Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 7/8/2016, 7 agosto 2016
GARANZIA DI AVVISO
Era un bel po’ che non si vedeva tanta pressione su una Procura come quella che sta esercitando il Pd con tv e giornali al seguito sui pm di Roma, nella speranza che gli levino le castagne dal fuoco dopo la disfatta elettorale. Stiamo parlando del caso dell’assessora all’Ambiente Paola Muraro, tecnica esterna al M5S scelta da Virginia Raggi per la sua esperienza in materia di rifiuti. Basta seguire il cicaleccio pidino su twitter e sulla stampa amica per capire dove lorsignori vogliono andare a parare: fallito il tentativo di far dimettere la Muraro per fantomatici conflitti d’interessi mai dimostrati (l’interesse della Muraro era semmai di continuare a fare consulenze nel pubblico e nel privato, guadagnando 10-20 volte lo stipendio da assessore), sperano di farne rotolare la testa per interposta Procura. Più che un avviso di garanzia, pretendono una garanzia di avviso. Così ogni giorno si legge che la Muraro sarebbe indagata per Ama e che i pm starebbero “rivalutando” (e perché mai? perché ora lavora con la Raggi?) le sue telefonate con Buzzi che, quando furono intercettate, vennero ritenute irrilevanti , penalmente ed eticamente.
Ora, è possibile che la Procura romana, indagando sul groviglio di permessi, licenze, autorizzazioni, appalti e incarichi del maleodorante carrozzone dei rifiuti, iscriva o abbia già iscritto la Muraro nella sua veste di consulente per 12 anni, con decine di dirigenti, consulenti e funzionari. Anche perché una processione di accusatori interessati è corsa in Procura – stavolta sì, “a orologeria” – a denunciare presunte irregolarità taciute per anni (una sfilata che ricorda quella a Brescia degli imputati di Tangentopoli per far indagare i pm di Mani Pulite). Ma – come ha precisato l’altroieri la Procura – Mafia Capitale con l’inchiesta Ama non c’entra nulla: si indaga sul rispetto di una jungla di norme ambientali nel caos e nell’emergenza permanenti seguiti al 2013, quando fu chiusa la discarica di Malagrotta senza che né Marino né il commissario Tronca né il presidente-ad Ama Fortini (mandato finalmente a casa) trovassero uno straccio di alternativa per chiudere il ciclo dei rifiuti. Se la Procura sente il dovere di smentire le insinuazioni che le attribuiscono indagini inesistenti e avvisi mai inviati, è perché vuole sottrarsi al gioco sporco di chi vuole usarla per risolvere i propri problemi politici. Un malvezzo cui nessuno può dirsi estraneo, neppure i 5Stelle.
A costo di ripeterci, ricordiamo qual è il corretto rapporto fra politica e giustizia.
Se un pm apre un’indagine, iscrivendo una notizia di reato e un indagato, “avvisando” poi quest’ultimo di un accertamento o convocandolo per un interrogatorio, di per sé non significa nulla. Solo che si sta verificando la fondatezza di un sospetto, un indizio, una denuncia. Se poi dall’indagine emergono fatti infamanti, anche sul piano etico e non penale, a carico di una figura investita di pubbliche funzioni, questa e il rispettivo partito devono valutarne la compatibilità col dovere di disciplina e onore. Se infine l’inchiesta si chiude col rinvio a giudizio disposto non da un pm, ma da un gup, e i fatti non sono bagatelle (reati di opinione o contravvenzioni), le dimissioni sono doverose. Angelino Alfano non è indagato per l’assunzione del fratello come dirigente alle Poste da parte di manager influenzabili dal governo, ma non è più credibile come ministro dell’Interno (visti tra l’altro tutti gli scandali precedenti). Augusto Barbera, se accetta di uscire per prescrizione dall’inchiesta sui concorsi universitari truccati, dovrebbe dimettersi da giudice costituzionale, o rinunciare alla prescrizione e farsi processare insieme ai colleghi rimasti imputati per fatti più recenti: un “giudice delle leggi” non può essere sospettato di aver commesso reati così gravi e di averla fatta franca perché è passato troppo tempo, o per le indagini troppo lente.
Federico Pizzarotti, M5S dissidente nel mirino del Direttorio, non deve dimettersi da sindaco di Parma pur essendo indagato per abuso d’ufficio: perché l’indagine nasce dalla denuncia di un avversario politico, dunque è un atto dovuto, e riguarda non fatti indecenti, ma la nomina del direttore del Teatro Lirico che spetta proprio a lui come sindaco-presidente del Cda. Idem per il sindaco di Livorno Filippo Nogarin, M5S ortodosso, indagato per bancarotta fraudolenta: reato impossibile, visto che riguarda una municipalizzata mai fallita, anzi ammessa al concordato preventivo. Prima del processo, ciò che conta è la gravità o meno delle accuse, ma soprattutto l’entità dei fatti già documentati. Lo stesso vale per la Muraro: se anche fosse indagata per reati ambientali nel caos rifiuti, in seguito alle denunce di Tizio o Caio, bisognerebbe attendere le conclusioni dei pm e del gup. Sennò basterebbe denunciare tutti i sindaci e tutti gli assessori d’Italia per farli indagare e automaticamente dimettere. Tutt’altro discorso, ovviamente, se fosse accusata di corruzione o di reati ancor più gravi, di cui però al momento non c’è traccia.
Per questo partiti e movimenti devono mettere nero su bianco, nel loro codice etico, una casistica valida per tutti. Altrimenti saranno ogni volta sempre sospettati di essere garantisti con gli amici e giustizialisti con i nemici. Lo facciano i 5Stelle, per il nemico interno Pizzarotti come per l’amica esterna Muraro e l’amico interno Nogarin. E lo faccia il Pd per i suoi molti inquisiti, ispirandosi alla splendida intervista di Berlinguer a Scalfari sulla questione morale che ha appena compiuto 35 anni. Quanto a Forza Italia, Ncd, Ala e Lega Nord: beh, inutile sprecare fiato.
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 7/8/2016