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 2016  agosto 02 Martedì calendario

SUSO: «MILAN, FIDATI DI ME»

Vincenzo Montella evidentemente non è un allenatore rancoroso. Se lo fosse, difficilmente avrebbe dato una maglia da titolare fisso a un giocatore che tre mesi fa ha preso a schiaffi la sua Samp nel derby, creandogli la frattura probabilmente definitiva col club. Oppure la possiamo vedere da un’altra angolatura: è anche grazie agli schiaffi di quel giocatore se oggi Montella allena il Milan. Suso, il picchiatore, se la ride nel ricordare la sua doppietta in quella partita, e scherza: «Quando al Milan è arrivato Montella, credevo mi avrebbe mandato a casa...». Quello di Suso – mirabile sintesi di Jesús Joaquín Fernández Sáez de la Torre – è un sorriso ritrovato. Tre partite, tre volte dal primo minuto, due gol che ne fanno il miglior marcatore estivo rossonero. Un ruolo da protagonista che al Milan non ha mai avuto. Il suo cammino è fatto di pochi spiccioli e tantissime panchine: 8 presenze, 4 delle quali partendo da fuori, e nessun gol tra gennaio del 2015, quando Galliani lo prelevò dal Liverpool, e gennaio di quest’anno, quando è stato ceduto in prestito al Genoa. Lì è stata tutta un’altra storia (19 presenze, 6 reti), che ricorda molto quella di Niang: spazio, fiducia, l’ambiente giusto per fare bene. E la cura Gasperini, che ha funzionato ancora. Suso è tornato più forte nello spirito e più maturo sul campo. E ora questo 22enne dal sinistro raffinato che nel 2012 ha vinto l’Europeo U19, e a 15 anni fu portato a Liverpool da Benitez in persona, stregato dal suo talento, ha un unico obiettivo: dimostrare che in questo Milan può essere protagonista. Che Montella non si è sbagliato quando, come pare, ha espresso alla società la volontà di tenerlo con sé. In altre parole: che il tempo delle comparsate - e quello dei prestiti - è finito. Quando parla, le due parole chiave che ricorrono spesso sono «confienza» e «pelota»: fiducia e pallone. Al momento li ha entrambi.

Suso, comunque andrà sarà un’estate da ricordare: è l’anno della svolta?

«Me lo auguro. Sento che quest’anno è diverso perché sono migliorato. Sto lavorando forte, ancora più forte perché capisco che questo può essere il momento decisivo della mia carriera. Anche se siamo all’inizio, mi piace sapere di essere il capocannoniere della squadra, perché mi piace essere importante. E’ qualcosa che può arrivare solo con il lavoro, e io lavoro molto».

Ci voleva Montella per vederla in campo con continuità?

«Quando sono arrivato nel 2015 non stavo benissimo fisicamente e dovevo ambientarmi, ci stava che Inzaghi mi tenesse un po’ fuori. Quello che non capisco è come mai è successo anche nei primi sei mesi della scorsa stagione. Ne ho parlato con il club e mi è stato risposto che nei miei confronti non c’erano preclusioni, però ho continuato a far panchina. A Mihajlovic non ho mai chiesto nulla, lui non mi ha mai dato spiegazioni. Mi sono sempre allenato bene, ma non giocavo. Comunque io non sono uno che fa casino se non gioca, sapevo che sarebbe arrivato il mio momento».

A rimetterla in piedi ci ha pensato Gasperini.

«Sono andato al Genoa per dimostrare a tutti, me compreso, che sono all’altezza di vestire la maglia del Milan. Che ho le qualità per farlo. Gasperini è un grandissimo, mi è piaciuto molto».

Il gioco di Montella parrebbe perfetto per le sue qualità.

«E’ vero, a lui piace che si giochi il pallone, il possesso palla, e per un club come il Milan è una filosofia importante. Se teniamo la palla fra i piedi, per gli avversari diventa difficile. Lui mi piace perché è molto “spagnolo” in questo».

Che effetto le fa sentire la stima dell’allenatore?

«Una bella sensazione. Io ho solo bisogno di fiducia e continuità. Questa è la chiave. Chiedo soltanto di giocare più minuti possibili e con questo tecnico sento che il mio momento sta arrivando».

Messaggio all’allenatore recapitato. Ne ha uno per il club?

«Certo. Il Milan può puntare su di me, perché sono maturato a sufficienza per poterlo dire e mi sono sempre preso le mie responsabilità. Ho sempre detto che voglio questo club, il mio desiderio è restare per fare qualcosa di importante. Basta con i prestiti».

Se dovesse scegliere fra un club di prima grandezza in cui non è certo del posto e un altro di seconda fascia in cui è sicuro di giocare, che cosa farebbe?

«Sarò molto onesto: alla mia età conta giocare. Se poi posso farlo al Milan, che è un top club, allora è tutto perfetto».

Ogni tanto ha qualche rimpianto per aver lasciato il Liverpool?

«Ero in scadenza, e la loro proposta di rinnovo per me non andava bene. Di certo è stato un posto speciale, ci sono arrivato che ero ragazzino, mi sembrava un sogno. Se sono al Milan è grazie a loro, comunque ho fatto la scelta giusta nel venire in Italia».

Uno spagnolo che adora la Serie A non capita tutti i giorni.

«Quello italiano non è un torneo di basso livello. E’ un campionato difficile, specialmente per un attaccante. Il più difficile in Europa. Basta guardare cosa è successo all’Europeo...».

Andiamo un attimo in Spagna: Messi o Ronaldo?

«Messi, il fenomeno vero è lui. E’ il giocatore a cui cerco di ispirarmi. Mi piace molto anche Hazard del Chelsea».

Qual è il suo pregio migliore?

«Vedo bene la porta. Magari passo dieci minuti senza toccare palla, ma se mi arriva come e dove dico io, è gol sicuro».

Difetti?

«Devo migliorare nella continuità nell’arco della stessa partita. Imparare a stare sempre nel vivo del gioco».

Al Milan ha segnato soltanto in gare non ufficiali: quanto le manca il gol?

«Non è un assillo. Se non segno e la squadra vince, va benone. Mi basta avere continuità».

Questa l’avevamo già sentita. Ma qual è il suo obiettivo.

«Essere un punto fermo del Milan».
Avevamo già sentito anche questa, ma ripeterlo non guasta.