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 2016  agosto 05 Venerdì calendario

LA MORTE DEL LEADER ONU E IL COMPLOTTO CIA

Diciotto settembre 1961. Piena Guerra fredda, che si giocava anche sul terreno della decolonizzazione africana. Il segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld decollò con altre 15 persone dalla capitale congolese Léopoldville (oggi Kinshasa) verso il campo d’aviazione di Ndola, nell’allora protettorato britannico della Northern Rhodesia (oggi Zambia) per negoziare un cessate il fuoco.
Non arrivò mai, il Douglas DC-6 si schiantò nella giungla in fase d’atterraggio. La circostanza ha suscitato decenni di congetture, sospetti, teorie complottistiche, nonché inchieste e libri che hanno messo in dubbio la tesi dell’incidente, avanzandone altre, in particolare quella di un complotto ordito dalla Cia. Nel mistero alimentato dall’assenza di prove su quel che accadde, qualcosa sembra finalmente emergere, tanto da indurre l’odierno successore Ban Ki Moon (in scadenza di mandato a dicembre) a disporre la riapertura del caso. La notizia arriva da fonti diplomatiche, e viene motivata con l’apparizione di nuovi documenti forniti dalle autorità sudafricane. Farebbero riferimento proprio all’“Operazione Celeste” dell’intelligence statunitense, emersa in alcune carte già consegnate da Pretoria nel 1998. Si trattava però di fotocopie, quindi di dubbia autenticità, mentre ora sarebbero apparsi gli originali.
Il movente sarebbe nella posta del conflitto esploso in quelle settimane nell’area. Scontri coinvolsero i Caschi Blu con le milizie di Moïse Tshombe, che perorava l’indipendenza della provincia del Katanga (ricca di risorse minerarie, incluso l’uranio, necessario all’atomica) dal neonato Congo, in vista di un riavvicinamento all’ex madrepatria, il Belgio. Tale sviluppo era gradito anche agli Stati Uniti, in funzione di contenimento anti-sovietico, ma non al 55enne diplomatico svedese, che pur era entrato in precedenza in collisione con Mosca. La nuova indagine Onu dovrebbe essere ufficializzata il mese prossimo, e affidata al magistrato tanzaniano Othman, già nominato l’anno scorso a capo di un gruppo di esperti sulla vicenda. Non è giunto finora ad alcuna conclusione certa, ma avrebbe avuto quantomeno il merito di aprire qualche breccia nel muro di gomma dei servizi nazionali. Erano altri tempi, forse. In ogni caso lambiscono anche la storia italiana. In quelle stesse ore e nella stessa provincia secessionista, fu ferito a morte in un attacco ai militari italiani il caporale infermiere Raffaele Soru. Sempre in Congo, pochi giorni dopo e nell’ambito della medesima missione Onu, si consumò l’eccidio di Kindu, dove furono ben 13 i soldati connazionali uccisi. In circostanze, anche lì, mai chiarite del tutto.
di Alessandro Cisilin, il Fatto Quotidiano 5/8/2016