Fl. Pom., Il Messaggero 31/7/2016, 31 luglio 2016
E KARL KRAUS SVELÒ LA FEROCIA DEL MALE
Probabilmente si sarebbe perfino divertito che il suo pamphlet contro il nazismo, La terza notte di Valpurga (a cura di Paola Sorge per le edizioni Clichy, pagine 443, 12), sia stato presentato dalla curatrice, con Anna Foa e Lucio Villari, a Roma, alla Casa di Goethe, a 80 anni dalla sua morte, avvenuta a Vienna il 12 giugno 1936. E avrebbe trovato esilarante che il suo testo, pietra miliare dell’antinazismo, sia stato pubblicato contemporaneamente al Mein Kampf, venduto quale gadget di un quotidiano, una conferma postuma del disprezzo di Kraus per i giornali.
ATTUALITÀ
Di certo il suo saggio non ha mai perso attualità, come dimostrano le follie oscurantiste del terrore integralista, il continuo emergere di governi totalitari, e la toccante visita del Papa, l’altro giorno ad Auschwitz.
Karl Kraus è nato a Jiin nella Boemia austro-ungarica, nel 1874, da una famiglia di ebrei benestanti. Il padre, imprenditore, si trasferisce a Vienna nel 1877, che diviene il suo destino. Impensabile Vienna, la Vienna di Francesco Giuseppe, senza la sferzante ironia satirica di Kraus e inimmaginabile lui senza i caffè e i teatri della capitale, senza quell’atmosfera irripetibile creata dalla simbiosi ebraico-tedesca, quella di Schnitzler, di Freud e tanti altri, da Mahler a Wittgenstein, ma anche quella di un feroce antisemitismo.
SPIRITO INQUIETO
Fin da giovane Kraus è uno spirito inquieto, sempre in lotta. Lui ebreo polemizza aspramente sia con la psicoanalisi di Freud sia con il fondatore del sionismo Theodor Herzl, firma prestigiosa della Neue Freie Presse l’autorevole quotidiano della Mitteleuropa. Kraus, straordinario scrittore di aforismi, ne dedica alcuni particolarmente acuminati ai giornalisti: «Come viene governato il mondo e come viene condotto alla guerra? Dei diplomatici ingannano dei giornalisti e ci credono quando poi leggono il giornale».Una annotazione che non ha perso la sua tragica attualità.
Questa satira ironica si raffina con i suoi detti e contraddetti imperdibili: «Un aforisma non ha bisogno di essere vero, ma deve scavalcare la verità. Con un passo solo deve saltarla». E Kraus la salta con la sua tecnica geniale, quella della citazione dalla stampa e dalle dichiarazioni ufficiali dei governi e degli stati maggiori.
È così che nasce un’opera ciclopica Gli ultimi giorni dell’umanità. Tragedia in cinque atti con prologo ed epilogo, con 220 scene, in 700 pagine (pubblicata in Italia da Adelphi). Scritta durante la guerra, pubblicata nel 1922, la tragedia rappresenta un monumentale atto di accusa alle classi dominanti - principalmente quella asburgica e quella tedesca - accecate dal delirio di onnipotenza. Ogni scena del dramma parte dalla realtà effettuale per approdare a un pessimismo radicale. La parabola di una umanità allo sbaraglio rivela l’intima trasformazione del pensiero krausiano che dall’iniziale conservatorismo illuminato giunge a una sorprendente apertura democratica, lo stesso percorso intrapreso in quegli stessi anni autonomamente da Thomas Mann e Hermann Hesse.
All’inizio del secolo uno scetticismo elitario caratterizza il suo atteggiamento: «Confessiamolo una buona volta a noi stessi che da quando l’umanità ha introdotto i Diritti dell’Uomo si fa una vita da cani». E ancora con reminiscenze goethiane osserva: «Il progresso importuna la natura e dice di averla conquistata, avendo scoperto morale e macchine per portar via la natura alla natura e all’uomo». Il mito antiprogressista di una natura intatta è quello che innerva tutta la sua concezione della donna e dell’eros contro la doppiezza perbenista giungendo fino alla comprensione della prostituzione, condannata ipocritamente nelle prime pagine dei giornali, ma ospitata negli annunci pubblicitari.
DISPERAZIONE
Ma laddove il paradosso si fa amaro e disperato è proprio nella sua ultima opera, La terza notte di Valpurga, contro la follia nazista, che riprende le due notti dello scatenamento diabolico, rappresentate nel Faust goethiano. Il saggio viene parzialmente pubblicato (lo sarà integralmente solo nel 1952) nella celebre rivista Die Fackel che Kraus diresse per 37 anni, suo organo personale contro la stampa di regime, contro la corruzione, il moralismo e infine contro il nazismo e i suoi falsi avversari.
Dal 1911 se la scrisse da solo fino alla morte: 30.000 pagine, che esaltarono i giovani del tempo come Elias Canetti, che ben comprese la grandezza di Kraus, voce estrema di una cultura - quella ebraico-tedesca - travolta definitivamente dalla terza notte di Valpurga nazista, che segnò il requiem della cultura tedesca.
Marino Freschi, Il Messaggero 31/7/2016