Mauro Armanino, Avvenire 14/8/2016, 14 agosto 2016
QUANTE VOLTE BISOGNA MORIRE PER MORIRE?
Poco più di due settimane fa, tra domenica 31 luglio e lunedì primo agosto, elementi della setta Boko Haram hanno ucciso almeno cinquanta persone. Questa drammatica notizia era apparsa su uno dei siti informativi del Niger, Actuniger. Nessun altro mezzo di informazione, nazionale o internazionale, la ha confermata o ripresa. Il tre agosto era la festa dell’indipendenza numero 57 del Niger. Il silenzio attorno a questo massacro continua a tutt’oggi. Anche se, nel frattempo, un rapporto dell’Undss, il Servizio delle Nazioni Unite per la Sicurezza, ha fatto salire il numero delle persone uccise a 97, tutti civili. Per adesso, ricorda il documento Onu, l’attacco non è stato rivendicato.
Strano davvero, nell’epoca della comunicazione in tempo reale del “villaggio globale”. In altre parti del mondo, occidentale di preferenza, la notizia – o anche solo una parvenza di notizia di questo tenore – avrebbe assunto tutt’altra risonanza. Ma anche qui, nel Paese dove il fatto è accaduto, ciò è passato sotto silenzio.
Sono poveri, civili e lontani.
Morti che non interessano a nessuno e tanto meno in questo contesto di “guerra permanente” al citato gruppo terrorista. In questi anni Boko Haram e affiliati hanno seminato desolazione, migliaia di morti e di sfollati.
I morti passano inosservati, come da vivi. Esclusi da ogni contabilità, come feti senza voce e forma, indifesi e precari.
La storia, finora, ha funzionato così perché i morti, come i vivi, non si contano allo stesso modo.
Non hanno lo stesso peso mediatico perché politicamente ed economicamente sono irrilevanti, invisibili.
L’invisibilità del loro destino si è rivelata, in questo ed altri frangenti, in un modo del tutto coerente, proprio al momento della morte.
Semplicemente non sono perché non hanno. In questo sta la coerenza della loro scomparsa. Perché in realtà, per la storia ufficiale, non sono mai apparsi, sono semmai delle “comparse”. C’è poco da raccontare sulla loro “scomparsa”: già mancavano prima ancora di cominciare l’appello.
D’altra parte lo si sa. È un fatto accertato dall’esperienza e dalla saggezza popolare. Si nasce e si muore più di una volta della vita, specie quando si è poveri e lontani, alla periferia della storia. Erano 97 e nessuno ha rivendicato il massacro, senza dubbio non ne valeva la pena. Lontani, poveri e insignificanti. Tutti gli ingredienti perché per risultare morti davvero tocchi di morire una seconda volta.
La dimenticanza della prima morte li fa morire ancora.
Almeno per tre giorni, ancora.
Niamey, agosto 2016