Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport 15/8/2016, 15 agosto 2016
CAGNOTTO, BRONZO ALL’ULTIMO TUFFO: «HO SALTATO COL CUORE»
Così, se ne vanno soltanto le regine. Un’uscita di scena da brividi, un addio leggendario che è anche l’ultima pagina di una carriera inimitabile, un inno alla dedizione, alla volontà, ai sacrifici, alla cieca fiducia in se stessa anche quando il mondo e le sue delusioni ti hanno travolto, unita a un talento cristallino ereditato dai geni di mamma Carmen e papà Giorgio, che da adesso non è più l’unico Cagnotto ad aver messo sotto vetro medaglie olimpiche individuali. Tania è di bronzo, finalmente dai tre metri ai Giochi c’è lei dietro alle cinesi, e un senso di giustizia sembra quasi librarsi sull’acqua, più azzurra del solito forse per omaggiare una campionessa irripetibile.
ULTIMO TUFFO Ci vogliono cuore, testa e coraggio, ci vuole il killer instinct di un’agonista superba per domare il destino all’ultimo salto. Tania è quarta quando comincia l’ultima serie, l’oro e l’argento sono in cassaforte cinese (le ineguagliabili Shi e He nell’ordine) e per il terzo posto il duello è tra lei e la Abel, la grazia e l’eleganza in volo contro la forza bruta, perché il «beast mode» è il karma della canadese quando si carica ascoltando il rapper Drake. La Cagnotto ha scavalcato bene l’ostacolo del triplo e mezzo avanti che qualche grattacapo le aveva riservato in semifinale e pure il doppio e mezzo ritornato, e adesso è a sei punti e e 40 dalla ragazza di Montreal con radici haitiane. Serve la perfezione, serve il tuffo da ricordare per sempre, serve una performance angelica nel doppio e mezzo rovesciato. Ed eccolo lì, il salto nel paradiso, l’esibizione mozzafiato, alla cinese, che regala 81 punti e il record totale in carriera di 372.80, realizzato nel giorno più importante della gara più importante. Perché fuoriclasse si nasce.
SENZA PAURA Una magia, ora la pressione è tutta sulle spalle della Abel e del suo doppio e mezzo indietro, che Cagnotto padre e figlia guardano in apnea da bordovasca. E’ buono, non eccellente, però per un momento il sorriso di Jennifer sembra un presagio di gloria per lei, ma quando il tabellone si illumina, quel 69.00 che appare corona il sogno di sempre, un inseguimento durato quattro anni. E sono lacrime e abbracci, il congedo di Tania si è trasformato nella passerella di una fata, quell’ultimo tuffo diventa il simbolo di una vita sempre proiettata verso il cielo: «E’ una giornata incredibile, sapevo che dopo la quarta serie avrei potuto essere dietro alla Abel, lei aveva un coefficiente più alto, ma nel salto conclusivo non ho avuto paura. Volevo fare 80 punti, chiedevo solo quello a me stessa, ed è stato bellissimo riuscirci, perché volevo congedarmi con qualcosa di speciale. Per un attimo ho pensato a un’altra medaglia di legno ma se fosse successo, stavolta non me la sarei presa troppo».
ULTIMA GOCCIA E invece c’è pure lei nella storia di Olimpia, e quei due decimi della tremenda beffa di Londra appaiono sfumati, tremolanti, lontani: «Doveva andare così, quell’esperienza mi ha fatto molto male però mi ha aiutato tantissimo, perché ho metabolizzato e sono cresciuta. La medaglia del sincro è stata molto sofferta, prima non avevo niente, perciò immaginate la tensione. Perciò in questa finale possedevo un’arma in più, la serenità che non apparteneva alle altre, mi sentivo serena e mi sono finalmente divertita». Un saluto memorabile, come d’abitudine, Tania è passata da ragazzina a donna, dai pianti ai sorrisi attraversando epoche e avversarie con la forza del talento e della fede nel lavoro, con il coraggio di scegliere Oscar Bertone come tecnico dopo il 2012, per non lasciare al caso la caccia estrema a una medaglia olimpica: «Quando ho fatto l’ultimo tuffo, ho pensato all’ultimo tuffo della mia vita, non della mia gara. Ora mi sposo, vado in vacanza e chissà cosa succederà dopo. Ho sempre dato tutto, il cento per cento, a volte anche qualcosa di più, e i tuffi mi hanno preso tutto. Non ho più neanche una goccia da spremere». Un’epoca si chiude, tra applausi scroscianti, portandosi dietro pure papà Giorgio, per vent’anni coscienza critica e camera di compensazione della coppia: «Londra è stata un boccone amaro, ma adesso che ce la siamo messa alle spalle, posso godermi la pensione, perché tutti i cicli finiscono. Se mi rivedrete in piscina, é perché ho divorziato». A volte, basta una parola sola. Grazie.