Antonio Pitoni, La Stampa 14/8/2016, 14 agosto 2016
LA RIVINCITA DEI TENDONI
La crisi non fa sconti. Neppure al circo, uno degli spettacoli più antichi del mondo, dove arte e impresa camminano da sempre a braccetto. E alla fine dell’anno bisogna far quadrare i conti. Che, numeri alla mano, hanno dato qualche segnale di ripresa. Nel 2015, stando ai dati dell’Annuario dello spettacolo della Siae, il volume d’affari è salito a 14,8 milioni di euro contro i 12 del 2014.
Sono circa una cinquantina i circhi attivi in Italia, con insegne spesso associate al nome di storiche famiglie impegnate, da generazioni, in questo particolare ramo dello spettacolo. Un settore che l’anno scorso, si legge nel report della Siae, ha fatto segnare un «sensibile impulso registrato dagli indicatori economici». Sebbene il numero degli spettacoli offerti sia diminuito rispetto al 2014, scendendo da 16.033 a 15.242 (l’11,07% del totale dell’offerta teatrale), gli ingressi sono tornati a salire. A 1,1 milioni, con un picco nel mese di agosto. Una «rimonta» dopo il crollo per la prima volta al di sotto del milione accusato nel 2013 (983 mila). Trend negativo confermato, peraltro, anche l’anno successivo (985 mila). Un dato, quello degli ingressi, che ha inciso positivamente anche sugli incassi al botteghino. Saliti dai 10,9 milioni di euro (costo medio d’ingresso 11,05 euro) del 2014 ai 14,2 milioni del 2015 (costo medio 13,07). Anche la spesa complessiva del pubblico (biglietto più altre prestazioni all’interno del circo), ha fatto registrare segnali incoraggianti: da 11,7 a 14,5 milioni. Infine, il volume d’affari. Con 14,8 milioni di euro, il circo ha generato l’anno scorso «il 3,38% dell’introito complessivo del macro-aggregato teatrale». Quasi la metà dell’intera somma è stata prodotta in Lombardia (7,3 milioni). L’anno precedente, il volume d’affari del settore si era fermato a 12 milioni di euro (il 2,8% del comparto teatrale), con picchi registrati in Toscana (2,1 milioni), Piemonte (1,7) e Campania (1,3).
Insomma, primi segnali di ripresa. Nonostante la sempre più spiccata sensibilità animalista che si sta diffondendo nel Paese. Non a caso il Rapporto Eurispes 2015 rivela che gli italiani che si dichiarano contrari ai circhi con animali ha raggiunto la significativa cifra del 68,3%. Un dato sul quale ha giocato, probabilmente, un ruolo determinante l’azione di diverse associazioni. A cominciare dalla Lav, la Lega antivivisezione, che si sta battendo per chiedere l’istituzione di un Registro nazionale pubblico per censire gli animali detenuti nei circhi (circa duemila secondo le stime dell’associazione). Sul proprio sito internet, la Lav ha dato vita anche ad una petizione per chiedere «l’abolizione del finanziamento pubblico ai circhi con animali, la proibizione dell’uso degli animali nei circhi e la riconversione del settore circhi ad altre attività senza animali». Un settore al quale sono andati nel 2014 circa 1,8 milioni di contributi statali, l’1,1% del Fondo unico per lo spettacolo. Soldi, ricordava poco più di un anno fa il presidente dell’Ente nazionale circhi, Antonio Buccioni, che, in alcuni casi, coprono a malapena le spese di «meno di un mese del loro lavoro».