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 2016  agosto 04 Giovedì calendario

SULLA MENZOGNA– Non voglio pretendere che al giorno d’oggi si insegni a mentire addirittura sui banchi di scuola, cioè che si insegni a emulare l’atteggiamento e la mimica facciale, i gesti e l’inflessione di chi sa efficacemente esprimere il contrario della verità con convincente forza di persuasione

SULLA MENZOGNA– Non voglio pretendere che al giorno d’oggi si insegni a mentire addirittura sui banchi di scuola, cioè che si insegni a emulare l’atteggiamento e la mimica facciale, i gesti e l’inflessione di chi sa efficacemente esprimere il contrario della verità con convincente forza di persuasione. Non mi aspetto certo che nell’ambito di un’innovativa riforma scolastica ben ponderata si arrivi a tanto, perché anche io faccio parte di una cerchia di persone che condivide idee piuttosto all’antica e apprezzo e onoro la cosiddetta verità. Ma riesco bene a immaginare che in due o tre decenni si arriverà ad attribuire all’uso della menzogna nella vita pratica persino il valore di uno strumento da cui non si può prescindere, che per questa stessa ragione è assolutamente irreprensibile e il cui corretto e appropriato uso deve essere appreso in modo sistematico e con metodo scientifico. La menzogna intesa come materia di studio obbligatoria, accessibile a tutti; una faccenda di diligente applicazione e zelo indefesso, e non più privilegio dei pochi che sono dotati di un particolare talento naturale per quest’arte. Sarebbe proprio questo il perfetto riscatto morale e sociale di un mezzo finora messo al bando per ragioni strettamente democratiche. Così facendo, per la pedagogia dei nuovi tempi sembrerebbe aprirsi una via che, per ragioni misteriose, finora non si è voluto intraprendere. Non vi è mai venuto in mente quale irresponsabile spreco di vita sia e quanto sia scolasticamente estraneo alle necessità del momento, il fatto che nelle scuole – e anche in quelle più evolute – ancora non sia contemplata come materia di studio, la disciplina che potrebbe essere denominata Scienze di vita pratica? Che uno che fin dalla più tenera infanzia abbia imparato la radice quadrata di 2, la legge di Mariotte- Gay-Lussac, la durata del pontificato di Gregorio Magno, ma solo dopo innumerevoli esperimenti, solo una volta raggiunto il quarantesimo anno di vita e con le sue sole forze spirituali arrivi a capire a quali mezzi, metodi dialettici, criteri di giudizio e piccoli trucchi debba ricorrere per litigare con sua moglie? Giovane amico che stai compilando un’importante opera di sociologia, immagina, tu ti avvicini a un influente mecenate. Varchi la soglia del suo studio, sicuro del significato, dell’altezza delle tue aspirazioni, dell’eccellenza del tuo contributo. Ma, guarda un po’! La tua affettazione scivola in un meschino strisciante servilismo, la tua voce, rotta dal respiro affannoso, perde la giusta impostazione, la profondità di tono necessaria. I tuoi gesti sono poco incisivi e ancor meno convincenti. In poche parole, non sei assolutamente nelle condizioni di presentarti, di dare una forma credibile alle tue richieste, sei affascinato anzi posseduto dal movimento magnificamente ampio con il quale il tuo potente destino ti domina, al punto da infilarsi persino nel microfono e, mentre fai una pausa, ti perdi ad analizzare, nei tuoi pensieri, la natura di questa grandezza, invece di tenere a bada le tue stesse macchinazioni. Nervosismo? No, amico mio. Incompetenza! Ignoranza! Avresti dovuto imparare a farlo… Dove?… Questo è il punto… Non è forse profondamente umiliante, anzi persino inspiegabile, che nell’epoca degli studi scientifici sulla réclame, dei test professionali di psicologia sperimentale e di tutte le altre americaneggianti conquiste della scienza per gestire la vita senza complicazioni, ogni singolo individuo sia ancora costretto a elaborare da solo i piccoli trucchi necessari alla vita di tutti i giorni, a sprecare quarant’anni nel modo più scellerato, per imparare quello che una didattica organizzata sistematicamente potrebbe trasmettergli in uno solo: un paio di inflessioni, di frasi, di movimenti delle braccia e qualche drappeggio fisiognomico. Perché certo lui se ne sta lì, gonfio di esperienza di vita, come vengono pomposamente definite queste ridicole e al tempo stesso indispensabili futilità, con quella malvagità che non risparmia al novizio alcun ostacolo, nemmeno il minimo fallimento. Veramente, come nel Medioevo, questa barbosa confraternita di vita si lascia andare a oscure allusioni, profezie foriere di sventura e si dà delle arie, profondendosi in ammonimenti, invece di fondare ex novo allo stesso scopo una scuola fresca fresca dove insegnare ai giovani in modo vivo e stimolante tutti questi imbrogli. Quanto tempo si risparmierebbe! Quanta energia vitale si guadagnerebbe! Con che facilità si giungerebbe alla sistematizzazione di questa nuova scienza, che ha a che fare con la fisiognomica, con la tipologia umana, con un po’ di teoria dei conflitti, con le lezioni di recitazione e gli esercizi di vocalizzi. «Oggi ci occuperemo dell’indignazione », dirà l’insegnante ai suoi allievi in un futuro non troppo lontano – vogliamo sperare. «Dell’indignazione e dei tre modi in cui può essere espressa, dopo che nelle ultime ore abbiamo imparato come si reagisca all’adulazione più 38 Billy wilder ruffiana. Lederer, ripeta brevemente quanto ha appena imparato! »… E Lederer si farà avanti e, a soli diciassette anni, eseguirà con formidabile coerenza, senza alcuna difficoltà ed esitazione, quella combinazione di otto o dieci parole e relativi gesti che noi a quaranta formuliamo a stento, ogni volta da capo, balbettando… «Molto bene, Lederer! – dirà l’insegnante, – La voce dovrebbe essere solo un po’ più bassa. Il movimento delle mani verso il pavimento ancora più accentuato e il tutto dovrebbe durare qualche secondo di più». E si passerà ai tre modi per esprimere l’indignazione, alla tecnica del saluto, all’atteggiamento sprezzante, alle relazioni con le autorità, per poi concludere brillantemente nell’ultimo trimestre di corso con il difficilissimo ma importante capitolo dell’autopromozione.