Giangavino Sulas, Oggi 3/8/2016, 3 agosto 2016
«NON MOLLERÒ MAI FINO ALLA FINE». LA GRINTA DI BOSETTI
Bergamo, agosto
«L’innocenza non si vende, non si compra e non si tratta. L’innocenza è unica e basta, non è trattabile in nessun altro modo».
In una lettera inviata dal carcere all’autore di questo articolo, Massimo Bossetti mostra, a sorpresa, una grande voglia di combattere fino in fondo per la sua innocenza e sembra far capire che qualcuno gli abbia chiesto di “vendere” la sua innocenza scaricando su altri le sue responsabilità. E tornano in mente le parole di Claudio Salvagni, uno dei suoi difensori: «Gli hanno chiesto persino di accusare un morto». Con la postilla dell’avvocato Paolo Camporini: «Non possiamo dire altro. Ce la giochiamo in Appello».
È IN PRIGIONE DA PIÙ DI DUE ANNI
Bossetti è in carcere da due anni e due mesi per l’omicidio di Yara Gambirasio e ad alcune settimane dalla sentenza all’ergastolo del 1° luglio ci scrive una lettera dove traspare l’amarezza per l’esito del processo e anche la convinzione che, su quello che è successo «ho una risposta ben chiara ma ormai me la tengo».
Il suo, però, non è un messaggio di disperata rassegnazione. Pare di intuire che il muratore bergamasco coltivi un barlume di speranza. Non a caso aggiunge subito dopo: «Sarà ancora dura per me ma a un innocente non è permesso di crollare».
Questa rinnovata voglia di combattere contrasta profondamente con lo scoramento espresso in un’altra lettera pubblicata in esclusiva su Oggi nel maggio scorso, nella quale Bossetti neanche troppo velatamente esprimeva intenzioni suicide. Come mai l’ergastolo non l’ha ulteriormente abbattuto? Forse si è convinto che il lavoro, mai interrotto, dei suoi difensori e di un gruppo di amici possa portare a nuovi elementi a sua discolpa. Magari a qualcuno, che, vinto dal rimorso, possa raccontare un’altra verità.
In attesa delle motivazioni della sentenza di primo grado, pronte probabilmente per la fine di settembre, nessuno, fra gli amici e i familiari, ha abbandonato Bossetti. E si è rivelata una autentica invenzione o una notizia pilotata ad arte quella secondo la quale era stato stato trasferito nel carcere di Lecce con urgenza, partendo all’alba dall’aeroporto di Venezia, perché a Bergamo la sua vita era in pericolo. Nel carcere di via Gleno, dove in oltre due anni non ha mai subito un atto di violenza o minacce, non solo non gli è successo niente ma, anche dopo la sentenza, ha ricevuto numerosi attestati di solidarietà.
LEGGE, SCRIVE, PREGA E GUARDA LA TV
Bossetti trascorre le sue giornate leggendo, guardando la tv, scrivendo, prendendo il sole appena può uscire all’aria, aspettando le visite della moglie, dei figli, della mamma, della sorella e del fratello. Prega e si appoggia molto a don Fausto Resmini, il cappellano che è stato un sostegno molto importante per lui nelle settimane di maggior sconforto. Quando sembrava che stesse per cedere alla disperazione.
Ha scritto a Oggi anche per questo. Non solo per ribadire la sua innocenza ma per far sapere ai familiari e agli amici che gli sono stati vicini in questi due anni di aver superato un periodo critico durante il quale è stato molto vicino alla depressione e di aver deciso di lottare fino in fondo per dimostrare che non è stato lui a uccidere Yara: «Sono deluso e amareggiato di fronte a tutta questa ingiustizia… Pensavo a una sentenza di assoluzione… Mi vergogno altamente di essere italiano ma resto molto fiero di non aver venduto la mia innocenza», scrive. E aggiunge: «Abbraccerò e sosterrò con forza, dignità, sempre a testa alta questa pesante ingiusta mia croce e soprattutto non mollerò mai fino alla fine ma la porterò con molto coraggio, quel coraggio che mai potrà venire a mancare agli innocenti».
«Vostro guerriero Massy»: così si è firmato. Per fugare ogni dubbio.
Giangavino Sulas, Oggi 3/8/2016