Ferdinando Cotugno, Vanity Fair 9/8/2016, 9 agosto 2016
DI’ UNA PREGHIERA PER ME (INTERVISTA A MATTEO MARZOTTO) – La sera prima di questa intervista, Matteo Marzotto si è addormentato davanti alla televisione, travolto dalle migliaia di messaggi che ricordavano sua madre Marta, morta il 29 luglio
DI’ UNA PREGHIERA PER ME (INTERVISTA A MATTEO MARZOTTO) – La sera prima di questa intervista, Matteo Marzotto si è addormentato davanti alla televisione, travolto dalle migliaia di messaggi che ricordavano sua madre Marta, morta il 29 luglio. «Mi hanno scritto persone di ogni ceto, censo, provenienza, è molto tipico di lei». Poco tempo fa è uscito il suo ultimo memoir, Smeraldi a colazione (pubblicato da Cairo e scritto con Laura Laurenzi), un libro che potreste leggere anche coma una biografia dell’Italia. La mondina figlia di un casellante che sposa un grande industriale veneto, il conte Umberto Marzotto, ci fa cinque figli (Matteo, nato nel ’66, è il più piccolo), poi diventa la «compagna bionda», si innamora di Renato Guttuso, il pittore «organico» del Pci, che in punto di morte si converte al cattolicesimo e la ripudia. È il 1987, uno dei primi scandali dell’Italia televisiva. Marta Marzotto ha conosciuto, invitato a cena e dato del tu a tutti i potenti delle epoche che ha attraversato, Pertini, Craxi, Berlusconi, l’indice dei nomi nel libro va avanti per pagine e pagine. È stata una musa, un’icona, una caricatura, un simbolo, ma alla fine di 85 incredibili anni è tornata a essere la mamma accudita dai figli. Come sono stati gli ultimi giorni? «Difficili. La mamma era una donna che riempiva le vite di chi aveva intorno. Questi giorni ci hanno unito molto. Abbiamo avuto tempo per parlare, noi fratelli, lei non aveva la forza per farlo, ma ci chiedeva di parlare accanto a lei, ogni tanto si inseriva nelle conversazioni, per invogliarci a continuare. Negli ultimi giorni ha voluto soprattutto ascoltare i suoi figli chiacchierare tra loro». A quando risalgono le foto che ha postato su Facebook per ricordarla? «Sono foto di Cortina, alla fine degli anni ’60. Io e mamma abbiamo migliaia di foto insieme, decine di migliaia. Abbiamo fatto una vita simile, lei è sempre stata molto esposta, io per un periodo sono stato molto esposto. Abbiamo finito per uscire spesso insieme». Ha imparato da lei a essere un personaggio pubblico? «Io sono simile a lei nella capacità di comunicare e di stare tra la gente, ma ho una parte mitigata da mio padre, uomo più riservato, discreto. Ecco, io so stare bene anche da solo. Lei poi sapeva, con maestria e naturalezza, mettere allo stesso tavolo persone totalmente diverse tra loro. Una cosa che a me non è mai riuscita, nella vita ho smesso di credere che persone diverse possano stare allo stesso tavolo. Mi piacciono le case silenziose, con pochi amici e raramente quella socialità disordinata». C’è un suo insegnamento che le è rimasto in testa in questi giorni? «Non smettere mai di pensare in grande. Era feroce, famelica di vita. Ho avuto periodi nei quali non sapevo se andare avanti, lei mi ha spinto a ritornare in pista, a essere visibile. Diceva: “Ho attraversato quattro epoche, se ci sono riuscita io, puoi farlo anche tu. Se hai sbagliato chiedi scusa, se non hai sbagliato fottitene”». Era il suo programma di vita? «È una donna che ha saputo risorgere dalla cenere. Avevano cercato di massacrarla, lei ha conservato la sua umanità, ha sempre saputo comunicare con tutti, trasversalmente. Aveva origini contadine, fame di sapere e cultura, un’intelligenza brillante e sapeva farsi accettare in ogni contesto». Come è stato il vostro rapporto? «Lei mi voleva raccontare tutto. Al contrario di quello che si crede, era una donna fragile, insicura. Da un lato, aveva un istinto di protezione, dall’altro mi sfidava in continuazione. È per questo che ho parlato al suo funerale». In che senso? «A lei piaceva che parlassi in pubblico. Se mi vedeva in Tv, mi chiamava per commentare, per dirmi se ero andato bene o male. Ho pensato che l’avrebbe divertita vedermi messo alla prova, davanti a tutta quella gente, in una giornata in cui lei era l’ospite d’onore». Le raccontava anche i suoi dolori, la depressione? «Della depressione non abbiamo mai parlato. A me sembra impossibile immaginarla depressa, ma nel libro ne parla e io non avevo capito che fosse una cosa così seria. Sa, quel libro mi ha colpito, l’ho letto mentre la assistevo, accanto a lei, mi sembrava di leggere il suo testamento morale. Alcune cose che la riguardavano e che non mi erano chiare le ho capite solo leggendolo». Nel memoir affronta anche la perdita della figlia Annalisa, sua sorella, per fibrosi cistica nel 1989. «Perdere una figlia è una tragedia immensa. Ha dato il via a una raccolta fondi, ma non è mai riuscita a parlarne in pubblico. Non ha mai, mai smesso di sentire quel dolore. Anche a casa, in privato, accennarne la faceva stare male, anche a distanza di decenni. E mio padre non ne ha mai più parlato, neanche a noi figli». Che ricordo ha dello scandalo Guttuso? «Impotenza e dispiacere. Mi fregava relativamente dello scandalo, ma mi dispiaceva che si stesse disgregando la famiglia. Io le ho contestato l’imprudenza, abbiamo discusso molto. Capisco la pulsione, ma se fosse stata più accorta non avrebbe esposto la famiglia a brutte conseguenze». Al funerale ha detto che è andata peggio di come lei ha raccontato. «Lo confermo. Il cinismo e la malafede intorno a mia madre sono stati enormi. Lei ha fatto bene ad avere il punto di vista garbato di una donna di 85 anni, dimostrando che di vita poteva mangiarne ancora e che, anche dopo, è stata una donna amata, forse ancora di più. Non so se le altre persone coinvolte in quella vicenda saranno ricordate con lo stesso affetto». La vita di Marta Marzotto può essere letta anche come una biografia della sinistra in Italia. «I comunisti che ho conosciuto erano dei comunisti a cui piaceva stare molto, molto comodi. Posso testimoniare che quelli che hanno attraversato la vita di mia madre, cioè tutti, erano dei comunisti all’italiana, e con questo credo di aver detto tutto». Quali erano le idee politiche di sua madre? «Era una liberale che amava rispettare le regole. Aveva conosciuto tutto l’arco costituzionale e anche i veri industriali del Dopoguerra, come mio nonno Gaetano. Era una donna libera, lontana da ogni assolutismo». Si interessava ancora di politica? «Credo che ormai se ne fosse disinteressata, era disillusa. Una delle ultime volte in cui ne abbiamo parlato è stata la notte in cui fu ucciso Gheddafi, nel 2011. Lei conosceva bene la Libia, mi disse: “È una follia, sarà un disastro”. E ha avuto ragione. Conosceva il mondo e aveva idee chiare». È stata anche amica di Berlusconi. «Ha avuto un buon rapporto col Cavaliere, provava per lui profonda simpatia umana. Ne parlammo quella volta in cui discutemmo della Libia. Ha sempre pensato che fosse stato più statista di molti politici spocchiosi che sono venuti dopo e che di politica estera, e del mondo in generale, hanno capito ben poco». Da Guttuso sua madre è stata resa immortale, i suoi ritratti sono esposti nei musei: è una cosa che le fa effetto? «Le ho sempre avute in casa le opere di Guttuso, ci sono cresciuto, ci sono affezionato. Credo che il suo rapporto con lui fosse più importante sul piano spirituale che su quello fisico. Poi, ovvio, lei era bella, nel fiore degli anni, una donna desiderabile. Ma sono state scritte tante cattiverie, i suoi amori sono stati una frazione di quelli di tante signore che conosco e che hanno avuto solo più discrezione». Sembra che lei si sia interrogato a lungo su quel rapporto. «Non vengo da Marte, ho vissuto come tutti sanno, tante donne, tanti flirt, ma non sono stato messo in cantina. Mia madre non si è mai risposata e non ha avuto una miriade di fidanzati e amici, come si dice oggi tra virgolette. Si è fatta i fatti suoi, ha avuto due grandissimi amori, compreso mio padre, e un amore sbagliato, che è Lucio Magri, che non mi stava simpatico e con cui ho sempre saputo che non avrebbe funzionato». Invece Guttuso le era simpatico? «Guttuso si era costruito la necessità di un amore maniacale. Era più vecchio della mamma, un intellettuale di vertice, non una persona normale, nemmeno in amore. Ma non c’era niente di morboso o scabroso, il loro era un amore romantico. Lui si era tenuto la moglie ed è una scelta che si fa, e loro hanno condiviso una relazione particolare, strana e forse sbagliata per i tempi». Lei crede, come credeva sua madre, che la conversione di Guttuso gli sia stata imposta in punto di morte? «Guardi, io non sarei così netto. Stava per morire, era un uomo ricco e potente che era stato attratto dal comunismo teorico e non pratico. Certo, non credo che uno si converta e non voglia più vedere l’amante come se fosse una cosa volgare. Anche perché, ripeto, mia mamma non era semplicemente l’amante di Guttuso. Io ho letto le sue ultime lettere, non l’avrebbe mai tagliata fuori. Però sulla conversione, io ritengo possibile, da credente, che verso la fine della vita ci sia un pensiero diverso». Marta credeva? «Credeva, un po’ disordinatamente, nel bene e nel male, non necessariamente nelle regole della Chiesa, e questo mi spiace, perché io invece ci credo. Negli ultimi giorni si era acquietata. Non ne abbiamo parlato direttamente, ma le ultime domeniche, quando le dicevo: “Mami, vado a messa”, mi rispondeva: “Di’ una preghiera anche per me”».