Maurizio Molinari, La Stampa 7/8/2016, 7 agosto 2016
I COMMESSI VIAGGIATORI DELLA JIHAD
Lo Stato Islamico alimenta le proprie operazioni in Europa con flussi di denaro che arrivano a destinazione spostando cifre assai ridotte attraverso l’«hawala», meglio noto come «il bancomat dei terroristi». Raramente queste cifre superano i 10 mila dollari, spesso di tratta di molto meno e non di rado si scende sotto i mille dollari.
Questo metodo di finanziamento è uno degli elementi di forza del network jihadista perché i sistemi di sorveglianza bancari esistenti - creati su iniziativa delle amministrazioni Usa negli ultimi venti anni per far rispettare sanzioni internazionali e dare la caccia ai grandi network del terrore - si basano invece sulla ricerca di somme significative, camuffate nelle modalità più differenti. Il blitz messo a segno dall’anti-terrorismo spagnolo a Girona, a fine luglio, ha portato a catturare due maghrebini - di 22 e 32 anni - impegnati a garantire il passaggio di queste somme minori di denaro provenienti o destinate al Califfato.
Si tratta dalla punta dell’iceberg di un network segreto stimato - solo in Spagna - in almeno 250 «hawaladar» che operano fra Barcellona, Tarragona, Lleida, Bilbao, Santander, Valencia, Madrid, Logroño, Léon, Jaén e Almería. Gli «hawaladar» sono individui che gestiscono reti di trasferimento di denaro denominate «hawala» basate su rapporti di fiducia ed onore fra loro. L’origine risale all’antichità quando nel mondo islamico le banche non esistevano e ci si affidava a persone di fiducia trasferimenti (in arabo «hawala») di denaro attraverso grandi distanze ed ancora oggi milioni di emigrati asiatici ed africani ricorrono a tale sistema, segreto ed anonimo, per inviare a casa le rimesse. Più volte in passato singoli gruppi terroristici, a cominciare dai taleban afghani negli Anni Ottanta, hanno adoperato gli «hawaladar» come fonte di finanziamento ma ora lo Stato Islamico lo fa in maniera massiccia, trattandosi di un metodo capace di sostenere attività dai costi estremamente ridotti. Ciò che colpisce le forze di sicurezza in più Paesi occidentali è quanto l’«hawala» sia diventato un elemento distintivo dello Stato Islamico: le unità della «Provincia del Sinai» che operano contro le forze egiziane ricevono dagli «hawaladar» in arrivo dall’Iraq e dal Golfo i fondi necessari ad alimentare la propria guerriglia così come cellule jihadiste li sfruttano in India e sono le cifre minime spostate da simili «broker di fiducia» a consentire di finanziare sovente le azioni in Europa dei «lupi solitari» da loro considerati «soldati dell’Islam». Gli «hawaladar» sono, molto spesso, singoli individui che si spostano fra luoghi differenti portando con sé cifre minime, consegnandole ad una piccola bottega - macellai, call center, spacci di alimentari, rivenditori di usato - dove il destinatario li va a prelevare. Identificare questa versione jihadista dei commessi viaggiatori non è facile perché si presentano come semplici passeggeri con indosso cifre non significative. Tanto più che si fanno scudo con un sistema di trasferimento anonimo di denaro che alimenta milioni di famiglie del tutto estranee al terrorismo. L’inchiesta di Paolo Baroni che pubblichiamo su questo giornale descrive quanto la caccia agli «hawaladars» sia in corso anche nel nostro Paese, portando ad una maggiore sorveglianza sul network dei «Money Transfer» perché a volte coincide o si sovrappone con gli scambi fra i broker jihadisti. Come spiega Richard Barrett, ex ufficiale dell’intelligence britannica oggi vicepresidente del «Soufan Group» di New York, «la Spagna è stato il primo Paese a scoprire l’uso dell’hawala da parte dei terroristi jihadisti ma è in realtà diffuso in tutta l’Europa» perché, aggiunge David Butter analista del britannico «Chatham House», «questo è da sempre il metodo con cui si spostano i soldi nel mondo arabo» e consente anche a Isis di «ricavare notevoli margini» da ogni tipo di transazione.