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 2016  agosto 09 Martedì calendario

QUEL SOTTILE CONFINE TRA IL GOVERNARE VIA SMS E LO STALKING

“Forza mitica”. A Rossella Fiamingo Matteo Renzi l’ha scritto in continuazione. Messaggi, uno dopo l’altro, prima della finale. “A un certo punto non li ho guardati più perché mi stava venendo un po’ d’ansia”, ha detto lei, con lo sguardo deluso di chi ha sfiorato la medaglia d’oro olimpica nella scherma, ma ha dovuto accontentarsi di quella d’argento. Per il premier era importante che il primo oro italiano arrivasse mentre lui si trovava ancora a Rio. Ma più che sostegno, il capo del governo ha trasmesso pressione. “Via sms Renzi s’informa sui miei risultati. Ci tiene ad essere aggiornato”, raccontava a gennaio la tennista, Roberta Vinci, con tutt’altro spirito.
A volte esprime partecipazione, altre volte per messaggio Renzi rasenta la minaccia. Ha dichiarato Carlo Freccero, in un’intervista al Giornale, commentando le nomine Rai: “Ho visto gli sms di Renzi, c’è da vergognarsi”. Anche l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, aveva confidato a Giovanni Floris: “Ho ricevuto sms piuttosto duri”. Il catalogo è lungo: si va da quelli inviati per la pubblicazione di una foto di Chi non gradita al premier, alle proteste per la presenza di un inviato del Corriere nell’albergo in Versilia dove il premier era in vacanza, a quelli arrivati dopo l’editoriale in cui lo definiva “un maleducato di talento”.
Per Renzi lo smartphone è una propaggine fisica. Lo controlla continuamente, ossessivamente, persino durante eventi istituzionali, sia un Consiglio dei Ministri, un bilaterale con un Capo di Stato, un’informativa in Parlamento, un Consiglio europeo. I messaggi sono compulsivi. Sms, ma soprattutto WhatsApp. A volte si mette a discutere in tempo reale: durante una conferenza stampa vede un tweet di un giornalista che non gradisce? Gli scrive, prova a convincerlo. In chat, il segretario-premier detta la linea, tiene riunioni, dà ordini, commenta la riuscita di eventi. Dopo l’annuncio dei Cinque Stelle dell’intenzione di votare no al “super canguro” che doveva abbattere gli emendamenti sulle unioni civili in Senato, nessuno sapeva bene quando riconvocare l’Aula e come ricominciare: Renzi era in volo dal Sudamerica, impossibile contattarlo. Niente sms.
“Perché non fai anche tu un comitato per il Sì?”, ha scritto ad amici e collaboratori nelle ultime settimane. Spesso si tratta di un rapporto “uno a uno”, a volte le chat sono collettive. “La segreteria del Pd? Siamo perennemente riuniti su WhatsApp”, raccontavano i componenti per giustificare la mancanza di convocazioni. Durante uno dei passaggi alla Camera dell’Italicum, la legge elettorale, il premier si preoccupava di raggiungere gli scettici: “Mi dicono che sei perplesso”. Oppure, nelle battute finali della riforma della scuola chiedeva pareri, a partire dalle parlamentari impegnate in prima linea, come Simona Malpezzi e Anna Ascani: “Dimmi che ne pensi”.
All’epoca, la gratificazione del destinatario di un messaggio presidenziale era immediata. Massimo sconforto per chi, invece, nonostante la doppia spunta blu (segnale di messaggio Whatsapp letto) non riceveva risposta. Perché più intensa è la chat, più il gradimento del premier è alto. E lui, allora, la usa come strumento seduttivo/persuasivo: l’sms, ma soprattutto il WhatsApp, mimano la sincerità, annullano i ruoli, confondono i piani. Come trasmettere meglio un’idea o una posizione a fedelissimi e meno fedeli, che devono poi sostenerla anche pubblicamente, convinti di tramandare il verbo autentico di Matteo?
La comunicazione “uno a uno”, poi, fa sì che l’ultima parola sia solo del premier: finché non arriva il suo ok, nulla si muove. Potere immenso che però può rivelare difficoltà: tutto è immobile quando lui non sa che fare.
Ha abituato i capi delle grandi aziende a “parlare” via smartphone direttamente con lui, niente portavoce o segreteria. Ad alcuni, ora non risponde più, lasciandoli al buio sulle decisioni da prendere o sul destino delle loro poltrone. Distacco esibito ma anche impotenza. Con gli alti dirigenti dem e con i ministri, il Whatsapp è d’obbligo. Se proprio serve, poi telefona. Anche se c’è chi nei corridoi del governo in questo periodo racconta: “Non parla con nessuno”.
Piuttosto sfottente fu Checco Zalone, che raccontando gli sms ricevuti da Renzi per Quo vado si disse certo che il premier volesse cavalcare il suo successo: “Ha commentato la parte che lo riguarda della canzone La Prima Repubblica, ‘Ma il Presidente è toscano/ell’è un gran burlone/ ha detto “eh, scherzavo” /piuttosto che il Senato mi taglio un coglione’.
Ecco il suo sms: ‘Prima di tagliarmi un coglione taglio Senato, Camera e Palazzo Chigi. Ai coglioni tengo molto’”. Sfoggio di auto-ironia. Come di tranquillità fece sfoggio, invece, mandando via WhatsApp un messaggio vocale agli italiani dopo il Bataclan: “Ciao ragazzi, sono Matteo Renzi”. Nessuno protestò. Chissà cosa succederebbe se lo facesse oggi.
di Wanda Marra, il Fatto Quotidiano 9/8/2016