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 2016  agosto 06 Sabato calendario

TAGLIA 42, LA PROGIONE DELLE DONNE

La polemica sul presunto sovrappeso dell’aspirante miss Italia Vanessa Valli avrebbe assai divertito la compianta sociologa marocchina Fatima Mernissi, che nel celebre saggio del 2000 «L’harem e l’occidente» equiparò con una lieve forzatura l’obbligo al velo della donna musulmana alla coercizione della taglia 42 per quella occidentale. Allora le femministe si divisero tra chi condivideva l’invettiva contro la dittatura del «modello anoressico» e chi rifiutava il parallelo tra la dottrina religiosa e i pur deprecabili stereotipi estetici. Sono passati quasi vent’anni, durante i quali i più accorti tra gli stilisti hanno sondato la domanda, dalle taglie forti al costume «integrale» detto burkini. Il tema però continua a far discutere e, complice la pervasività dei social network, finisce per trascinare nel dibattito anche quante (e quanti) in cuor loro proverebbero un vivo quanto sacrosanto disinteresse.
Il punto infatti non è solo che in assenza della specifica categoria «curvy» la pur mozzafiato Valli sarebbe stata esclusa dal concorso di bellezza a causa della sua 44: ammessa e non concessa la rilevanza del titolo di reginetta, si vive, e benone, anche senza. Il punto è piuttosto che un milione di battaglie per l’emancipazione femminile nel nome della rivoluzionaria Olympe de Gouges ci hanno portato a testa alta nel nuovo millennio ma non sono ancora riuscite a vaccinarci dai condizionamenti esterni.
È terribile che i più noti marchi di abbigliamento persistano nel voler colonizzare l’inconscio femminile con modelle filiformi alla Twiggy in barba agli allarmi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui i disturbi alimentari rappresentano la seconda causa di morte per le adolescenti dopo gli incidenti stradali. Ma seppure il mercato ci vorrebbe tutte uguali siamo pur sempre noi a pagare e dunque a scegliere. Quando alcune settimane fa la 25enne britannica Ruth Clemens non è riuscita ad entrare in un paio di jeans H&M spacciati per taglia 48 nonostante lei fosse una 46 ha postato su Facebook il suo selfie «strizzato» nel camerino del negozio e ha costretto l’azienda a scusarsi pubblicamente per i pantaloni «irrealisticamente piccoli» promettendo provvedimenti. Pochi giorni prima, con una petizione su Change.org, la giovane spagnola Anna Riera aveva messo all’indice i manichini troppo magri di Zara ottenendo che il gruppo li eliminasse in blocco dalle vetrine. Può darsi che la polemica su Vanessa Valli, ritenuta «formosa» ancorché assolutamente normale, accenda un nuovo riflettore sui diktat del pensiero estetico unico.
Il gusto cambia con le epoche e con le culture. Abbiamo conosciuto le donne scheletriche di Egon Schiele e quelle tonde di Botero, Sophia Loren e Kate Moss, siamo state bersagliate dal modello pettoruto delle ragazze del «Drive In» prima di quello emaciato delle modelle degli anni 2000, ma in molte abbiamo anche voluto studiare per assomigliare a Marie Curie. Il punto, e la vera conquista, è che a scegliere alla fine siamo noi. Il jeans - 42, 44 o 50 - è mio e lo gestisco io.