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 2016  agosto 08 Lunedì calendario

“IL MIO MESTIERE SI FA PER ESSERE AMATI: OGNI ARTISTA È EGOCENTRICO”

Cinque lingue parlate, una laurea in italianistica, una quarantina di film tra cinema e televisione e la condanna di essere un’attrice senza avvertire gli effetti collaterali del mestiere: “Non sono una di quelle attrici trascinate a fondo dal male di vivere, non faccio diete, non mi trucco, non mi sono mai fatta una canna, sono astemia e non prendo psicofarmaci. Qualcuno mi ha detto: ‘Sei perfetta per la riproduzione” e io pronta gli ho risposto: ‘Scusa caro, mi hai forse scambiato per una giovenca?’”.
Dai tempi in cui questa toscana di Campi Bisenzio che al Liceo sfiorò Matteo Renzi venne premiata a Venezia con il Premio Biraghi come rivelazione della stagione è passato qualche anno. Dopo il Liceo (nello stesso istituto in cui studiava il premier) Francini frequento l’Accademia di Arte Drammatica. Conquistato un diploma, pensò che si potesse approfondire ancora: “Andai da mio padre e gli chiesi se potesse contribuire economicamente per farmi partecipare a qualche workshop: Chiara – mi disse – cerca di capire, da adesso in poi sono gli altri a doverti pagare”.
Accadde e tra un provino superato e un viaggio al seguito di Spike Lee, Vanzina, Genovesi e Fausto Brizzi, arrivò anche la progressiva conoscenza di meccanismi e liturgie del set: “Chiunque fa il mio mestiere lo fa per essere amato. Non c’è attore che non sia egocentrico, ma sul set ho imparato che per sopravvivere è importante avere buoni rapporti con tutti. Se mi vestono con un abito che non mi convince o mi truccano in maniera eccessiva, evito di protestare. Sono collaborativa. Non posso pensare di saperne di più del costumista o del truccatore”.
L’obiettivo è recitare: “Tanto di più belle di me ce n’è un miliardo” dice ricordando che per mantenere i piedi a terra, lo scetticismo della sua famiglia ebbe un peso decisivo: “A casa, i primi passi nel mondo dello spettacolo, vennero accolti con i dubbi tipici di una famiglia che ai lustrini non riconosceva lo stesso valore della concretezza. ‘Chiarina – diceva mia madre – e perché non ti metti in testa di fare la professoressa? ”.
Pur scegliendo di avere a propria volta dei maestri, da figlia unica, che fosse o meno sul palco, Francini era sorvegliata a vista: “Con preoccupazioni mal spese perché se è vero che le mie amiche ne facevano di tutti i colori, è vero anche che ero già allora ero molto responsabile”. Suo padre non si fidava: “Una volta mi accompagnò fino all’ingresso del Cocoricò. Eravamo in vacanza a Bellaria, in pensione, e papà disse: ‘ti ci porto io in discoteca’. Con gli zoccoli del Dottor Shultz ai piedi si piazzava fuori dall’uscita e aspettava che riemergessi. Quando ci incontravamo, aveva più cose da raccontare di quante non ne avessi io: ‘Chiara, non hai idea, è passato uno prima e me se voleva rimorchià’”.
Il padre di Chiara Francini, famiglia di muratori, è romano: “Lui e mia madre si incontrarono per puro caso in ospedale. Lui, responsabile di un ufficio postale, per filologia iniziò a scriverle lunghe lettere. Poi decise di passare a un gesto più impegnativo e firmò qualche cambiale per regalarle un anello. Lei scambiò il dono per un falso di poco conto e a lui, a distanza di decenni, ancora non è andata giù”.
Ora che la angosce economiche sono alle spalle, Francini ricorda le estati romane in cui i soldi non c’erano: “E come i fagottari di un tempo, con le vivande sotto i piedi, andavamo a passare le giornate a Ostia inseguendo i cavalloni per ore”. Del sole, la bianchissima Francini, si stancò in fretta: “Non lo prendo e appena fatto il bagno, quasi vestita, mi rifugio sotto l’ombrellone alla Eleonora Duse. L’estate comunque è un tempo lieto, un periodo che ti permette di tornare indietro con la nostalgia. In certi momenti sembra tutto immobile, come quando da bambina, arrivava mia madre e mi rimproverava ‘Chiara, tu fai ‘acare, sei pallida, sei cadaverica, prendili due raggi e mettitela un po’ di salute alle gote, dai retta a me, male non può farti’”.
Reduce dal Festival di Giffoni, dopo essere apparsa in Matrimoni e altre follie di Laura Muscardin e in Non dirlo al mio capo di Giulio Manfredonia nei panni di una babysitter fuori da ogni canone, a settembre Francini sarà ancora in televisione, ancora sulla Rai, nei panni di una giornalista in Piccoli segreti, grandi bugie per la regia di Fabrizio Costa nei panni di una giornalista.
Intanto, scrive un romanzo e prepara il debutto in teatro con Raoul Bova a Febbraio, in Due, diretta da Luca Miniero. Dopo tanti anni di teatro, sostiene, televisione e cinema non le restituiscono più la tensione di sbagliare che invece, su un palco, resta l’esperienza più comune a chi a un tratto si trova con la platea davanti, senza rete, senza la possibilità di dire: “Stop” per poi ricominciare: “In teatro non esiste la possibilità di fare un passo indietro. Devi andare avanti, non ci sono cazzi. E lo devi fare anche se sei emozionata, anche se la testa va da un’altra parte, anche se non ti ricordi le battute. Quel momento, il salto nel buio, a ondate, si presenta continuamente nella vita di ognuno di noi. Prima di saltare, ti sembra sempre che non sia possibile altra soluzione che precipitare nel cratere, ma è solo quando ti butti che cresci davvero”.
Tra le sue colleghe ha poche amiche: “Mi comporto bene sul lavoro, ma è difficile che nel mio tempo libero frequenti persone che fanno il mio lavoro. Ad alcune persone con cui ho lavorato voglio bene. Ma siccome vengo dalla provincia e in provincia la cattiveria è un esercizio ginnico da praticare quotidianamente, so che un conto è il plauso pubblico e il complimento forzato, altro è quel che si dice due passi più in là. Gioire degli altrui successi è molto complicato”. Meglio navigare da soli, allora, restando fedeli alle amicizie di un tempo: “La mia amica più cara è una ragazza sarda che nella vita fa tutt’altro” senza prendersi troppo sul serio: “Quando sento certi attori gonfiarsi come pavoni citando esterofili quel certo teatro di Londra mi viene da ridere, mi annoio o provo tenerezza”.
C’è un copione da seguire, anche per stare di fronte al mondo. Francini stenta a introiettarlo: “Quando sente dire a un’attrice: ‘Con le altre colleghe c’è rispetto e amore’ non si fidi. Si tirerebbero volentieri una coltellata”.
di Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 8/8/2016