Alessandro Minelli, La Lettura 14/8/2016, 14 agosto 2016
L’ADULTERIO RIGENERA I PESCI
Con i suoi 68.870 chilometri quadrati di superficie (tre volte la Toscana) il lago Vittoria è il più grande lago tropicale del mondo, secondo solo al lago Superiore fra tutti i bacini d’acqua dolce del pianeta, se non contiamo fra questi il Mar Caspio. Eppure, per massa d’acque il lago Vittoria si colloca solo al settimo posto su scala mondiale, perché le sue acque non sono molto profonde. Ed è anche un lago relativamente giovane, formatosi intorno a 400 mila anni fa. Per confronto, la depressione oggi occupata dal lago di Garda è almeno dieci volte più antica, per non parlare del lago Bajkal, la cui antichità è di oltre 20 milioni di anni. Inoltre, il lago Vittoria è andato soggetto a periodi di disseccamento. L’episodio più recente risale a circa 17 mila anni fa. È dunque all’interno di un arco temporale così breve che dobbiamo collocare le tappe più significative della storia evolutiva della sua fauna. Un argomento, questo, che non riguarda solo gli specialisti.
Nel lago Vittoria è fiorito un incredibile «sciame di specie» (species swarm) di piccoli pesci, appartenenti a una delle famiglie di maggior successo nelle acque dolci tropicali, quella dei ciclidi. Molte specie di ciclidi vivono in America, ma sono i loro parenti africani ad aver richiamato su di sé un’attenzione particolare. I tre maggiori laghi africani — Vittoria, Tanganica e Malawi — ne ospitano un’incredibile diversità, qualche centinaio di specie ciascuno. I tre bacini, tuttavia, hanno una storia differente e solo quella del lago Vittoria è, a un tempo, inattesa, tragica e paradossale. È un esempio di storia evolutiva in cui le specie sembrano letteralmente formarsi sotto i nostri occhi, ma anche un esempio di scempio ambientale in cui un’intera fauna ha rischiato di sparire per sempre, nel volgere di pochi anni. La vicenda si articola in tre atti.
Atto primo: il lago Vittoria come Darwin’s Dreampond, il bacino darwiniano ideale. È questo il titolo di un libro del biologo olandese Tijs Goldschmidt, che peraltro descrive la drammatica situazione corrispondente alla fase successiva, tanto che dalla sua collaborazione con il documentarista, attore e regista austriaco Hubert Sauper nacque nel 2005 un filmato dal titolo Darwin’s Nightmare («L’incubo di Darwin»). Ma torniamo al problema riassunto nel titolo dell’opera più famosa di Darwin: L’origine delle specie. Come si sono formate le centinaia di specie di ciclidi del lago Vittoria? Lo studio del loro Dna conferma che sono imparentati tra loro più che con qualsiasi altro pesce della stessa famiglia, per cui l’intero swarm, con le sue centinaia di specie, sembra proprio che si sia evoluto all’interno del grande lago, e in tempi insolitamente brevi.
Atto secondo: la scomparsa delle specie. Verso la fine degli anni Cinquanta dello scorso secolo viene introdotto nel lago Vittoria il persico del Nilo (Lates niloticus), specie ampiamente diffusa in Africa, dalla Liberia all’Etiopia, dall’Egitto alla Tanzania. Nelle acque di cui è originario, il persico del Nilo raggiunge i due metri di lunghezza e un peso di 200 chilogrammi. È un predatore e da adulto si nutre quasi esclusivamente di altri pesci. Introdotto nel lago Vittoria, in pochi anni ha fatto strage di ciclidi, che sono drammaticamente declinati, sia per varietà di specie, sia per numero di individui. Come l’intera vicenda sia stata vissuta dalle popolazioni rivierasche, lo raccontano in toni drammatici il libro e il filmato di cui sopra. Quanto ai ciclidi, la situazione, già compromessa dall’immissione del grosso predatore, è ulteriormente peggiorata a causa dell’inquinamento delle acque, che si sono fatte torbide, con le inattese conseguenze che ci portano alla fase più recente della vicenda.
Atto terzo: nuove specie all’orizzonte. Nel 1991, il biologo tedesco Ole Seehausen ha la gradita sorpresa di trovare, nel golfo di Mwanza che costituisce la parte più meridionale del lago Vittoria, una notevole ripresa delle popolazioni di ciclidi: in media, una buona retata ne cattura una ventina di specie. Una notizia positiva, certo, ma non è l’aspetto più interessante. Di quelle venti specie, solo due o tre sembrano identiche ad altrettante specie conosciute dai tempi precedenti la catastrofe ambientale; altrettante appaiono nuove e rappresentano molto probabilmente degli ibridi fra due delle vecchie specie, e tutte le altre risultano simili a specie già note, ma con qualche differenza che suggerisce un modesto livello di ibridazione. Cos’è successo? O, meglio, cosa sta succedendo? Le acque torbide del lago hanno reso difficile, per i ciclidi sopravvissuti, riconoscere le caratteristiche e vistose livree nuziali che mezzo secolo addietro permettevano a questi pesci di trovare i loro legittimi partner, consentendo quindi a ciascuna specie di perpetuarsi, mantenendo caratteri peculiari. Nell’incerta luce delle acque fortemente inquinate, gli amori dei ciclidi si sono fatti più incerti e promiscui, portando a un rimescolamento dei caratteri. Scompaiono così alcune delle specie di un tempo ma, in compenso, ne stanno nascendo di nuove. Un nuovo ciclo, a quanto pare, è cominciato. Il Darwin’s Dreampond è di nuovo all’opera.