tra le gesta passate alla storia familiare, c’è anche quella di quando, già trentenne, nel pieno della Seconda guerra mondiale, fece in bicicletta da sola oltre cento chilometri per raggiungere l’adorato Rugoletto che stava a San Candido.
Sarta e fotografa, quest’ultima professione la svolse a tempo pieno dopo la morte di Ugo, che avrebbe dovuto seguire le orme del padre. E invece ci rimase Parisina, accanto a lui, ogni volta che scattava ritratti dei partigiani da stampare nella notte per dar loro modo di preparare i documenti falsi. «Un giorno — aggiunge Luciano — i soldati fecero un’ispezione a casa del nonno, che ebbe la prontezza di piegare in due le lastre per non rendere riconoscibili i soggetti».
Fu invece Luciano, nel ruolo di assistente con il flash, ad aiutare la madre a scattare le foto per il riconoscimento di 84 vittime del Vajont che erano state trasportate in una chiesa dismessa di Libàno.
Parisina, però, tra la Rolleiflex e la Singer, la macchina fotografica e quella per cucire, non aveva preferenze. «A me piasea stare in mezzo alla gente, seguire mio padre con la bicicletta, andare in giro», interviene la protagonista. Che ha sempre cercato di nascondere le sue ferite (ha ancora delle schegge nella gamba), per esempio fasciando il polpaccio deturpato fino a che non diventava consistente quanto l’altro.
Adesso che è costretta sulla sedia a rotelle dai due femori rotti, le sue giornate sono scandite dai pasti, da qualche lettura e dai telegiornali. «Dei politici non credo più a nessuno», vuole puntualizzare. I pronipoti Giulia e Federico, 15 e dieci anni, la ascoltano incantati. Meno di una settimana fa, proprio qui, l’hanno aiutata a soffiare sull’unica candelina rosa accanto al numero 105, un record pure per la casa di riposo.
L’ora a disposizione vola e resta tempo solo per una foto ricordo. Ma Parisina non ha finito di sorprendere, ci guarda con gli occhi velati dalla cataratta e dice: «Ha scelto bene come vestirsi. Le righe stanno bene alle magre».