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 2016  agosto 15 Lunedì calendario

FINANZIARIA, ADDIO AGLI ASSALTI ALLA DIRIGENZA

Un processo di bilancio sulla carta più ordinato e governabile, che punta a rendere strutturale il controllo selettivo della spesa e a porre al riparo la sessione autunnale dal – rituale – assalto di norme localistiche e microsettoriali.
Novità nei tempi e nelle modalità di predisposizione della manovra di finanza pubblica, che la legge di riforma del bilancio approvata in via definitiva dal Parlamento lo scorso 28 luglio mette in campo a partire dal prossimo appuntamento di metà ottobre, quando il Governo presenterà alle Camere il nuovo disegno di legge di bilancio che accorpa in un unico provvedimento anche il vecchio Ddl sul bilancio a legislazione vigente. Non è la prima riforma della nostra contabilità pubblica, da quando nel 1978 è nata la legge Finanziaria. Segno evidente di una certa difformità tra le necessità imposte da un percorso di definizione e approvazione delle decisioni di finanza pubblica che si è reso via via sempre più rapido e incisivo, il coordinamento con i vincoli europei e il rapido mutare (soprattutto per effetto della crisi) del contesto economico di riferimento.
Il primo problema emerso con chiarezza negli ultimi anni ha a che fare con la messa a punto del quadro macroeconomico su cui costruire la manovra di finanza pubblica. Il simultaneo interagire di variabili internazionali non sempre prevedibili (è il caso di quest’anno) e di un ciclo economico interno non in linea con le previsioni di partenza, rende necessario utilizzare tutto il margine temporale a disposizione, tra l’approvazione del Def di metà a aprile e la Nota di aggiornamento di settembre. Ora l’appuntamento con la revisione delle stime macroeconomiche slitta dal 20 al 27 settembre, così da poter disporre delle più aggiornate rilevazioni provenienti dall’Istat e dai principali centri previsionali interni e internazionali.
La nuova legge di bilancio dovrà essere presentata in Parlamento entro il 20 ottobre. Vi troverà spazio anche l’indicatore Bes sul benessere equo e sostenibile. La scommessa è superare in via strutturale quell’autentica “tagliola” sui saldi di bilancio rappresentata dalle cosiddette clausole di salvaguardia. Solo per il 2017, l’incremento automatico di Iva e accise posto a garanzia della tenuta dei conti pubblici pesa per 15,1 miliardi. Come accaduto quest’anno, la manovra finisce così per partire con un ingombrante bagaglio di clausole da disinnescare (via flessibilità da spuntare in sede europea o attraverso l’individuazione di nuove risorse compensative). Il superamento delle clausole è precondizione fondamentale per restituire al processo di decisione di bilancio la sua funzione precipua, che è quella di governare i flussi di finanza pubblica e di impostare manovre orientate al sostegno dell’economia.
Poi, come sempre, la vera partita la si giocherà in Parlamento e dunque in sede politica. Finora le reiterate riforme che si sono succedute dal 1978 in poi non sono bastate a evitare quello che un tempo veniva definito l’assalto alla diligenza, vale a dire la rincorsa a inserire nel corso dell’iter di approvazione della manovra norme dalla chiara finalità clientelare ed elettoralistica. Responsabilità da cui non sono risultati esenti negli anni sia i governi che il Parlamento. Ora l’auspicio è che finalmente si riesca a voltare pagina. Gli strumenti, con la nuova legge di bilancio, non mancano. Quel che occorrerà verificare sul campo è se seguirà un’analoga e ferma volontà politica a renderli effettivamente operativi.