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 2016  agosto 09 Martedì calendario

LA FINE DELL’EUROPA A SEI EURO

Frugare nelle bancarelle dei libri è una sorta di caccia al tesoro dal sapore ormai vintage, modernariato per irriducibili. Pure, nel corso dei decenni e in anni non così lontani, mi ha dato emozioni immense. La prima edizione de Le occasioni di Montale nascosta sotto pile di improbabili libri di statistica, ma anche le ingenue edizioni divulgative di libri Anni Settanta in cui si spiegava cosa fossero gli “elaboratori elettronici” e come un giorno non troppo lontano questi sarebbero diventati alla portata di tutti, entrando nelle case della gente comune.
La profezia si è realizzata e ha scalzato violentemente gli stessi oggetti che ne narravano la futuristica divulgazione, tanto che le librerie si stanno lentamente trasformando in store amorfi dove trovare di tutto e, nel dominio della gadgettistica per Iphone, Ipad, iPod et similia, appunto quanto rimane dei libri. Ma questa fin troppo lunga digressione sull’inattualità merceologica del libro mi ha portato fuori strada. Era piuttosto di un’altra casistica dell’essere andati fuori strada su cui mi piaceva soffermarmi, e riguarda proprio i libri e l’Europa.
Tornando da capo, l’altro giorno, frugando in una bancarella di vecchi libri, ho trovato tre volumi. Il Romanzo Occidente, di Ferdinando Camon, edito da Garzanti nel 1977 (prezzo di copertina duemila lire); il saggio L’eredità dell’Europa, di Hans Georg Gadamer, del 1989 (Einaudi. Qua il prezzo lievita a sedicimila lire) e Dopo l’Occidente di Ida Magli, quest’ultimo molto più recente: del 2012. Li ho acquistati tutti e tre, alla cifra vertiginosamente bassa di sei euro (2 euro a testa). Caccia al tesoro riuscita.
Letture interessanti, interessantissime, a un prezzo inaspettatamente conveniente. Ma vediamo i libri. nell’arco di quasi quarant’anni, tutti gli autori manifestano, ciascuno a suo modo e con sintesi finali anche molto diverse (catastrofiste quelle di Camon e di Magli, più “possibiliste”, per quanto scettiche, quelle di Gadamer) tutti quei dubbi che, in tempo di Brexit, sono diventati di dominio comune nei confronti di una realtà e di un’idea sempre più sfiatata d’Europa.
Camon, nel 1977, rilevava già, attraverso un romanzo costruito su documenti, interviste e confessioni di militanti di varie fazioni politiche del tempo, un senso di totale mancanza di coesione, di valori comuni, di prospettive che era già cristallizzato nell’impossibilità di un progetto che non fosse autodistruttivo.
In questa direzione e in modo ancora più radicale, con la gelida analisi dell’etnologa, si muove Ida Magli. L’Europa e l’intero Occidente, rileva, sono da tempo finiti. Restano come spettri di sé stessi, di un passato che resiste in modo fantasmatico nelle mani dei soliti ignoti che, appoggiandosi su finti nemici esterni, stanno godendo i frutti (per loro stessi velenosi) di un processo irreversibile di decadenza. L’Occidente, chiude Magli, finirà in mano all’Islam, ma non a quello cattivo, cattivissimo dell’Isis, che è nostra invenzione: l’Islam “buono” che, a differenza nostra, mantiene valori e senso, per quanto a noi invisi.
Più sottile Gadamer, che invoca un passato poliedrico e incredibilmente vasto, dal quale, partendo dalla fondamenta greche, si è sviluppata la complessa cultura “europea”. Ma nulla di quel passato è rimasto o se c’è, residuale, è in svendita finale, come i libri che ne profetizzano la fine sulle bancarelle.
Aldo Nove, il Fatto Quotidiano 9/8/2016