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 2016  agosto 09 Martedì calendario

PER LE BANCHE IL MERCATO TEME LA REDDITIVITA’ TROPPO BASSA

Se si guardasse solo ai corsi di Borsa il 2016 è stato (finora) per le banche italiane e i suoi investitori una sorta di Vietnam. Difficile, se non tornando al periodo cupo della crisi dello spread del 2011 e prima ancora allo choc post-Lehman, riscontrare cadute così violente dei prezzi in un periodo tanto breve. In poco più di 7 mesi l’indice bancario di Piazza Affari ha dimezzato il suo valore. Una vera e propria fuga e un gioco al ribasso che ha coinvolto l’intero settore del credito. Il rimbalzo post stress test di fine luglio è per ora una rondine che non fa primavera. E a ben vedere nel suo furore iconoclasta su tutto ciò che ha a che fare con il mondo bancario, il mercato ha picchiato duro sul vero vulnus strutturale del sistema bancario. Chi aveva (e ha) più sofferenze sul portafoglio impieghi e più crediti malati sul suo patrimonio è stato colpito più duramente. Il -80% di Mps da inizio anno o il -75% di Carige o il -76% del Banco Popolare sono lì a dire che lo spettro del peso delle sofferenze e delle perdite legate al suo smaltimento è la ragione di fondo dietro alla fuga. Una banca come il Credem cheha sempre fatto utili (crescenti tra l’altro) dallo scoppio della crisi Lehman e ha tuttora sofferenze che sono meno della metà del sistema ha attutito il colpo con un calo contenuto al 20%. E anche Intesa il big bancario piusolido e profittevole che vanta un eccesso di capitale e darà dividendi copiosi ha limitato la caduta in Borsa al 38%. Il fatto che anche due banche più che in forma abbiano accusato cali la dice lunga sul parossismo negativo che pervade i mercati. Ci sono banche come UniCredit, che dovrà metter mano alcapitale, che valgono sul mercato meno del 30% del patrimonio. Per non parlare di Mps che non arriva a valere per la Borsa nemmeno un decimo del patrimonio di cui dispone oggi. A vederla così la reazione dei mercati appare fin eccessiva. Come se si riaprisse per le banche italiane un nuovo drammatico periodo di perdite miliardarie come quelle accumulate tra il 2011 e il 2014 che sono ammontate a quasi 50 miliardi. Non è così. Il 2015 ha visto tornare i profitti in media per l’intero sistema e in questo primo scorcio di 2016 i due big Intesa e UniCredit hanno sfornato utili insieme per 3 miliardi. Il mercato forse sovrastima l’impatto sui conti delle minusvalenze delle future cessioni di sofferernze, ma su una cosa ha ragione di preoccuparsi. Il clima dei tassi a zero erode i ricavi come si è visto già con le semestrali. E quel clima durerà ancora a lungo. Quel che guarda il mercato, oltre al nodo sofferenze, è proprio la questione della redditività bancaria che tiene sotto scacco il settore non solo in Italia ma in tutt’Europa. Nel migliore dei casi, anche per le banche più virtuose, gli utili prodotti in rapporto al patrimonio valgono non più del 7%. Valore che scende anche al 3-4% se si considera la media del sistema. Immobilizzare capitale che costa oltre il 10% in un investimento che rende la metà (quando va bene) non è il massimo per un gestore di fondi. Che tra l’altro sa che il tema della bassa profittabilità rischia di divenire strutturale nei prossimi anni. Il malessere sul credito ruota proprio su quest’aspetto.