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 2016  agosto 08 Lunedì calendario

PURE PESSIMI, FISSATI, ORRIBILI E ODIOSI: MA SEMPRE VIVA I LETTORI!

Odio il loro passare i pomeriggi nelle librerie-caffetterie di quartieri gentrificati a parlare col proprietario della trama, dello stile, della vita privata degli scrittori di libri. Li odio quando si aggirano per gli scaffali con quell’aria mortificata, come se stessero entrando in ciabatte da mare in un tempio scintoista, sfogliando con delicatezza le pagine di un Adelphi, rimirandone la quarta pastello come fosse la bomboniera per il matrimonio dell’infanta di Spagna. Non sopporto i loro festival, i loro amici che vanno ai festival e vincono premi, i loro amici che li perdono denunciando brogli.
Odio i lettori forti, gli amici della domenica, quelli che hanno le pareti di casa piena di copie omaggio inviate da uffici stampa, e poi se gli chiedi che ci faceva Stendhal a Civitavecchia negli anni ’30 dell’800 non lo sanno.
Mentre hanno tutti i libri famosi degli scrittori famosi delle primarie case editrici, gli uffici stampa delle case editrici più grandi e potenti sapendo a chi conviene mandare copie omaggio per eventuale tornaconto in recensioni o in (parola orrenda) passaparola, e si tratta di loro, dei lettori forti. Quelli che se in treno stai leggendo su tablet ti guardano con sdegno come se stessi giocando a Candy Crash mentre loro stanno salvano il canone occidentale. Che per il fatto che leggi su tablet ti considerano un venduto, un servo del capitale, un inetto insipiente di fragranze e di grammature che non ha mai annusato un Formiggini del ’29, un Fratelli Parenti del ’37. Mentre loro leggono solo nei contesti sacrali della lettura canonizzata e retorica i successi di classifica tenendoli tra pollice e indice come fossero le antiche tavolette della Mesopotamia, con la stessa faccia intensa di quando assaggiano vini costosi, magari dentro un sasso di Matera o nel bookshop di un museo progettato da un archistar pakistano (e invece, Henry Miller: “Ho fatto le mie migliori letture al gabinetto. Ci sono parti dell’Ulisse che possono essere lette solo lì, se si vuole coglierne appieno il contenuto”).
Poi però odiandoli mi accorgo che odio anche quelli che leggono gli e-book come fossero il generico di un farmaco costoso, perché hanno letto sui loro giornalacci che la cultura fa bene in qualunque forma venga somministrata, pure in e-pub. Odio i lettori deboli, che leggono sullo schermo di pochi centimetri, come se un libro fosse un integratore che sostituisce una cultura regolare, incuranti dell’atto rituale e carnale del leggere un libro. Odio quelli che mentre Anna Karenina mi si sta buttando sotto il treno stanno leggendo su un manuale di self help che occorre respirare col diaframma e affrontare un problema alla volta. Che mentre io mi sto gustando uno di quegli elogi dell’accumulo e dell’addizione morbosa come Una solitudine troppo rumorosa, in cui uno come me vive e muore dentro un mare grasso di libri, stanno leggendo I segreti del riordino o uno di quei ridicoli manualetti giapponesi che consigliano di buttare il superfluo.
Odio quelli che dopo che hanno finito un libraccio da quattro soldi vanno a dire la loro sui social trasformando la loffia produzione che passa il convento nel capolavoro dell’anno, quando quel che ci sarebbe da dire è che il libro gli è piaciuto perché leggerlo gli è riuscito facile, quasi fosse una funzione corporale spiacevole.
Odio quelli che recensiscono i classici su Amazon: “I Promessi sposi. Noioso, non vale i 7 euro”. E l’Amleto? “Triste. Muoiono tutti :(“. So già l’obiezione: “Quelle persone non avrebbero letto I promessi sposi e Amleto se non avessero dovuto recensirli su Amazon” e forse è così, forse nel dubbio se dare in mano Guerra e pace a un imbecille violento – perché non migliorerà, perché potrebbe tirarcelo dietro e perché, peggio, potrebbe recensirlo – meglio darglielo: quelle righe su cui sono passati i nostri occhi sono l’unica cosa che ancora ci lega.
di Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 8/8/2016