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 2016  agosto 13 Sabato calendario

DI BIASE, INVETTIVE E CONGIUNTIVI: L’ASCESA DI LADY FRANCESCHINI

Come in un eterno gioco dell’oca, a Roma, tutto torna a Tor Sapienza. La casella di inizio e di fine degli ultimi due anni di politica capitolina è incastonata qui, nel quadrante est della Capitale, tra la via Collatina e la via Casilina.
Fu a Tor Sapienza che Ignazio Marino, arrivato per sedare la rivolta dei residenti contro il centro di accoglienza per migranti, venne fischiato e insultato, presagio della cacciata dal Campidoglio che arriverà qualche mese più tardi. Fu a Tor Sapienza che Paola Taverna fu costretta a sgolarsi: “Io nun so’ politica”, per convincere i cittadini che i Cinque Stelle erano un’altra cosa. È a Tor Sapienza che Michela Di Biase ha cementato la sua fortunata campagna elettorale con un finanziamento da 40 milioni di euro per la riqualificazione di un ex complesso militare, contributo elargito dal ministero guidato da suo marito, Dario Franceschini.
Non che fosse essenziale: là, nel V municipio di Roma, quella giovane donna che l’altro giorno ha bacchettato in aula Virginia Raggi e l’assessore Muraro, la conoscono da quando è ragazza. E a loro non avrà fatto certo impressione quel congiuntivo sbagliato che adesso tutti le rimproverano: la Di Biase ha sempre privilegiato la sostanza, mettiamola così, alla forma. Per dire, il suo appello alla partecipazione al voto, alle politiche del 2013, recitava: “Non votare è come nascondere la testa nella sabbia. Ma attenzione, il culo resta fuori”.
Trentasei anni, una figlia piccola, si infuria se le affibbiano il nome di lady Franceschini. Non ha tutti i torti visto che ha cominciato a fare politica poco più che ventenne ed è diventata presto una macchina da voti (più di 5 mila preferenze alle ultime elezioni), ben prima che “Dario” inviasse agli amici sms in cui sponsorizzava la candidatura della sua compagna: “Per me – disse allora – parlano gli anni di politica vissuta sul territorio”. Nel frattempo si è laureata (Storia e conservazione del patrimonio artistico), è stata assunta da Cotral, l’azienda del trasporto pubblico regionale e si è pure meritata una promozione dopo solo un anno di lavoro: da collaboratore d’ufficio a specialista tecnico amministrativo nel giro di dodici mesi.
Il suo mentore è Pino Battaglia, già capogruppo del Pd in Campidoglio, lo stesso ruolo che ricopre lei adesso: solo che allora il Pd governava (con Veltroni) e adesso ha solo sette consiglieri di opposizione (con la Raggi). La scelta è ricaduta naturaliter su di lei: agguerrita, competente e ambiziosa. Non è dato sapere, invece, se fosse altrettanto scontata la nomina di Battaglia a segretario particolare del ministro Franceschini. Entrambi sostennero l’attuale ministro nella corsa alla segreteria del Pd nel 2009, entrambi scelsero Pier Luigi Bersani nel 2012, entrambi si sono riscoperti renziani un anno più tardi. La Di Biase fu la prima a presentarsi dal notaio per firmare le dimissioni e far cadere Marino (che non lo amasse, va detto, era chiaro almeno dai fatti di Tor Sapienza). È stata lei a guidare il comitato Giachetti, ha raggiunto l’obiettivo di essere la più votata del Pd e ha fallito solo la missione di tenere il governo del suo territorio: Alessandro Rosi, suo fedelissimo, è stato sconfitto da un grillino alla guida del municipio.
Poco male, la Di Biase guarda oltre. Nel 2013 ai suoi sostenitori diceva: “Io non voglio fare l’onorevole, vi tranquillizzo… però vojo anna’ in consiglio comunale, questo sì”. In Campidoglio, nel frattempo, ha già fatto il bis. Alle prossime Politiche, quando per Franceschini potrebbe scattare la mannaia del terzo mandato, chissà che non le venga voglia di traslocare.
di Paola Zanca, il Fatto Quotidiano 13/8/2016