varie, 7 agosto 2016
RAGNI PER SETTE
Tra gli animali che si sono adattati a vivere in città, il ragno della famiglia Araneidae studiato a Vienna: predatore notturno capace di agire al buio, eppure sempre più propenso a scegliere luoghi vicino a lampioni e altre luci artificiali pur di costruire le sue ragnatele dove gli insetti pullulano perché attratti (Barcellona, Cds).
I ragni appartengono agli Artropodi, classe Aracnidi; sono invertebrati, e hanno il corpo composto di due parti.
I fossili di aracnidi risalgono a 400 milioni di anni fa, al periodo Devoniano, tre volte più vecchi dei dinosauri.
Finora sono state scoperte 114 famiglie di ragni, che comprendono 45.819 specie.
Il ragno Cteniza, che si costruisce trappole a botola con il coperchio rotondo. In qualche caso, dopo avere trovato una moneta, la riveste di seta e usa quella, invece di fare il solito lavoro.
Il “ragno corolla” (una varietà di aracnide che vive nel deserto della Namibia), solito sistemare con cura alcune pietre (in certi casi tre volte più pesanti di lui) in cerchio attorno all’entrata del suo nido. Scopo: intensificare le vibrazioni prodotte da una potenziale preda che si trovi a passare nei paraggi.
Per difendersi dai predatori il ragnetto mirmaracne finge di essere una formica (poiché ha otto zampe anziché sei, tiene sollevate le prime due come fossero antenne).
Il ragno più grande del mondo, il Theraposa leblondi del Sudamerica, può raggiungere 25 anni d’età, 120 grammi di peso e 12 centimetri di lunghezza (zampe escluse).
I ragni vivono in media uno o due anni. Però i ragni in cattività sono più longevi tanto che alcune tarantole sono riuscite a superare i 20 anni.
La Nephila komaci, il più grande tessitore di tele a spirale del mondo, è in grado di creare ragnatele fino a un metro di diametro.
La tela serve anche per la muta: il ragno cambia varie volte la cuticola che lo avvolge e per farlo usa appendersi al filo o creare un piccolo materasso su cui stendersi per il cambio d’abito. Lo usa anche per fingersi morto quando è in pericolo. Tuttavia lo scopo principale è la cattura delle prede.
Il filo di seta della tela è costituito da un assemblaggio di vari fili, a volte migliaia, intrecciati a formare un unico filo. Le «fibrille», come si chiamano questi singoli fili, hanno le dimensioni di un milionesimo di millimetro, e il filo che le include varia tra i 25 e i 70 micron, ovvero un milionesimo di millimetro. Resistenza incredibile: reggono 149 chili per millimetro quadrato, superiore all’acciaio.
Quando esce dalla ghiandole sericigene – sono nove diverse, a seconda del tipo di seta prodotta – il filo è liquido; si solidifica attraverso la trazione esercitata dal ragno. Un ragno crociato ne produce 20 metri per ogni tela e la costruisce tutti i giorni. Dato che gli costa molto in termini energetici, ingurgita quella vecchia, così che la nuova è composta dell’80-90 per cento della precedente.
C’è la seta per la struttura base della ragnatela, quella per disegnare le spirali e un’altra più resistente per gli ancoraggi, una forma più dura per creare i sacchi in cui raccogliere le uova e via dicendo.
Le tele sono di vari colori, dal bianco all’azzurrino.
Come i ragni tessono una ragnatela. All’inizio il ragno secerne un filamento di seta con una sostanza adesiva all’estremità. Poi, una volta che ha teso il filo tra due sostegni, lo percorre secernendo dietro di sé un secondo filo. Giunto all’estremità, balza al centro e tende il filo sotto il suo peso, formando così due dei raggi della ragnatela finale. I ragni poi sanno riparare danni imprevedibili, come quelli causati da una persona che taglia un raggio, e persino costruire ragnatele perfette in assenza di gravità. James Gould, professore di biologia dell’evoluzione alla Princeton University, nel libro L’architettura degli animali (Cortina), dice che a bordo di uno shuttle i ragni tessono le loro tele «con un atteggiamento di positiva disinvoltura».
Un ragno tesse mediamente 6,5 chilometri di ragnatela nella sua esistenza. La seta che produce è cinque volte più forte dell’acciaio e 30 volte più elastica del nylon.
Ogni ragno costruisce una tela particolare con una forma propria, tela che viene tessuta tramite le filiere, organi dell’addome da cui fuoriesce il filo di seta. I ragni ”Argiope” sono in grado di tessere incredibili ragnatele caratterizzate da motivi a zig-zag unici nel loro genere. Due ricercatori hanno rilevato, osservando dei filmati, che le ragnatele dotate di decori consentono ai ragni di catturare il 60% di prede in più rispetto alle tele tradizionali.
A ragni del genere Zilla X notata Cl. furono date in pasto mosche contenenti di volta in volta droghe diverse: sotto l’effetto dell’LSD le ragnatele apparivano elaborate e con trame tipo arabesco, mentre sotto l’effetto della caffeina esse apparivano con una trama spigolosa e con ampi spazzi vuoti; sotto effetto di hashish le ragnatele apparivano complete e funzionali solo in parte.
Il proverbio «se il ragno fa il filato, il bel tempo è assicurato» corrisponde al vero. Come molti animali, il ragno percepisce in anticipo le variazioni di pressione e umidità ed evita di faticare inutilmente per una tela che verrà poi distrutta dalla pioggia. È frequente vedere il ragno rintanarsi nel tronco di un albero poco prima di una pioggia o una grandinata, e poi uscire per rimettersi a filare la tela quando il tempo volge al bello.
Samuel Zschokke, biologo dell’università di Basilea, ha stabilito che la tecnica usata dai ragni per catturare le prede ha almeno 130 milioni di anni. Lo studioso ha trovato in un campione di ambra del Libano, datato tra 127 e 132 milioni di anni, un filo di ragnatela di 4 millimetri: a intervalli regolari si vedono gocce di colla, probabilmente capaci di rendere vischiosa la tela e permettere di catturare le prede di passaggio.
All’Università di Trento hanno irrorato alcuni aracnidi della specie Pholcidae, noti anche come ragni ballerini, con una miscela di acqua, nanotubi di carbonio e fiocchi di grafene. Molti di loro sono morti, ma i sopravvissuti hanno arricchito con questi nanoelementi sintetici la loro tela, rendendola resistente quasi 20 volte più del kevlar49. Un tessuto realizzato con questa fibra potrebbe fermare un proiettile. Inoltre, la sua estrema resistenza non compromette la duttilità della fibra che può essere tesa fino a cinque volte la sua lunghezza senza rotture.
Nel 2012, gli scienziati che lavorano per il Consorzio Forensic Genomics nei Paesi Bassi hanno prodotto una pelle umana sintetica dura come l’acciaio. Il tessuto è stata realizzato con il latte di capre geneticamente modificate e una proteina presente nella seta di un ragno. Una tecnica sviluppata da Randy Lewis, un professore di bioingegneria dell’Università dello Utah, che da 25 anni lavora per sintetizzare la seta di ragno convinto delle sue applicazioni future in settori industriali di vario genere. Le possibili applicazioni oltre i filati di base includono giubbotti antiproiettile, airbag, pneumatici e vele. Grazie anche alle sue proprietà antimicrobiche la seta è ideale per suturare le ferite, essendo anche il 50% più sottile dei normali fili medici e praticamente indenne alle rotture. Restando in ambito medico, non avendo problemi di rigetto in chirurgia, può essere utilizzata per la fabbricazione di tendini artificiali. Infine, la sua conducibilità termica è simile a quella del rame, con una densità di massa sette volte inferiore che lo rende un potenziale materiale di controllo del calore.
Le fattorie con i ragni che producono seta in batteria sono di difficile gestione, come dice Jeffrey Turner il presidente di Nexia, una società che lavora per il governo degli Stati Uniti su fibre derivate dal dna di particolari aracnidi: «Non bisogna dimenticare che i ragni sono dei carnivori territoriali, che non possono essere allevati come galline. Se chiudessimo 10 mila ragni in una stanza, dopo una settimana ne troveremmo soltanto uno: quello più cattivo».
I ragni ci vedono poco nonostante alcuni abbiano otto occhi. Percepiscono le prede così: sentono le vibrazioni della ragnatela e sanno subito se sarà un boccone grasso o magro. Se è pericoloso, il visitatore viene liberato dal ragno stesso.
E’ difficile per un ragno trovare il partner, dato che è un animale solitario. Tutta la ricerca per la riproduzione è sulle spalle dei maschi, che si accoppiano solo una volta nella loro vita, salvo poi farsi divorare dalle femmine. Hanno inventato perciò un organo copulatore che introduce lo sperma nella femmina: una siringa che si trova su ciascun palpo, organo in origine destinato alla locomozione, delle zampe, insomma.
Le femmine hanno l’orifizio nella parte addominale, dove si trovano le aperture per la respirazione, la cosiddetta plica epigastrica. Il maschio carica di sperma i bulbi genitali, che non sono collegati con l’apparato genitale. Per fecondare la femmina può compiere solo due mosse: davanti, sollevandola; oppure prendendola nella posizione dorsale. Meglio per lui la seconda: lo mette fuori dalla portata dei cheliceri della femmina.
I maschi di alcune specie, come quelle del genere Xysticus o Nephila, tessono per prudenza una tela attorno alle zampe della signora ragno, per fermarla in caso le saltasse in mente di assalirli. Altri si fanno precedere da un regalo (un insetto avvolto nel filo) e mentre la femmina è presa dal pranzo si accoppiano. Altri ancora fungono loro stessi da pranzo: si buttano volontariamente tra i cheliceri (le mandibole) di lei per essere divorati. Un sacrificio che consente alla femmina di mangiare, e quindi di essere più robusta quando depone le uova.
Il maschio del Pisaura listeri seduce la femmina offrendole in dono un piccolo insetto avvolto in un pacchetto di ragnatela. Mentre lei lo scarta, lui la penetra (gli esemplari più furbi, dopo l’amplesso, scappano col regalo per offrirlo a un’altra sposa).
I maschi della specie Argiope aurantia si tolgono la vita dopo aver fatto l’amore. Possiedono due organi riproduttivi (chiamati pedipalpi) che iniziano a gonfiarsi ad accoppiamento avvenuto in modo da incastrare i corpi degli amanti. Subito i maschi smettono di rispondere a ogni stimolo, perdono coscienza e allungano le zampe lungo il corpo, come se fossero morti. Alla fine il decesso sopraggiunge davvero, ma a quel punto la femmina non può più liberarsi del cadavere per almeno 15 minuti. Secondo gli studiosi, l’agonia del maschio dura giusto il tempo che serve agli spermatozoi per raggiungere l’ovulo e fecondarlo, impedendo che altri maschi si uniscano con la sua compagna.
Il maschio della specie Nephilengys malabarensis, un ragno che abita il Sud-est asiatico, rispetto alla femmina è minuscolo (5 millimetri contro 1,5 centimetri). Dopo l’accoppiamento deve difendere la sua conquista da altri pretendenti e non ha trovato modo migliore che staccarsi i testicoli e mangiarseli. Liberato dal loro peso combatterà più agilmente e con maggiore aggressività.
All’università di Bonn hanno scoperto molte femmine di ragno vespa con una sorta di cintura di castità. Dopo l’accoppiamento la femmina uccide il maschio che nell’80 per cento dei casi, mentre tenta di liberarsi, rompe la punta del suo organo sessuale e la lascia all’interno del corpo della femmina. In questo modo non può più essere fecondata da altri maschi.
Il ragno dal dorso rosso australiano (Latrodectus hasselti) dedica anche otto ore a corteggiare la femmina porgendole fili della propria ragnatela. Quando inizia l’accoppiamento, il maschio rotola sulle pinze di lei e quella comincia a mangiarlo: l’unione va avanti, anche se la femmina lo sta divorando. A volte il maschio si allontana di poco, poi riprende a corteggiarla e si accoppia con lei una seconda volta, rotolando di nuovo sulle sue pinze: quando il secondo accoppiamento finisce il maschio è ormai morto.
Il ragno saltatore appartiene alla famiglia dei Salticidi, che si differenzia da tutte le altre famiglie di aracnidi: non fabbrica ragnatele (al massimo qualche filo di sicurezza per i salti nel vuoto più rischiosi), e sfoggia una livrea dai colori violenti (verdi, rossi, azzurri, da soli o mescolati insieme), mentre la maggior parte dei ragni ha tonalità poco appariscenti. I salticidi inoltre ci vedono benissimo (anche a una distanza equivalente a trenta volte la lunghezza del loro corpo, di 3-17 millimetri), mentre di solito i ragni sono miopi, sebbene posseggano ben quattro paia di occhi. E’ appunto a causa della loro miopia che i ragni comuni, quelli che tessono la tela, non sono buoni cacciatori: se non tendessero la trappola, rischierebbero di morire di fame. I saltigradi invece sono cacciatori abilissimi, la vista acuta li rende praticamente infallibili nel colpire il bersaglio. Procedono a salti, generalmente di 5 o 6 centimetri, ma possono raggiungere anche i 20.
Il ragno saltatore Habronattus conquista la compagna danzando. In più, unisce ai movimenti una canzone. Per produrre la «musica» sfregano diverse parti del corpo fra loro o le scuotono velocemente e tamburellano sul terreno. Il frutto di tanta complessa attività non è però percepibile dall’orecchio umano e per studiarlo gli scienziati registrano le vibrazioni provocate da questi movimenti nel terreno e poi le converte in suoni udibili.
Trecento milioni di anni fa alcuni scorpioni erano grandi come una Smart.
Nel mondo ci sono 200 ragni velenosi.
La “latrodectus mactans”, ossia la vedova nera americana, uno dei ragni più velenosi e pericolosi, così chiamata perché dopo l’accoppiamento ha l’abitudine di far fuori il consorte in pochi bocconi: elegante, lucida, nerissima, con zampe lunghe e sottili e corpo piccolo e tondo, sull’addome una decorazione rosso fuoco a forma di clessidra. La vedova nera europea, invece, sull’addome ha tredici gocce rosse (per questo il suo nome latino è “Latrodectus tredecimguttatus”) e viene detta “malmignatta”: pur essendo molto temuta, è meno pericolosa e solo raramente mortale.
Un morso di vedova nera può causare forti dolori e spasmi muscolari a chi lo riceve. Il veleno, di colore marrone, degrada i tessuti producendo una ferita simile a una cancrena. Il ragno con la ragnatela cosiddetta "a imbuto" secerne un veleno che provoca tremori, aumento della pressione arteriosa e vomito. I veleni di altri ragni bucano la membrana cellulare, portando alla morte cellulare.
Ricercatori dell’università federale di Madras, in Brasile, hanno scoperto che il morso di Phoneutria nigriventer, aracnide tropicale che si nasconde nei caschi di banane, causa negli uomini, fra l’altro, una dolorosa erezione che si prolunga per alcune ore. Gli scienziati hanno analizzato il veleno del ragno in cui sono presenti due tossine - la PnTx2-6 e la PnPP-19 - che si sono dimostrate capaci di aumentare la produzione di ossido nitrico, un vasodilatatore fondamentale per l’erezione e la sua durata. I ricercatori hanno quindi prodotto in laboratorio una versione sintetica delle tossine, testandole sui topi. Si è osservato così che mentre la PnTx2-6 aveva effetti negativi sul cuore, favorendo l’insufficienza cardiaca, la PnPP-19 stimolava l’erezione senza effetti collaterali. Ora la sostanza dovrà ora essere sperimentata sull’uomo, per l’eventuale messa a punto di nuovi farmaci di origine naturale contro la disfunzione erettile.
Inghiottendo un ragno velenoso non si muore. Chistopher Buddle, esperto di aracnidi della McGill University di Montreal, in Canada: «Per avvelenarci, un ragno inghiottito dovrebbe morderci mentre scende lungo l’esofago, e non credo che ne avrebbe il tempo. Sicuramente, una volta arrivato allo stomaco, i succhi gastrici lo neutralizzerebbero del tutto». Buddle specifica che esistono ragni velenosi - che cioè producono veleno con cui uccidono le prede - ma non ne esistono di tossici, capaci cioè di avvelenare chi entri in contatto con loro (ingerendoli, toccandoli ecc.). Anche tra i ragni velenosi sono pochissime le specie davvero pericolose per l’uomo, come la vedova nera o il ragno ereita marrone. Tuttavia, spiega Buddle, gli aracnidi non sono particolarmente aggressivi con l’uomo: lo mordono solo se colti di sorpresa, specie se sono già compressi in uno spazio stretto (il classico caso dell’esploratore che al risveglio nella giungla mette il piede in una scarpa già occupata da un ragno). «Se un ragno si avventura nella bocca di una persona addormentata, con ogni probabilità se ne andrà via. A meno che la persona in questione non abbia già inghiottito parecchi altri insetti... in questo caso il ragno potrebbe trattenersi per il pranzo».
«Prima lavoravo con una tarantola, ma i ragni sono molto timorosi. Una sera le si è impigliata una zampa nei miei capelli e, presa dal panico, mi ha morso. Non è stato bello. Il suo morso non è mortale. Ma dà necrosi» (un fachiro inglese).
I ragni Scytodes, detti anche ragni sputatori, dotati di un’enorme ghiandola del veleno che secerne tossine nella sua parte frontale, mentre in quella posteriore produce una sostanza appiccicosa come colla. Quando la preda è a portata di lancio, a circa due centimetri e mezzo, viene investita dallo spruzzo di due getti di liquido a zig zag, che la incollano al terreno paralizzandola.
Roderick MacKinnon, vincitore nel 2003 del Premio Nobel per la Chimica, ha usato il veleno dello scorpione e della tarantola per decifrare la struttura e la funzione dei canali ionici del potassio nelle cellule. I canali ionici sono condotti simili a cancelli che direzionano la trasmissione degli impulsi elettrici nelle cellule. Poiché la loro apertura e chiusura nella membrana della cellula controlla l’ingresso di potassio, calcio, sodio e ioni cloruro, i canali e i loro recettori agiscono come interruttori che rendono effettivi o meno un pensiero, un battito del cuore, un respiro o un’alzata di sopracciglio. Le tossine della tarantola sono in grado di stimolare i recettori per tenere aperto un cancello, nell’equivalente neurologico di una sovratensione elettrica, oppure per chiuderlo con forza, nell’equivalente di un black out. Un cancello guasto provoca condizioni che vanno dall’intorpidimento alla paralisi totale da un lato, e dalle contrazioni muscolari fino alle convulsioni dall’altro. Il medesimo malfunzionamento può provocare alta pressione sanguigna, aritmia cardiaca o epilessia.
Nel Settecento, si credeva che un ragno vivo, messo in un guscio di noce o in un sacchetto di tela, appeso al collo con una cordicella, fosse un buon rimedio per itterizia, pertosse e febbre.
Abitudine degli Yanomami (membri di una piccola tribù indiana) di mangiare grandi quantità di ragni, stanati dai buchi fra le radici delle piante, catturati e abbrustoliti sul fuoco. Alcuni capitribù li considerano un piatto «molto gustoso e prelibato, utile a guarir dall’influenza».
Gli a-ping, ragni grandi come una mano in vendita in Cambogia a pochi centesimi l’uno. I mercanti al dettaglio assicurano di riuscire a piazzarne anche duecento al giorno: fritti con l’aglio nell’olio bollente finché non prendono una consistenza cremosa, oltre ad avere un sapore molto apprezzato sembra siano ottimi contro raffreddore e mal di schiena (una volta pestati e fatti macerare nel liquore di riso).
Il ragno Cosmophasis bitaeniata, che si nutre esclusivamente di formiche Oecophylla smaragdina, non solo assomiglia alla sua preda ma, secondo un nuovo studio, profuma di ”casa”. Quest’aracnide vive in una singola colonia di formiche per tutta la vita, e il biologo Mark Elgar dell’Università di Melbourne, in Australia, ha scoperto che possiede proprio l’odore del nido in cui si trova. Servono altre ricerche per capire se l’odore è conseguenza del fatto che l’aracnide si ciba di formiche o se invece deriva da un suo adattamento reale.
Alcuni ricercatori statunitensi hanno scoperto che i ragni bolas americani sono in grado di attirare le falene di cui si nutrono producendo lo stesso tipo di feromoni sessuali. Inoltre sono capaci di cambiare profumo nel corso della notte, per attirare le varie specie, attive in orari diversi. Per cacciare le prede, i bolas non tessono una vera e propria ragnatela, ma un semplice filo tra due ostacoli, su cui si mettono in attesa: sotto di loro fanno dondolare un altro pezzo di seta dall’estremità appiccicosa. Mentre attende la preda, il ragno inizia a produrre sostanze chimiche che imitano i feromoni femminili delle falene. Le varie specie di ragno catturano diversi tipi di falene: il ragno americano "Mastophora hutchinsoni" si nutre di Tetanolita mynesalis e di Lacinipolia renigera. Le due specie volano in diverse orari notturni, una prima delle 22.30 e l’altra dopo le 23.00. Kenneth Haynes, dell’Università del Kentucky e i suoi colleghi, hanno provato a influenzare l’orologio biologico delle falene, rendendole attive in periodi della notte diversi dagli abituali. Si è visto così che esse sono comunque attirate dal ragno, che emette le varie sostanze, solo in proporzioni diverse a seconda dell’ora.
Aneddoto raccontato dal veterinario Oscar Grazioli nel libro Quello che gli animali non dico¬no: «Ricordo, an¬cor oggi, la telefonata di un signore di Trieste che, qual¬che anno fa, mi chiedeva un consulto per un ragno che, a suo dire, non stava bene. Nella mia vasta biblioteca scientifica avevo alcuni arti¬coli, inglesi soprattutto, sul¬le principali malattie dei ra¬gni e avrei forse potuto esser¬gli d’aiuto.Una volta appura¬to che si trattava di una Lyco¬sa raptoria brasiliana, dota¬ta di un caratterino nervoset¬to e di un potentissimo vele¬no, manifestai all’amabile interlocutore un grande rammarico per la mia totale incompetenza in quel cam¬po, e declinai l’invito. Mi rin¬graziò molto quando gli for¬nii l’indirizzo di un veterina¬rio britannico che aveva scritto alcuni articoli sulla patologia dei ragni.
Era già pronto a partire per Londra».
Oprah Winfrey e Justin Timberlake hanno paura dei ragni
Stephen King è terrorizzato dai ragni.
Primo Levi racconta di una delle sue notti più angosciose. È in campagna e ha nove anni. Sente un ticchettio e accende la luce: un ragno nero sta scendendo dal comodino da notte. Chiama aiuto terrorizzato, arriva la domestica e lo schiaccia. Ne scrive in Paura dei ragni, dove s’interroga sul perché della sua reazione.
Levi racconta che la sua fobia per i ragni gli è nata da un’incisione di Dorè, dove appare Aracne, nel canto XII del Purgatorio. La fanciulla si trasforma in ragna: sei braccia pelose e due braccia umane.
Levi ha dedicato alla «ragna», la femmina, una poesia, un dialogo e l’articolo «Paura dei ragni», oltre a varie citazioni sparse nelle sue opere. Lo scrittore e chimico torinese è rimasto affascinato dalla loro attività riproduttiva, in cui aleggia il tema del cannibalismo.
«Come il ragno / costruisco con niente, / lo sputo, la polvere, / un po’ di geometria» (Leonardo Sinisgalli, poeta).