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 2016  agosto 09 Martedì calendario

CHRISTO SPIEGATO ALLA MAMMA DELLA MIA FIDANZATA

Un weekend di giugno sono stato a conoscere per la prima volta i genitori della mia fidanzata. Potete benissimo immaginare l’ansia, equamente divisa tra la voglia di piacere e quella di non compiere gaffe irreparabili, come mangiare con le mani o rompere maldestramente qualche ricordo di famiglia. La serata, per fortuna, stava scorrendo tranquillamente fino a quando, a metà della cena, la mamma della mia ragazza – essendo stata come tutti colpita, mediaticamente parlando, dall’installazione Floating Piers di Christo sul lago d’Iseo, e informata del fatto che mi occupo di arte contemporanea – mi chiede a bruciapelo: «Ma allora questi interventi di Christo vanno considerati opere d’arte o cosa?». Vi posso assicurare che questa è il tipo di domanda che noi addetti ai lavori non vorremmo mai sentirci rivolgere, dato che ce la poniamo quotidianamente. Mi sono ritrovato quindi a ripercorrere mentalmente le opere più importanti dell’artista di origini bulgare, realizzate in stretta collaborazione con la sua compagna Jeanne-Claude, scomparsa nel 2009.
Ho ripensato a uno dei suoi primi imballaggi, il monumento a Vittorio Emanuele Il in piazza Duomo a Milano, realizzato nel 1970, e a come l’incartamento sia una pratica iniziata solo per "dare un’altra visione dell’opera in questione". Mi è tornato in mente l’impacchettamento del Pont Neuf a Parigi, nel 1985, e dieci anni dopo il tessuto argentato steso intorno alla sede del Reichstag a Berlino. Il “fare pacchetti”, però, non è l’unica azione svolta dalla coppia per attirare l’attenzione sui luoghi e mutarne la percezione. Nel 2004- 2005, ad esempio, si sono avvalsi di porte di tessuto per The Gates, allestito nel Central Park di New York, mentre nel 1970-72 hanno steso un tessuto di circa 400 metri da un punto all’altro della Valley Curtain, chiudendo una valle delle Montagne Rocciose in Colorado.
Sono opere d’arte tutte queste operazioni? Sì, lo sono. Sono creazioni, anche se temporanee, concepite per svelare luoghi di per sé già bellissimi, ma ai quali per abitudine non prestiamo più attenzione. In una striscia del 1978, Snoopy dichiarò di apprezzare l’intervento fatto in Colorado, chiedendosi quale sarebbe stato il nuovo progetto della coppia, ritrovandosi poi nell’ultima vignetta al cospetto della propria cuccia impacchettata. L’omaggio di Charles Schulz fu ricambiato, nel 2003, con Wrapped Snoopy House, opera dei due in cui la vignetta diviene letteralmente tridimensionale, entrando a far parte della collezione del Charles M. Schulz Museum di Santa Rosa, in California.
Quelle di Christo & Jeanne-Claude sono azioni semplici, ma di complessa realizzazione, a causa delle dimensioni monumentali degli interventi. Cosa rimane di queste opere oltre a un ricordo e a una serie di immagini ufficiali, dato il loro carattere temporaneo? E delle passerelle di Floating Piers cosa resterà, oltre alle emozioni vissute da chi ha avuto l’opportunità di percorrerle? Provo a stilare un elenco semiserio delle sue possibili eredità:
– La proliferazione sui social media di un numero spropositato di selfie.
– Un nuovo amore per il rito della coda, non paghi delle file normalmente svolte negli uffici della pubblica amministrazione.
– Lo sdoganamento del colore arancio, mai riuscito nemmeno agli Hare Krishna
– Un senso di orgoglio e appartenenza tra i podofili, vista la prescrizione di camminare a piedi scalzi sui teli.
– Un mercato di quadratini di stoffa arancio in ricordo dell’evento sui maggiori siti di e-commerce.
Queste le riflessioni avvenute nell’arco di qualche secondo, ma le mie labbra, in realtà, di fronte alla mamma della mia ragazza, molto più semplicemente compitarono questa frase: «Sì, gli interventi di Christo sono opere d’arte, e anche belle». A chi potesse interessare, penso anche di avere fatto una buona impressione sui genitori di Barbara, logicamente non per questa mia laconica risposta.