Alessandra Bocci, La Gazzetta dello Sport 12/8/2016, 12 agosto 2016
BRAIDA VEDE BIANCONERO – Compra meno quadri. «Ci sono troppi artisti giovani in giro, magari ce ne sono di bravissimi e promettenti, ma non è facile seguire il movimento in questi anni»
BRAIDA VEDE BIANCONERO – Compra meno quadri. «Ci sono troppi artisti giovani in giro, magari ce ne sono di bravissimi e promettenti, ma non è facile seguire il movimento in questi anni». Smettere di seguire calciatori invece è impossibile: conoscerli è il suo mestiere, ed è per questo che Ariedo Braida ha firmato un contratto di 5 anni con il Barcellona. Asesor Internacional, questa la sua carica ufficiale. In pratica, un consigliere apprezzato, e non soltanto per il passato luminoso. «Quando una persona si sente ancora tanta energia dentro, cambiare serve a mettersi alla prova». E’ quello che ha fatto Dani Alves lasciando il Barcellona? «Dani Alves è un campione. Ha personalità, tecnica, sa gestire la palla, giocare da solo e per la squadra. A Barcellona era amato e lui ama il club e la città, ma voleva mettere alla prova se stesso, dimostrare di saper stare ancora al top. La Juve ha preso un grande giocatore». E ne ha perso un altro, Pogba, il trasferimento dell’estate. Perché il Barcellona ha abbandonato l’obiettivo? «La ragione economica mi pare più che sufficiente. E Pogba saprà farsi valere a Manchester, il suo valore tecnico non si discute, però a ogni partita, se non la giocherà al massimo, ci saranno critiche. La gente leggendo certe cifre penserà che deve vincere anche da solo e questo non è possibile. Ma certe cifre sconvolgono». Pogba non le vale? «Nessuno le vale. Tutti i giocatori sono ipervalutati. Quando si arriva a certi livelli il distacco dalle cose normali è veramente troppo. Si parla di un’operazione da 150 milioni, salario escluso. Come ci si sente a essere supervalutato? Forse non ci pensi, altrimenti non giochi più. La pressione dev’essere enorme». Ci sarà più pressione del solito anche sui giocatori del Barcellona, dopo i successi europei del Real Madrid. «Qui la pressione è sempre la stessa, la rivalità con il Madrid è la stessa ogni anno. Come al solito il Barça partirà per vincere tutto, anche se non saprei dire quale sia l’obiettivo principale. Certo, la Champions è il trofeo più importante per la sua visibilità». Visione tipicamente milanista. «Il Milan è dentro di me, come potrebbe essere diversamente? Ringrazierò sempre il presidente Berlusconi e Adriano Galliani. Adesso posso dire che mi piacerebbe che tornasse a essere “il” Milan, quello che il mondo conosceva. Siamo stati un modello da seguire, il Milan è uno dei marchi di maggior impatto mondiale nel calcio e chi ha comprato il Milan ha pagato il passato. Ora mi auguro che pensi al futuro. A me piace parlare di futuro». Nel futuro dell’Inter con De Boer che cosa vede? «De Boer è un ragazzo che ha girato il mondo e ha fatto esperienze che creano una mentalità aperta, anche se non conosce molto il calcio italiano credo che farà bene. Io glielo auguro. Rinus Michels, Cruijff, Van Gaal: De Boer è allievo di questi, pensare a lui mi fa pensare all’Ajax e al modo di fare calcio del club. Un modo che ha trasmesso al Barça, e l’eredità dei maestri resta». Il maestro Pep Guardiola va a esplorare la Premier. «Beh, in Premier quest’anno qualcuno dovrà perdere... ci sono Mourinho, Guardiola, il nostro Conte. Conte potrà avere successo in Inghilterra se saprà trasmettere la stessa carica che ha trasmesso alla Nazionale. Gli auguro di non aver problemi con la lingua, perché lui deve prima di tutto comunicare la sua ossessione di vincere e combattere: il resto verrà da solo. Ma a proposito di italiani vorrei fare i complimenti a Ranieri, che si è costruito la carriera girando il mondo. La scuola di Coverciano ha dimostrato di essere la migliore». Il suo amico Ancelotti vincerà anche in Germania? Magari in Bundesliga qualche problema con la lingua potrebbe averlo anche lui... «Eh, ma il Bayern è troppo forte per perdere. Non tocchi ferro, Carletto, deve stare tranquillo. A Monaco ha anche un grande a.d. come Rummenigge che lo aiuterà». E in Italia chi vincerà? «Sembra talmente scontato...La Juve è fortissima, ma il calcio è strano e vincere sei anni di fila non è facile. Però la Juve è davanti a tutte. La perdita di Pogba è importante, ma la società ha saputo intervenire sul mercato con ottimi acquisti. Pjanic, Pjaca, e poi Dani Alves, e Higuain. E’ proprio una squadra forte, ma d’altra parte per vincere non bisogna avere neppure un punto debole. Sulla carta la Juve è superiore a tutte. Manca un ultimo ritocco, un centrocampista, visto anche che Marchisio è infortunato». Allegri sta provando Pjanic alla Pirlo. «E’ un’idea, ma Pjanic fa tanti gol e giocando lì è un po’ lontano dalla porta. Qualcosa si perde, anche se potrebbe sempre fare gol su punizione: le calcia come Zico. Non posso dire come Messi perché Messi è mancino. Ma fra i destri Zico è stato il numero uno». A questo punto del mercato, l’esito del campionato italiano sembra più scontato di quello spagnolo? «Come dicevo, vincere continuamente non è semplice, alla fine c’è sempre qualcosa che si allenta. E Roma e Napoli sono lì. L’effetto Spalletti sulla Roma è stato molto buono: ha portato quella serenità di gruppo che forse prima mancava». Non è che Spalletti trasmetta proprio l’idea di serenità. «Ma conoscendo l’ambiente ha saputo trasmettere gli stimoli giusti. Non ha messo in discussione Totti il campione. Ha messo in discussione Totti per stimolare tutti e il gruppo lo ha ascoltato. Anche per la prossima stagione la Roma riparte con buone chance di mettere in difficoltà la Juve». La Juve invece ha chance di mettere in difficoltà le grandi d’Europa? «Può stare fra le prime, ma io spero che la Champions League torni a Barcellona». Il dominio spagnolo è sempre più netto. Che cosa manca all’Italia per tornare al top? «Qui si è costruito tutto negli anni e il modello è vincente, non solo con Madrid e Barcellona. E non parliamo soltanto di vivai e di giovani. Giovane non è sinonimo di buon giocatore: i giovani devono giocare se sono bravi. Non tutti hanno il profilo per stare in una grande squadra». Un giocatore della serie A che porterebbe a Barcellona? «Dybala. E Buffon». Un allenatore per la Spagna? «Di Francesco. E’ vero, lavorare in un ambiente tranquillo come Sassuolo aiuta, ma mi piace la sua idea di calcio, il gusto del possesso, le trame interessanti. Si vede la sua mano e non sempre succede. Credo che il suo calcio piacerebbe anche qui». E a lei invece piacerebbe tornare in un Milan tutto nuovo? «Non si torna mai dove si è stati bene: a qualsiasi età, bisogna guardare avanti. Adesso mi godo Barcellona».