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 2016  agosto 13 Sabato calendario

I PAPERONI DI BORSA

Ancora lui. Leonardo Del Vecchio anche nel 2016 si conferma il re dei paperoni di Piazza Affari ovvero primo nella classifica che tiene conto del valore delle partecipazioni detenute in società quotate. Insomma, se a Rio gli atleti azzurri stanno cercando di conquistare più medaglie possibili, l’oro per la ricchezza se l’è aggiudicato per il quarto anno consecutivo il patron di Luxottica. Attenzione, però, perché negli ultimi 12 mesi molte cose sono cambiate. Intanto è stato un anno tormentato per i listini mondiali, vittime di fattori esogeni come gli attentati terroristici che mai avevano inciso così tanto in passato e vittime anche delle oscillazioni dei prezzi del petrolio a livello globale. Oltre alle dinamiche macroeconomiche e geopolitiche, in Italia in particolare ha pesato la crisi bancaria con il settore intero massacrato dall’incubo sofferenze e con titoli bancari risultati sani arrivati a perdere valore oltre la ragionevolezza. Morale, il patrimonio dei paperoni ha perso il 17,5% del suo valore, passando da 138,8 miliardi a 114,3 miliardi dopo 12 mesi in cui il Ftse All Share ha perso il 26,5%, mentre il Ftse Mib (su cui incidono molto i bancari) ha registrato una flessione del 30%. E così Del Vecchio rimane primo in classifica con un patrimonio di 16,3 miliardi, 7,8 miliardi in meno dell’anno precedente, complice il deprezzamento della partecipazione in Unicredit ma soprattutto a cuasa della flessione della sua Luxottica, la cui gestione della governance probabilmente non ha aiutato (si veda box in pagina). Se il numero uno di Luxottica è il paperone dei paperoni tra i privati, la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) guidata dal presidente Claudio Costamagna e dall’ad Fabio Gallia, ora forte anche di Saipem, è il primo azionista di Piazza Affari con partecipazioni per oltre 22 miliardi (in calo di quasi il 13% rispetto a un anno fa), il cui ammontare è però destinato a crescere visto che l’esecutivo ha già disposto il passaggio a Cdp del 35% di Poste che agli attuali prezzi di mercato vale circa 3 miliardi. Le partecipazioni del ministero del Tesoro di Pier Carlo Padoan, invece, nonostante una flessione di quasi il 10% (con il calo più pesante riguardante Mps), sono invece aumentate a 21 miliardi grazie alle quotazioni di Enav e Poste (anche se quest’ultimo pacchetto, come detto, sarà girato alla Cdp). Tesoro e Cdp insieme hanno oggi partecipazioni quotate per 43,7 miliardi, più del 9% dell’intera capitalizzazione di Piazza Affari (circa 500 miliardi).
Tornando ai privati, al secondo posto si conferma Stefano Pessina di Walgreens Boots Alliance con un tesoretto poco superiore a 10 miliardi e il cui gap con Del Vecchio si riduce e passa da 13 a soli 6 miliardi. Dal terzo posto iniziano le variazioni rispetto al 2015, perché torna sul podio la famiglia Rocca (quinta l’anno scorso, ma seconda nel 2014) il cui titolo Tenaris ha tenuto sui 12 mesi nonostante il prezzo del petrolio non abbia aiutato la performance industriale. I Rocca si assestano a 8,7 miliardi (+4,2%) e sorpassano i Benetton che perdono una posizione e si fermano al quarto posto con 6,7 miliardi (-25%) davanti a Miuccia Prada-Patrizio Bertelli con 5,3 miliardi (-36%), alla famiglia Agnelli con 4,3 miliardi (-25%) e alla famiglia Besnier che controlla Parmalat con 3,6 miliardi (stabili). Salgono in classifica anche Alberto Bombassei di Brembo che entra nella top 15 con quasi 2 miliardi, i fratelli Buzzi di Buzzi Unicem (18esimi con 1,7 miliardi).
Tra i paperoni famosi di Piazza Affari, Silvio Berlusconi (partecipazioni in Mediaset, Mediolanum, Mondadori, Mediobanca e Molmed) perde un posto in classifica e passa dall’ottavo al nono posto, mentre per la prima volta non compare in classifica Marco Tronchetti Provera, che l’anno scorso era 59esimo grazie alla partecipazione in Pirelli, società che a seguito dell’operazione con ChemChina è stata poi delistata.
Se si volesse indicare un trend, probabilmente uno dei più evidenti riguarderebbe i grandi azionisti di titoli legati al mondo del biotech e del pharma (si veda box a pagina 10). Il rally del titolo Recordati (quasi +25%) ha infatti permesso al patron della casa farmaceutica Giovanni Recordati di entrare nella top ten dei Paperoni con 3 miliardi di valore della partecipazione, mentre Gustavo Denegri, principale azionista di Diasorin, entra nella top 20 (19esimo) con 1,4 miliardi.
Guardando invece un’altra classifica, ovvero quella di chi ha fatto meglio e di chi ha fatto peggio nel corso dell’ultimo anno troviamo alcuni risultati abbastanza sorprendenti. Nell’elenco di chi ha registrato la performance assoluta più negativa c’è David Martinez Guzman, il finanziere messicano fondatore del fondo di investimenti Fintech, che l’anno scorso era 57esimo nel ranking grazie all’investimento in Mps (4,5%) e che aveva spiegato come l’interesse per la banca senese nascesse proprio dalle difficoltà del gruppo creditizio. «Interveniamo in situazioni di stress finanziario e crisi macro. Le difficoltà dell’euro e l’esigenza di ripensare la banca hanno creato un macro-opportunity e una corporate-opportunity. Per noi è un investimento finanziario, ma con obiettivi a lungo periodo», aveva dichiarato. Gli obiettivi di lungo periodo però sono cambiati presti, visto che negli ultimi 12 mesi l’investimento di Martinez si è deprezzato del 87%, passando da un valore di 256 milioni a poco meno di 34. Probabilmente per questo Martinez ha deciso (la comunicazione Consob è di venerdì 12 agosto) di limare la sua partecipazione in Mps portandola al 2,24%. Va detto che il finanziere non è l’unico investitore straniero che non abbia festeggiato a Piazza Affari. Anzi, dall’agosto del 2015 le cose per gli stranieri non sono andate affatto bene. Non sorride ad esempio lo sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, 66enne presidente degli Emirati Arabi Uniti (Uae) ed Emiro di Abu Dhabi, che l’Italia ha conosciuto quando Etihad ha rilevato il 49% di Alitalia (oggi delistata) mentre attraverso il fondo Aabar Investments possiede il 5% di Unicredit, investimento che ha perso quasi il 69% passando da 2,4 miliardi a 765 milioni. Male anche gli investitori istituzionali stranieri: il governo russo ha perso 275 milioni nel suo investimento in Saras, quello libico (del quale peraltro è difficile individuare un volto e/o un referente visto il caos politico attuale) ne ha visti sfumare quasi 800 tra Finmeccanica e Unicredit (recuperando solo con l’investimento in Retelit, che però ha ordini di grandezza del tutto diversi) mentre la People’s Bank of China in percentuale ha perso solo il 39%, ma in valore assoluto ha lasciato sul terreno più di 2,2 miliardi.
Tornando invece in Italia, a livello assoluto chi invece ha legato la sua sorte a un titolo bancario in difficoltà è la famiglia Malacalza che ha investito in Carige, e poi attraverso alcuni aumenti di capitale ha portato la sua partecipazione al 17,6%. Le difficoltà del settore bancario e in particolare quelle dell’istituto genovese hanno però deprezzato l’investimento portandolo da 240 a 44 milioni (-81%). Nella tabella pubblicata a pagina 10 si tiene conto delle migliori e peggiori perfomance tra chi ha un patrimonio di almeno 100 milioni e tra questi vanno segnalati anche la famiglia Astaldi/Del Torre (penalizzati dal calo del gruppo di costruzioni Astaldi) e i due principali azionisti del Banco Desio Brianza, Gerolamo Gavazzi e Stefano Melchiorre Lado, ovvero un altro titolo colpito dall’ondata di vendite sugli istituti bancari.
Ovviamente c’è anche chi sorride, a partire ad esempio da Massimo Candela, la cui Fila (Fabbrica Italiana Lapis e Affini) sta crescendo a suon di acquisizioni (l’ultima pochi mesi fa dell’inglese Daler-Rowney per 80 milioni). Non solo Candela ha visto crescere il valore del titolo del 34% in un anno, ma ha anche aumentato sensibilmente la sua partecipazione, passando dal 43,7% a sfiorare il 66% e portando quindi il suo patrimonio da 135 a 287 milioni. Nella top 5 delle migliori performance compare anche uno degli imprenditori del semestre, ovvero Urbano Cairo, che grazie all’opas su Rcs Media Group (che l’ha portato a controllare il 60% del gruppo che pubblica il Corriere della Sera) ha portato il suo patrimonio a crescere dell’81% a 496 milioni. Terzo posto per il trio di Diasorin formato dal già citato Gustavo Denegri, insieme a Carlo Rosa e Chen Even (rispettivamente 280 e 146 milioni) che hanno sfruttato gli ottimi 12 mesi del titolo. Quarto e quinto posto spettano invece all’azionista di Campari Rosa Anna Magno Garavoglia (+29,9% con un patrimonio salito a quasi 3 miliardi) e il già citato numero uno di Brembo, Bombassei.
di Manuel Follis, MilanoFinanza 13/8/2016