Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 14/8/2016, 14 agosto 2016
I RECORD DI WALL STREET AL TEST DEI DATI MACRO
Wall Street, fresca di record, riapre domani i battenti inconsapevole di Ferragosto e pronta invece a dare la caccia a urgenti risposte sul suo futuro nei dati economici che influenzano la politica monetaria della Federal Reserve e nelle performance delle aziende che guidano i suoi indici.
Ne avrà di che riflettere per decidere se ha la forza e il coraggio di spingersi oltre, soprattutto con l’indice tecnologico Nasdaq che ha raggiunto l’ultimo massimo storico venerdì. Oppure se è il momento di prendere fiato e adottare nuova circospezione. Ne avrà a cominciare dalla frontiera economia-tassi: prezzi al consumo, produzione industriale e nuove costruzioni arriveranno martedì; i verbali del Federal Open Market Committee della Banca centrale seguiranno mercoledì; superindice e sussidi settimanali di disoccupazione chiuderanno giovedì. Inframmezzati, i discorsi di esponenti Fed quali Dennis Lockhart e James Bullard. Se tutti rispetteranno le attese, il quadro che dovrebbe emergere è quello di un’espansione tuttora segnata da bassa inflazione e da ostacoli sul suo cammino ma avviata ad un passo migliore del deludente 1% dei primi sei mesi dell’anno.
«La spesa al consumo potrebbe rallentare nel terzo trimestre al 2% dal 4,2% del secondo, ma il Pil dovrebbe crescere del 2,4% nel secondo semestre del 2016», afferma Ryan Wang di Hsbc. E Mickey Levy di Berenberg conferma che l’outlook per i consumi «rimane robusto nel medio termine» considerando l’aumento del credito, il calo nel risparmio e lo stesso rally di Wall Street. Un clima che dovrebbe tranquillizzare gli operatori spaventati da ipotesi di una stretta di “normalizzazione” monetaria già a settembre evitando che gli esponenti della Fed si sbilancino in questa direzione e propendano semmai per aspettare dicembre, la scelta più incoraggiante per l’equity. Anche qualora la Banca centrale dovesse intervenire in anticipo, oltretutto, le prove di tenuta della ripresa potrebbero essere sufficienti a evitare shock.
L’esame delle trimestrali appena archiviate e delle nuove guidance aziendali offre il suo contributo ad un simile quadro. Con oltre il 90% delle società dell’S&P 500 che hanno riportato i bilanci del secondo trimestre, è possibile tirare le somme: il 70% dei profitti è risultato superiore alle attese e così è stato per il 54% dei fatturati. Pur se questo non ha impedito un declino in assoluto degli utili: sono scivolati del 3,5%, meno del 5,5% temuto agli inizi del trimestre ma pur sempre il quinto calo consecutivo, la serie negativa più lunga dal 2008 all’ombra della grande crisi. È stato il settore dell’information technology a portare in dote le sorprese più positivo, un aspetto che spiega almeno in parte perché, con il ritorno d’una maggior propensione al rischio, l’hi-tech si sia trovato nella posizione di avvantaggiarsi della fiducia degli investitori.
Le performance della Corporate America sembrano destinate a rimanere sotto pressione nell’immediato futuro per poi inscenare un recupero: sui tre mesi in corso 62 società hanno lanciato allarmi profitti, più del doppio delle 28 che hanno evidenziato schiarite nella guidance. E la previsione per il terzo trimestre è di un sesto declino degli utili, seppur limitato al 2% e accompagnato da riprese del giro d’affari, prima di ritrovare una crescita del 5,5% negli ultimi tre mesi del 2016 (comunque insufficiente a evitare una flessione annuale dello 0,4%).
Al momento ciò rende le azioni care: i multipli prezzi/utili sono lievitati a quota 17,1 contro medie quinquennali di 14,7 e decennali di 14,3. I comparti tuttora apparsi n sofferenza, dall’energia ai materiali di base, combattono con altri che offrono leadership: consumi discrezionali e telecomunicazioni potrebbero continuare a guidare le performance reduci da aumenti negli utili superiori al 11% e al 7% rispettivamente. In particolare evidenza, nei consumi, è il boom di un segmento legato a Internet quale l’e-commerce, dove la marcia dei profitti è stata dell’86%. Ma se questo basta a numerosi analisti a dichiarare il clima odierno potenzialmente “costruttivo” per le azioni, sapere se davvero le fondamenta sono abbastanza solide per salire ancora rimane un dilemma.
Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 14/8/2016