Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 10/8/2016, 10 agosto 2016
IL RAGIONIERE ARTISTICO
L’aspetto più stimolante della normalizzazione di Radio Rai sotto la direzione artistica di Carlo Conti è che Carlo Conti sia il direttore artistico di Radio Rai. L’abbinamento di “Carlo Conti” e di “direttore artistico” fa lo stesso effetto di altri ossimori fortunatamente immaginari, quali “Rocco Siffredi direttore spirituale”, “Giuliano Ferrara personal trainer”, “Claudio Cerasa direttore del Foglio”, “Maria Elena Boschi ministro delle Riforme”. Pare piuttosto il remake di un film di Pozzetto, Agenzia Riccardo Finzi, praticamente detective. Compulsando il suo sito officiale, anzi il suo “Official Site”, abbiamo cercato invano una traccia, un indizio, un incidente di percorso che riconduca in qualche modo Conti al mondo dell’arte. Anzitutto il titolo di studio, inspiegabilmente assente, ma presente in altri siti: il diploma di ragioneria. In compenso apprendiamo dalla sua viva voce che il ragionier Conti “nasce in una splendida Firenze”, per la gioia dei restanti capoluoghi, e che, “dopo un breve periodo di lavoro in banca, decide di dedicarsi alla propria passione: dj nelle discoteche, radio e tv private locali”. Lì avviene il fattaccio: “Viene in contatto con la nuova generazione della comicità toscana”, che dev’essere il suo modo per dire come ha conosciuto Renzi. Nel 1985 debutta in Rai a Discoring. Ma – scrive lui stesso di sé medesimo in terza persona – “’non ero ancora pronto per la tv di stato’, sostiene poi Carlo ripercorrendo la sua biografia, ‘in modo molto maturo preferii continuare la gavetta nelle reti locali toscane, e con molta soddisfazione!’”. Tanto maturo che nel 2003, “su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, diventerà “Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana”. E cavalcherà su su fino alla direzione artistica del Festival di Sanremo (“per la prima volta dal nuovo millennio – nota sgomento – un festival condotto due volte di seguito dallo stesso presentatore non è crollato negli ascolti”).
Decisivo, oltre al Cavalierato, “l’incontro con un’altrettanto sconosciuto Pieraccioni”. Ma soprattutto con un ancor più sconosciuto apostrofo sull’articolo singolare maschile: esperienza da cui non si riavrà più, ma che lo catapulterà in Rai fino ai galloni di direttore artistico. “Lei non si preoccupi per la lingua italiana, quella prima o poi verrà da sola”, deve avergli detto Campo Dall’Orto quando l’ha promosso: “A noi serve che dia una ripulita agli angoli della stalla, dove si annidano ancora tracce di satira. È un lavoro di concetto, ma che si può sbrigare anche con le mani, senza parlare né scrivere”.
A RadioRai il ragionier cavalier Conti approda a giugno, due mesi fa, e si fa subito valere. Caccia Max Giusti, sposta Un giorno da pecora, tenta di defenestrare Lillo e Greg (il titolo del loro programma, Sei uno zero, gli pare inutilmente allusivo: molto meglio I raccomandati), infine impartisce severe disposizioni a Mamma non mamma, provocando le dimissioni di Francesca Fornario. Già l’estate scorsa, con altro direttore artistico, la Fornario e la sua complice-imitatrice Federica Cifola avevano dovuto rinunciare alle imitazioni delle mamme dei politici italiani e rifugiarsi in quelle degli stranieri. Tipo Merkel e Lagarde, che però ogni tanto accennavano vagamente a Renzi e ad altri intoccabili.
Così è calato un nuovo foglio d’ordini: niente politica, niente satira, niente personaggi, niente imitazioni, niente sketch, niente scenette, niente comicità. Fornario e Cifola tentano di sopperire con sapide battute sui libri per bambini e sugli spremiagrumi, poi alzano bandiera bianca. Non male per un bravo presentatore che si vanta ogni due per tre di avere lanciato Panariello e Pieraccioni. Conti, dei tre, è quello che non fa ridere, e ora sorge pure il sospetto che non capisca le battute degli altri due. E che rida – perché ride sempre, dappertutto, anche se non se ne vede il motivo – solo per evidenziare il mirabile contrasto fra i denti bianchissimi e l’abbronzatura perenne, quattrostagioni, da pollo arrosto passato nel microonde.
Noi, per quanto critici con Renzi, ci rifiutiamo di credere che il premier, con tutti i guai che ha, sia il mandante delle veline del MinCulConti. I tg e pure i gr gli servono docili e obbedienti per il Referenzum e le prossime elezioni. Ma i casi Sei uno zero e Mamma non mamma no, non possono essere farina del suo sacco, almeno direttamente. Il guaio è che quando si crea un clima da “o con me o contro di me” e si piazzano tutti gli amici (rigorosamente nativi della sua “splendida Firenze”, o dei paraggi) nei posti chiave, lo zelo dei raccomandati supera quello dei domestici e dei famigli, specie quelli di colore come il ragionier Conti. Era già accaduto ai tempi di B., quando i suoi camerieri sparsi per Viale Mazzini, non contenti di aver fatto fuori Biagi, Luttazzi, Santoro, i fratelli Guzzanti & C., impedirono persino a Paolo Rossi di leggere a Domenica In il discorso del noto comunista Pericle sulla democrazia ateniese, intriso com’era di antiberlusconismo ante litteram. Ora è un peccato non avere una telecamera nascosta nella lampada a raggi Uva che il Ragioniere Artistico tiene nel suo ufficio, per vedere con che faccia impartisce i suoi ukase contro chiunque abbia un grammo di talento o un filo di sense of humour. Quella faccia che nelle foto, a causa del colorito abbrustolito da tinca rimasta troppo sulla griglia, viene sempre un po’ sfuocata, come quella di Robin Williams in Harry a pezzi di Woody Allen. A parte la dentatura, i restanti lineamenti ed espressioni del rag. Carlo sono di difficile individuazione. E questo, nel suo caso, aiuta. Un altro, al suo posto, arrossirebbe. Lui, anche volendo, non può.
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 10/8/2016