Paolo Baroni, La Stampa 13/8/2016, 13 agosto 2016
DOVE I RIFIUTI DIVENTANO UNA RISORSA
L’emergenza rifiuti di questi tempi produce infinite polemiche ed al tempo stesso riempie le strade delle nostre città, a cominciare dalla capitale, di robaccia e terribili odori.
Di certo ne produciamo troppi, in media oltre 500 chilogrammi a persona all’anno e le tante dispute ideologiche sui termovalorizzatori, sempre troppo grandi e troppo vicini, sulle discariche, per definizione sempre sull’orlo del collasso, e sulla raccolta differenziata, che si vorrebbe far fare solo al vicino di casa, certo non aiutano. Se poi ci mettiamo la disorganizzazione cronica di Roma e le sue pastette ( per non dire di peggio), oltre alla Tari che continua inesorabile ad aumentare ovunque in Italia, ecco che il disastro è servito. Tutto questo però non deve impedire di vedere l’altro lato della questione. Per capirci: il problema rifiuti non fa rima solamente con emergenza, disorganizzazione, spreco e scempio ambientale. Se per un attimo ci leviamo le lenti deformanti dei tanti movimenti del No vediamo che i rifiuti possono non essere un non problema. Se non addirittura una risorsa. Come dimostra il sindaco di Asti, che ora si offre per aiutare Roma ad uscire dal suo disastro e che già l’anno passato facendo altrettanto con Genova e Napoli ha ripianato tutti i vecchi debiti della sua municipalizzata e riportato in utile l’azienda iniziando pure a ridurre un poco la tassa rifiuti. Offrendosi di gestire senza grossi patemi il pattume della Capitale, e senza nemmeno farsi il problema di aiutare una amministrazione di «un altro colore», il sindaco di Asti ora pensa bene di continuare su questa strada, puntando a far altri soldi coi rifiuti e a ridurre ancora di più la Tari ai suoi cittadini. Insomma quello che per molte amministrazioni si presenta come un problema enorme, mantenendo il sangue freddo e scegliendo un approccio razionale, diventa una opportunità da sfruttare. Scelta coraggiosa, visti i tempi e visti in veti che invece arrivano da altre parti d Italia.
In molte altre città, da Trento a Olbia, la battaglia per la raccolta differenziata sta dando a sua volta risultati notevoli in termini di riduzione dei volumi destinati alle discariche ed agli inceneritori ed in termini economici.
Certo le polemiche sugli impianti, anche i più moderni, efficienti e «puliti» non si arrestano mai. Ma anche qui c’è un altro verso della vicenda da iniziare a prendere in considerazione: fino ad oggi sia i vecchi inceneritori che i più moderni termovalorizzatori erano considerati dei veri e propri mostri, accusati di inquinare l’aria (anche quando magari non era vero) e di devastare l’ambiente per le loro dimensioni e le loro fattezze per nulla aggraziate. Domani, e la gara tra architetti è in corso un po’ ovunque nel mondo, dall’Europa alla Cina, all’Australia, l’idea è quella di progettare strutture belle da vedere, dai tratti avveniristici, magari non più squadrate e uguali a tanti impianti di grandi industrie, perfettamente integrate con l’ambiente che le circonda e fruibili dalle persone. Ad esempio a Copenhagen un nuovo impianto che verrà inaugurato nel 2018 oltre a smaltire i rifiuti ospiterà una grande pista da sci che di inverno si snoderà dal tetto lungo tutto l’edificio. Mentre con la bella stagione la gente potrà andare arrampicata sulla facciata, rilassarsi nel parco circostante o utilizzare la pista d’atletica. Un servizio della Cnn ha appena catalogato gli impianti che negli anni a venire ci consentiranno di smaltire i rifiuti «in un modo più bello». Sono già almeno una decina e forse possono rappresentare l’antidoto giusto per sconfiggere la sindrome Nimby (Non nel mio cortile) ben sapendo che, comunque, coi rifiuti (differenziati o meno) dovremo avere a che fare anche in futuro. Perché la loro produzione comunque non si ferma tanto che di qui al 2100, secondo le stime della Banca mondiale, il loro volume triplicherà sino a toccare quota 4 miliardi di tonnellate all’anno.