il Fatto Quotidiano 30/7/2016, 30 luglio 2016
POLITICI E ALTRI DISASTRI. LULA INCRIMINATO ALLA VIGILIA DELLA FESTA
La Giustizia Federale di Brasilia, ha ricevuto ieri mattina dal Supremo tribunale federale denuncia contro l’ex presidente Inacio Lula da Silva e l’ex senatore a Delcidio de Amaral per tentativo d’ostruzione dell’inchiesta “Lava Jato” che indaga sulle tangenti della Petrobras, la società petrolifera di Stato. Secondo fonti di stampa, la giustizia federale ha accettato la denuncia e ha incriminato Lula e altre 12 persone colpevoli di tentativo di corruzione. Lula avrebbe tentato di comprare il silenzio dell’ex direttore della Petrobras Nestor Cerveró. La denuncia è stata emessa dal Procuratore generale della Repubblica Rodrigo Janot. Ieri sera non era ancora chiaro se l’ex presidente sarebbe stato arrestato.
Pochi giorni fa Inácio Lula da Silva e la presidente Dilma Rousseff, hanno fatto sapere che non andranno all’apertura dei Giochi. Il presidente interino Michel Temer non sarà solo, ma saranno pochi i capi di Stato stranieri e soprattutto i politici brasiliani che lo accompagneranno all’apertura di queste Olimpiadi divenute il simbolo del sogno di sviluppo brasiliano evaporato negli scandali e dentro una crisi che logora la democrazia.
Il governo Temer, dopo avere scalzato il Pt, il Partito dos Trabalhadores, al potere da 14 anni, mostra sempre più l’incapacità di reagire alla crisi economica, ma soprattutto a quella politica e sociale. Il Parlamento non avanza con le riforme e il ministro delle Finanze Meirelles ha iniziato a intaccare le riserve valutarie in dollari per far fronte alla spesa pubblica. Temer non fa miracoli e difficilmente potrà farli, giacché l’impeachment, anzi, come sostengono milioni di brasiliani, il coup d’état parlamentare, avrebbe portato sì al governo Temer, ma assieme alla solita configurazione politica già presente nel governo Rousseff.
L’unica differenza è che al posto del Pt e dei piccoli partiti della sinistra, c’è l’opposizione, formata dal neoliberale Psdb, il partito di Cardoso che ha perso l’elezione presidenziale e generale del 2014.
A parte i profondi tagli del governo fatti alla spesa pubblica, i partiti al governo non trovano accordi necessari per iniziare un new deal e ridare slancio al Paese, ormai sempre più in balia del malcontento popolare che cresce sempre più a causa dei licenziamenti, l’inflazione e la corruzione della classe governativa.
I brasiliani che erano scesi in strada per appoggiare l’impeachment, si sono uniti oggi a quelli che rigettano il presidente interino e vorrebbero elezioni anticipate. Secondo i sondaggi Ipsus, il 52% dell’elettorato vuole le urne, poiché lo vede come l’unica maniera per uscire dall’impasse della politica che paralizza il Paese. Sarà difficile che questo possa accadere. Solo il Parlamento potrà proclamare nuove elezioni e i suoi deputati, in maggioranza coinvolti negli scandali e con problemi giudiziari, non vorranno rinunciare all’immunità parlamentare.
Qualcosa, però, accade nel backstage di Brasilia, perché, oltre alle Olimpiadi, si avvicina anche la data in cui il Senato voterà se allontanare definitivamente Rousseff. La votazione dovrebbe avvenire a fine agosto.
“Volta Dilma” è lo slogan usato da chi si augura il ritorno della presidente. È difficile fare dei pronostici, tutto indica che Temer rimarrà al governo, ma, stranamente, i formatori d’opinione della stampa brasiliana, persino quella notoriamente di destra e asservita ai partiti al potere, mostrano segnali che l’ex guerrigliera potrebbe tornare alla presidenza. Intanto Lula fa campagna per la probabile candidatura alla presidenza nel 2018.
Temer, ma anche il presidente del Senato, Renan Calheiros, l’ex presidente della Camera Eduardo Cunha, l’ex presidente della pianificazione, Romero Jucá, il leader del Psdb, Aécio Neves e per finire l’ex presidente José Sarney, la potente eminenza grigia del Pmdb, sono tutti finiti nel mirino dei magistrati della Lava Jato.
Il silenzio generale di questi giorni non è dovuto a una pax olimpica, ma potrebbe essere il preludio di un accordo politico di chi rischia grosso, se si materializzeranno le minacce dell’evangelico Cunha, il quale ha detto che spiffererà i segreti di Brasilia se verrà espulso dalla Camera.
il Fatto Quotidiano 30/7/2016