Cecilia Attanasio Ghezzi, La Stampa 14/8/2016, 14 agosto 2016
PECHINO CACCIA I SUOI ABITANTI: «ANDATE A STARE IN PERIFERIA»
«Torno al villaggio con la famiglia, la vita a Pechino è diventata impossibile». «Non siamo noi, è Pechino che non ci vuole». «Pensavamo saremo rimasti per sempre qui, e invece...». «Era parecchio che pensavo di raggiungere mia moglie, non ha più le forze per occuparsi della terra da sola. Poi a Pechino gli affitti crescono di anno in anno».
Alla fine dello scorso anno il mercato Tianyi è stato chiuso: per anni aveva resistito alla gentrificazione del quartiere subito a sud delle Torri della Campana e del Tamburo, quelle che un tempo segnavano il limite settentrionale della città di epoca imperiale.
Nei suoi oltre 1500 stand disposti su tre piani si poteva trovare di tutto: dalle penne al cibo per gli animali domestici, dai cappelli alla moda agli aspiratori elettrici, dalle decorazioni per il capodanno lunare all’ultimo modello di cellulare. I commercianti, nessuno originario di Pechino, si rifornivano direttamente alle fabbriche sparse per tutta la Cina. Studenti, casalinghe, migranti e stranieri squattrinati facevano a gara a chi riusciva ad abbassare il prezzo. I meno esperti uscivano soddisfatti con una serie di oggetti che si sarebbero rotti in meno di una settimana.
I negozi chiusi
Aperto nel 1992, il Tianyi è stato tra gli ultimi dei 150 mercati coperti all’interno del terzo anello a chiudere i battenti. Ordini governativi. Entro il 2020 questi luoghi di mezzo tra la vendita all’ingrosso e quella al dettaglio, questi simboli del «made in China» inteso come merce a basso costo, copie difettate e qualità scadente, non saranno ammessi nemmeno nell’area compresa all’interno del quarto anello. Per la città, è la fine di un’epoca.
«Inquinamento, traffico e densità abitativa sono diventati problemi impossibili da ignorare» spiega all’agenzia di stampa Xinhua il professor Zhu Erjuan. «È arrivato il momento di sfoltire la capitale». Ed è chiaro il riferimento agli 8,2 milioni di migranti che negli ultimi trent’anni vi si sono trasferiti per costruire il miracolo cinese. Ci sono riusciti, ma nel frattempo Pechino è diventata un’inferno. Secondo i dati ufficiali gli abitanti della capitale cinese sono 22 milioni, circa sei milioni in più di dieci anni fa. Nelle ore di punta le principali arterie sono intasate da oltre 5,62 milioni di veicoli e le risorse idriche, minacciate anche dalla progressiva desertificazione della regione, sono sempre più insufficienti a coprire il fabbisogno cittadino.
Si impone un nuovo inizio e, come nella migliore tradizione cinese, il cambiamento viene imposto dall’alto. Tra la fine degli Anni Novanta e i primi anni del Ventunesimo secolo, ogni anno sono stati abbattuti 600 hutong, i vicoli costeggiati da case a un piano tipici della vecchia Pechino. Al loro posto sono sorti enormi condomini di palazzi a sei piani, grattacieli, centri commerciali e uffici. La capitale dell’ex Impero di mezzo si preparava a quell’incredibile vetrina che sarebbero state le Olimpiadi del 2008 secondo quello che per decenni è stato lo strumento attuativo delle politiche urbanistiche governative: chaiqian, letteralmente «distruggere e rilocare». In quest’enorme operazione, oltre 500 mila pechinesi vennero trasferiti.
Il piano del governo
A dieci anni di distanza, la città si prepara ad ospitare le Olimpiadi invernali del 2022. Il governo della capitale ha intenzione di limitare la sua popolazione agli attuali 23 milioni di abitanti e di diminuirne la densità nelle zone centrali. Come? La chiusura dei mercati è solo il primo passo. L’anno prossimo gli uffici governativi verranno trasferiti a Tongzhou, a 20 chilometri dal centro e con essi almeno un milione di pechinesi che oggi vivono e lavorano «downtown». Pechino diventerà il «vivibile» centro di una gigantesca aerea metropolitana che avrà grossomodo l’estensione della metà del territorio italiano e ospiterà il doppio dei suoi abitanti: 130 milioni. Si chiamerà Jingjinji e, oltre alla capitale, comprenderà il porto Tianjin e la regione limitrofa dello Hebei. I pochi che resteranno al centro apprezzeranno il cambiamento. A tutti gli altri non è stato concesso altro che il tempo per preparare le valigie.