di Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 3/8/2016, 3 agosto 2016
LO STRAPPO CON BALLARÒ IN NOME DI MATTEO
Il volto di Luca Mazzà, destinato alla direzione del Tg3, non è noto. Il suo mantra, invece, è scolpito negli uffici di viale Mazzini e negli studi di Saxa Rubra: “Mi scusi, ma perché critica il governo di Matteo Renzi?”. Questa è la tipica domanda (supplica) che Mazzà, vicedirettore di Rai3 addetto alla sorveglianza dei programmi, rivolgeva agli ospiti che osavano dubitare degli effetti taumaturgici dell’esecutivo renziano. Anche la gestualità era famosa durante l’esame ai discoli: braccia dritte sui fianchi, maniere cortesi, sguardo premuroso. Finché non s’è arreso. Quando ha scoperto che un paio di trasmissioni di Rai3 – soprattutto Ballarò di Massimo Giannini – non erano abbastanza renziane per il manuale di deontologia secondo Mazzà. Il problema è risolto e pure rimosso. Adesso può tornare.
Con notevole anticipo, in autunno, il vicedirettore di RaiTre ha rinunciato all’incarico di Ballarò per presunti contrasti con il giornalista. Nient’altro che una tattica per marcare la distanza da Giannini e riscuotere in futuro il sostegno di Palazzo Chigi. Il futuro è arrivato.
Per un’intera stagione, Mazzà ha tentato di imporre a Giannini l’encomio renziano: controllava i servizi di politica, suggeriva di interpellare esponenti dem, applicava la par condicio in onore di Matteo anche nei periodi estivi. E poi ha sfruttato un pretesto per abbandonare Ballarò nel girone dei dannati. Per difendere il servizio pubblico e per sottrarre Ballarò all’incessante linciaggio mediatico, il conduttore ha risposto con un editoriale al giudizio di Renzi che, in pratica, invitava i telespettatori a non guardare l’informazione di Rai3 e La7: “L’ennesima replica di Rambo fa più ascolti di Ballarò e Dimartedì”, anatema pronunciato dal pulpito della sede dem.
Anziché confermare la fiducia a Giannini, l’abile Mazzà l’ha accusato di utilizzare la televisione pubblica per esigenze private. Come se un dirigente Rai fosse legato al governo renziano e non all’azienda di viale Mazzini. Così Andrea Vianello, il capo di Rai3, amico fraterno, l’ha trasferito su Agorà. Una mansione temporanea, perché Mazzà chiedeva con insistenza la promozione ai vertici di Rai Parlamento. Daria Bignardi, successore di Vianello, l’ha accontentato. Per Mazzà c’è sempre un’occasione per ricominciare. Un’inopinata occasione.
Quando la Berlinguer ha assunto la direzione del Tg3, sette anni fa, Mazzà era il caporedattore dell’economia. Un mese e mezzo di prova, e via di corsa a Rai Sport.
All’insaputa di Matteo Renzi, che giura e spergiura di non interferire nelle strategie di viale Mazzini e dunque nei giorni delle nomine emigra in Brasile per le Olimpiadi, i renziani espugnano il fortino del Tg3 e issano la bandiera Mazzà, mentre la Berlinguer aspetta una promessa che l’azienda non potrà mantenere (un programma) e Giannini e Ballarò sono scomparsi dai palinsesti. Neanche l’ottimista Luca Mazzà può credere all’ultimo gioco di prestigio di Renzi.
di Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 3/8/2016