Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 12 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL PIL È A ZERO, IL TURISMO VA BENE


REPUBBLICA.IT
MILANO - Battuta d’arresto per l’economia italiana che nel secondo trimestre dell’anno è rimasta inchiodata al palo. Come non succedeva dalla fine del 2014, quando l’Italia cercava di uscire dalla recessione. La crescita zero del Pil tra aprile e giugno arriva come una doccia fredda sul governo Renzi che da un lato confidava di trovare nella ripresa economica le risorse fresche da destinare alle pensioni e agli investimenti e dall’altro immaginava di usarla come grimaldello per ottenere maggiori flessibilità sui conti pubblici dall’Unione europea. Infatti, se l’economia non cresce il deficit e il debito pubblico - che sono calcolati in rapporto al Pil - sono destinati ad aumentare. Ma se anche Palazzo Chigi riuscisse a spuntare quella agognata flessibilità in termini di decimi percentuali, rischierebbe di trovarsi in mano meno risorse di quelle immaginate.

La crescita dell’economia italiana è "più fragile" ma i conti pubblici sono "sotto controllo", assicura il ministero dell’Economia dopo i dati Istat sull’andamento del Pil nel secondo trimestre. "Nonostante la crescita sia più fragile del previsto - afferma il Tesoro - i conti pubblici sono sotto controllo, come evidenziato dall’andamento del fabbisogno del settore statale".

Il primo campanello d’allarme sullo stato di salute italiano era arrivano pochi giorni fa con il crollo della produzione industriale a giugno, seguito poi dalla frenata dell’export e dal perdurare della deflazione. A dimostrazione che la domanda interna - nonostante gli interventi della Bce e gli stimoli del governo - non è ancora solida. Gli addetti ai lavori, tuttavia, si aspettavano una crescita dell’economia sul trimestre dello 0,3%, proprio come quella dei primi tre mesi dell’anno. Invece è arrivata una crescita zero. La progressione sullo stesso periodo dello scorso anno, inoltre, è solo una magra consolazione: la variazione è positiva per lo 0,7%, ma a fine marzo era dell’1%. Un dato che probabilmente costringerà il governo a rivedere al ribasso le stime di crescita per l’intero 2016.

La revisione traspare anche dalle parole del viceministro dell’Economia Enrico Morando: "Presenteremo per il 27 settembre la nota di aggiornamento del Def, a quel punto vedremo in che situazione ci troveremo. Non c’è dubbio che sulla base di questi dati appare difficile conseguire l’obiettivo di crescita che era fissato per il 2016, cioè l’1,2%". "Inevitabilmente, sarà possibile che si determinino maggiori difficoltà nella definizione delle scelte. O meglio, bisognerà tenere conto di questo andamento nella definizione delle scelte che riguardano il 2017 e gli anni successivi", aggiunge ribadendo che l’andamento dell’economia italiana è influenzato dal "contesto internazionale, diventato più incerto". Contesto internazionale citato anche nella nota ufficiale del Tesoro.

REP.IT DATI DEL 5 AGOSTO
ROMA - Cala la produzione industriale. L’Istat registra un nuovo peggioramento a giugno, con un calo dello 0,4% su base congiunturale e dell’1% tendenziale. E’ il dato peggiore da inizio 2015 sia secondo l’indice grezzo che per quello corretto per gli effetti di calendario, essendo stati i giorni lavorativi gli stessi di giugno 2015. In sei mesi, però, la produzione ha registrato un aumento dell’1,5% tendenziale in base all’indice grezzo (+0,8% il dato corretto per gli effetti di calendario). Nella media del trimestre aprile-giugno la produzione ha registrato una flessione dello 0,4% nei confronti del trimestre precedente, che invece aveva riportato un aumento di pari entità sempre su base congiunturale.

L’indice destagionalizzato mensile presenta variazioni congiunturali negative nei raggruppamenti dei beni intermedi (-1,1%), di consumo (-1%) e dell’energia (-0,7%); variazione nulla per il comparto dei beni strumentali. In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano un solo aumento nel comparto dei beni intermedi (+0,8%); diminuiscono l’energia (-5,5%), i beni di consumo (-2,1%) e strumentali (-0,3%). Per quanto riguarda i settori di attività economica, i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono: fabbricazione di computer, elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+2,3%), metallurgia, esclusi macchine e impianti (+1,4%) e prodotti chimici (+0,8%). Le diminuzioni maggiori si registrano nell’attività estrattiva (-19,2%), prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-7%) e coke e prodotti petroliferi raffinati (-4,8%).

La produzione italiana di autoveicoli, in particolare, dopo due anni di forte crescita segna a giugno un calo dell’1%
rispetto all’anno precedente nei dati corretti per gli effetti di calendario. E’ il primo segno meno a partire da maggio 2014 (quando la flessione era stata del 3,7%). Nei primi sei mesi dell’anno la produzione del settore è comunque in crescita tendenziale dell’8,3%.


DATI DELL’11 AGOSTO
MILANO - Il motore della macchina Italia rischia di incepparsi. Per aver un quadro più chiaro bisognerà aspettare domani, quando l’Istat comunicherà i dati sul Pil del secondo trimestre, ma nel frattempo i segnali in arrivo sono tutt’altro che incoraggianti. Prima è stata la produzione industriale a segnare, a giugno, una pesante battuta d’arresto, poi è arrivata l’inflazione e persino l’export.

Insomma, nonostante le parole di fiducia del governo e l’iniezione di liquidità della Bce che tiene bassi i tassi interessi e riduce il costo del debito liberando risorse fresche da destinare alla crescita, il barometro dell’economia italiana non volge ancora al sereno. A luglio l’Italia resta in deflazione, anche se con un’intensità minori, non si arresta la caduta dei prezzi che su base annua segnano -0,1% (-0,4% a giugno).

Va male anche sul fronte del commercio estero: a giugno le esportazioni sono calate dello 0,4% rispetto a maggio e dello 0,5% sul 2015, mentre l’import resta ferma e scende del 6,1% sui dodici mesi a dimostrazione che i consumi ancora non sono ripartiti. Insomma l’Italia che cerca di uscire dalla crisi è un Paese a macchia di leopardo, dove le città danno segnali di ripresa, mentre le campagne rischiano di affondare definitivamente.

Basti pensare che in un anno le quotazioni del grano duro si sono quasi dimezzate (-42%). "Per noi è deflazione profonda - denuncia la Coldiretti - con i prezzi crollati per i raccolti e per gli allevamenti che non si coprono più neanche i costi di produzione o dell’alimentazione del bestiame. Oggi gli agricoltori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarsene uno di pane".

Nel dettaglio dei prezzi, il ridimensionamento della deflazione su base annua dell’indice generale è principalmente dovuto all’accelerazione della crescita degli alimentari non lavorati (+1,5%, da +0,7% di giugno), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,8% da +0,4%) e dei servizi relativi ai trasporti (+0,7%, da +0,2%); inoltre, si riduce il calo dei prezzi degli energetici regolamentati (-5,9% da -6,8%).

A livello generale, invece, il persistere della diminuzione dei prezzi dei beni energetici (-7,0% rispetto a luglio 2015), sebbene meno ampia di quella registrata a giugno (-7,5%), continua a spiegare la flessione tendenziale dei prezzi al consumo a luglio. Al netto di questi beni l’inflazione risulta positiva e accelera rispetto a giugno (+0,6%, da +0,4%). L’inflazione acquisita per il 2016 è pari a -0,1% (era -0,2% a giugno). L’aumento dell’indice generale dei prezzi al consumo rispetto a giugno è dovuto principalmente a fattori stagionali che determinano la crescita congiunturale dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+2,5%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,7%).

Il carrello della spesa, ovvero i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona acquistati con maggior frequenza diminuiscono dello
0,7% su base mensile e aumentano dello 0,4% su base annua (da +0,2% di giugno). I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto diminuiscono dello 0,4% in termini congiunturali e registrano, in termini tendenziali, una flessione pari a -0,1% (era -0,2% a giugno).


ILPOST


L’ISTAT, l’istituto nazionale di statistica italiano, ha diffuso le stime preliminari effettuate sul PIL italiano fra aprile e giugno 2016, cioè nel secondo trimestre dell’anno in corso. In questi mesi l’ISTAT ha rilevato che il PIL italiano – cioè la somma dei beni e dei servizi prodotti dall’intero paese – non ha subito variazioni rispetto al primo trimestre: in sostanza, significa che l’economia italiana non si è espansa né si è ristretta. La notizia non era attesa, ma era in qualche modo prevedibile: nonostante nel 2015 l’economia italiana fosse tornata a crescere per la prima volta dopo quattro anni – anche se solo dello 0,7 per cento – l’espansione si era rallentata verso la fine dell’anno, e nel primo trimestre del 2016 era cresciuta solamente dello 0,3 per cento rispetto all’ultimo del 2015. Nei mesi scorsi un gruppo di analisti di Bloomberg aveva previsto che nel secondo trimestre del 2016 l’economia italiana sarebbe cresciuta dello 0,2 per cento rispetto al primo.

Il dato diffuso dall’ISTAT non è drammatico, dato che nel complesso il PIL è aumentato dello 0,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015: è però una cattiva notizia per il governo di Matteo Renzi, che nelle dichiarazioni pubbliche degli ultimi mesi ha spesso insistito sui recenti dati positivi dell’economia italiana. In aprile il governo aveva comunque moderato il proprio ottimismo: nel DEF del 2016, il documento di programmazione economica e finanziaria in cui il governo anticipa quello che intende fare negli anni successivi e l’andamento che si aspetta dall’economia, il governo aveva abbassato il tasso di crescita del PIL previsto per il 2016 dall’1,6 per cento all’1,2. Il Corriere della Sera ha scritto che al ministero dell’Economia un peggioramento della crescita era in qualche modo previsto: «ma [come] ha più volte affermato il titolare del dicastero Pier Carlo Padoan, non dovrebbe comportare la rinuncia alle misure previste: dal congelamento degli aumenti Iva alla riduzione dell’Ires per le imprese».

È probabile che l’economia italiana sia rimasta ferma anche per il rallentamento dell’economia globale. Fra aprile e giugno del 2016, sempre secondo dati ISTAT, il PIL dei paesi dell’area Euro è aumentato solo dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente.