Luciano Mondellini, MilanoFinanza 13/8/2016, 13 agosto 2016
IL MATTONE DI ELKANN
Nel mondo anglosassone chiamarsi Mike Hussey non è una cosa semplice. Dietro questo nome si cela infatti un campione australiano del cricket talmente noto da essere soprannominato Mister Cricket. Ma per il 50enne ceo di Almacantar (società londinese dell’immobiliare de luxe controllata dalla dinastia Agnelli) questa omonimia non è mai stata un peso. Se non quando per lavoro si è dovuto occupare della riqualificazione di uno dei templi mondiali di questo sport, il londinese Marylebone Cricket Ground, più noto tra gli appassionati di cricket come stadio Lords. «Immaginatevi come possa essere telefonare al centralino del club e presentarsi come Mike Hussey. Le prime due volte mi hanno messo giù il telefono e quindi la terza volta ho chiamato Keith Bradshaw (il ceo del Marylebone cricket club, ndr) sul cellulare», ha spiegato questa primavera Hussey al quotidiano londinese Evening Standard ricordando quell’episodio.
Il manager, d’altronde, non è tipo da arrendersi tanto presto. La sua carriera, iniziata quando era poco più che ventenne, ha infatti avuto maestri d’eccezione come il leggendario immobiliarista londinese Edward Erdman (noto anche come l’uomo che organizzò la cessione dell’Hotel Ritz) di cui è stato il portaborse e da cui, a detta dello stesso Hussey, ha imparato i segreti del mestiere. Dopo quella gavetta infatti Hussey negli anni Novanta ha poi lavorato per un altro mammassantissima del mercato immobiliare della capitale inglese, Sir George Iacobescu, il businessman anglo-rumeno che è il presidente e il ceo del Canary Wharf Group. In pratica l’uomo che ha trasformato il vecchio quartiere dei Docklands in uno dei più importanti centri d’affari di Londra. Di quegli anni è infatti un fenomeno che cambierà per sempre la capitale britannica: il trasferimento della sede di molte banche d’affari dalla City a Canary Wharf e il conseguente riempimento dell’antica area portuale con businessman e manager e con i servizi a loro necessari come bar, ristoranti e negozi. Un evento storico studiato in tutto il mondo quando si parla di riqualificazione di quartieri decaduti.
Dopo Canary Wharf, Hussey passò a Land Securities, la maggior società immobiliare nel Regno Unito, dove oltre a essere uno dei membri del comitato esecutivo era il responsabile del mercato londinese e degli asset strategici della società. Una posizione che occupò per sette anni sino al 2009, quando proprio nel momento in cui il mercato immobiliare stava attraversando un forte crisi, uscì per fondare l’anno successivo Almacantar. Il motivo di quella decisione, ha confessato Hussey, era legato al fatto che Land Securitries dal 2007 stava pianificando una scissione tra il business retail e quello dell’outsorcing. E sebbene gli fosse stato offerto un importante incarico nella nuova compagnia, Hussey preferì lasciare la vecchia società e affrontare il mercato. «Uno dei maggiori insegnamenti che Erdman mi ha consegnato», ha spiegato Hussey, «è quello di avere il coraggio dei propri convincimenti una volta che hai lavorato a sufficienza affinché questi stessi convincimenti abbiano una base razionale». Ad aiutarlo nella nuova avventura il co-fondatore Neil Jones, allora responsabile per l’Europa continentale della società di investimento Grovesnor Group. Fu Jones che nel 2010 persuase John Elkann ed Exor a investire 150 milioni di euro in Almacantar rendendo così la holding di casa Agnelli il maggior socio (con il 36%) della società immobiliare inglese. Exor sposò subito il progetto di identificare «prestigiose proprietà immobiliari dotate di alto potenziale nel centro di Londra» nonostante il pessimo momento del mercato. Il primo investimento fu l’acquisizione del Centre Point, uno degli edifici più noti di Londra (è il grattacielo bianco all’incrocio tra le centralisssime Oxford Street e Tottenham Court Road), sul quale Almacantar ha sviluppato un piano per la costituzione di 82 appartamenti di lusso. Il progetto è ancora in via di completamento ma Hussey ha spiegato che «numerosi» appartamenti sono stati già piazzati sul mercato. Un secondo grande investimento è stato il Marble Arch Place all’altro capo di Oxford Street (praticamente di fronte all’angolo di Hyde Park di Speakers’ Corner). E poi altri quattro progetti come un palazzo nell’elegante Edgware Road, un edificio in Shaftesbury Avenue (la via dei teatri), la Caa House (a ridosso della City) e One and Two Soutbank Place, ovvero due palazzi sulla riva sud del Tamigi nei pressi della ruota panoramica. L’idea è sempre quella della riqualificazione degli edifici per poi cederli o affittarli a clienti di super nicchia. Un palazzo dei due, sulla South Bank, è stato già preaffittato alla Shell (il colosso petrolifero) che ne farà il suo quartier generale londinese.
Non solo ma Almacantar (come riporta il bilancio 2015 di Exor) appare in buono stato di salute anche in termini prettamente finanziari: nel 2015 l’utile della società è salito infatti a 248,1 milioni di sterline (da 83,1 milioni nel 2014). Anche se questa performance è stata drogata da una posta straordinaria legata alla rivalutazione ai sensi del principio contabile Ias 40 del portafoglio immobiliare. Quindi non sorprende che, quando questa primavera Exor ha ceduto con un riassetto interno la quota in Almacantar a PartnerRe (società interamente controllata dalla stessa Exor), gli Agnelli abbiano reso noto che la cessione del 36% di Almacantar è avvenuta per un controvalore di 485 milioni. Una cifra ben superiore a quella investita nel 2010, quindi.
Detto questo, però, c’è anche da dire che Almacantar (che ora impiega una trentina di persone) sembra avere dinanzi a sé una delle maggiori sfide tra quelle affrontate sinora. Il risultato del referendum sulla Brexit di giugno potrebbe creare più di un problema a quella ascesa che negli ultimi due decenni è sembrata inarrestabile di Londra come punto di riferimento del business internazionale. E in questo senso l’evoluzione del mercato immobiliare della capitale inglese potrebbe soffrire nel medio periodo (non a caso qualche scossone c’è già stato in queste settimane). In questo quadro, per una società come Almacantar che al termine del 2015 aveva investimenti immobiliari per quasi 1,5 miliardi di sterline e un indebitamento netto di 340 milioni di sterline, c’è il rischio di trasformare in un incubo il sogno di riqualificare prestigiosi edifici traendone profitto. Nello scenario peggiore, insomma, Hussey dovrà essere abile a utilizzare tutta la sua esperienza e il know-how ereditato dai suoi grandi maestri per tenere la barra dritta in un mare che presto potrebbe iniziare a incresparsi.
di Luciano Mondellini, MilanoFinanza 13/8/2016