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 2016  agosto 13 Sabato calendario

UN’ALTRA OMBRA SUL REFERENDUM


Il ritorno della “crescita zero” nel secondo trimestre, insieme al robusto rialzo del debito pubblico, costituisce una cattiva notizia non solo per l’economia. Lo è anche per la politica, nel senso che va a interferire con il complicato percorso del referendum d’autunno. In via ufficiale, come è noto, la reazione degli ambienti del Tesoro e del partito di Renzi si sforza di essere rassicurante (“la strategia non cambia, era già tutto previsto”).
Con ciò sottolineando che la tendenza sull’intero 2016 resta ancorata al segno più: per la precisione, + 0,7. Non un gran risultato, ma almeno non la nefasta simbologia dello “zero” assoluto. S’intende, tuttavia, che dietro le quinte le reazioni sono molto più preoccupate. E non senza motivo. La miscela fra mancata crescita e debito pubblico, unita alle incognite legate alla crisi bancaria (Monte dei Paschi), rischiano di creare un cortocircuito con l’opinione pubblica a cui si chiede il Sì per la nuova Costituzione. Come è logico, non esiste un nesso diretto fra lo stato dell’economia e la consultazione per la quale si attende di conoscere la data. Ma è altrettanto illusorio immaginare che milioni di italiani si trasformino di qui a novembre in altrettanti costituzionalisti in grado di decidere nel merito della riforma. I più voteranno d’istinto e di sentimento. Sarà necessario convincerli che il rinnovamento delle istituzioni è reale e che da esso verranno conseguenze positive nella vita di tutti i giorni.
Allo stesso modo, il voto coinciderà inevitabilmente con un giudizio sull’efficacia del governo e delle sue politiche. Il primo a rendersene conto era stato proprio Renzi, quando ancora prevedeva un autunno migliore per l’economia reale, senza la Brexit e il resto. Il famoso plebiscito su se stesso che il premier aveva lanciato rispecchiava l’idea — in sé non sbagliata — che il referendum avrebbe riguardato solo in parte il merito della legge e assai di più le sensazioni dell’elettorato circa la qualità della vita quotidiana e le prospettive della ripresa. Un paio di mesi fa si avvertiva ancora un certo ottimismo al riguardo. Oggi che il quadro è cambiato, Renzi e i suoi collaboratori hanno, come si dice, “spersonalizzato” il referendum, nel tentativo di evitare che su di esso si scarichi il malessere sociale.
Ma il problema resta e non solo per le munizioni che la “crescita zero” o quasi regala alle opposizioni. Di sicuro, l’opera di convincimento nella sostanza della riforma è doverosa, ma richiede tempi e argomenti che mal si conciliano con il clima di tensione che la scelta secca sì/no porta con sé. Ecco quindi che si riaffaccia la tentazione di drammatizzare: il No paragonato alla vittoria dell’estrema destra di Hofer in Austria o di Marine Le Pen in Francia. Uno scenario di destabilizzazione cui ha dato man forte nei giorni scorsi un’analisi del “Financial Times”.
Si annuncia una fase di propaganda martellante di qui a novembre, ma nessuno può sapere se essa basterà a bilanciare le altre questioni che inquietano l’elettorato, destinate a pesare sulle sue scelte. Del resto, un certo grado di arroccamento appartiene alla logica referendaria. Il punto è che in tali circostanze sarebbe interesse di Renzi dividere il fronte avversario, magari con un’iniziativa volta a correggere il famoso Italicum. Molti avversari della riforma Boschi si rifiutano di ammorbidire il loro “no” in cambio di una legge elettorale più equa (vedi Pasquino sul “Fatto”), ma in Parlamento — specie nelle file della minoranza Pd — prevale l’idea che un’apertura sull’Italicum sarebbe un passo avanti significativo. Anche se non è chiaro a quale accordo condurrebbe. Allo stato, tuttavia, l’unica iniziativa di cui si abbia certezza è quella che vedrà all’opera la Consulta, convocata ai primi di ottobre proprio per discutere della legittimità costituzionale di alcune parti dell’Italicum. Potrebbe, come suol dirsi, togliere le castagne dal fuoco al governo. Il quale oggi si trova in una scomoda tenaglia, stretto fra la “crescita zero”, l’immigrazione, la guerra in Libia e un referendum il cui esito è del tutto incerto.