Valeria Pacelli, il Fatto Quotidiano 31/7/2016, 31 luglio 2016
IL GIUDICE BARBERA SI DIFENDE BALLANDO SULLA PRESCRIZIONE
Il professor Augusto Barbera, il primo caso noto di un giudice costituzionale che siede alla Consulta da indagato, non ha rinunciato alla prescrizione. A mesi di distanza dalla chiusura dell’inchiesta – che da Bari è arrivata per competenza a Roma dove è iscritto per corruzione – almeno per ora Barbera non ha depositato la rinuncia a godere della prescrizione (che potrebbe arrivare già a settembre), neanche dopo esser stato interrogato, giorni fa, dai pm capitolini.
L’indagine, rivelata dal Fatto Quotidiano, riguarda i concorsi universitari di Diritto pubblico che si sono tenuti tra il 2008 e il 2010 e che secondo i magistrati di Bari erano “truccati”. Come spesso avviene, “dovevano” passare i candidati appoggiati da questo o quel professore. In un filone di questa inchiesta Barbera è accusato di aver esercitato pressioni per favorire il candidato Federico Pizzetti, figlio di Francesco, ex Garante della Privacy.
L’accusa di corruzione non ha nulla a che vedere con vantaggi di tipo economico, poiché il costituzionalista ed ex parlamentare del Pci, poi Ds, non ha mai ricevuto né ipotizzato di ricevere denaro. Il presunto do ut des corruttivo, piuttosto, avrebbe riguardato possibili “scambi”: Tizio avrebbe sostenuto il candidato di Caio e viceversa. Un’accusa questa che Barbera ha sempre respinto: “La Procura di Roma ha semplicemente ripreso un’ipotesi di corruzione formulata dalla Procura di Bari, che, a sua volta, l’aveva ripresa da un’informativa della polizia giudiziaria”, aveva spiegato il suo legale, l’avvocato Filippo Sgubbi. “Il professor Barbera – continuava il legale in una nota – è totalmente estraneo a questa vicenda, come del resto dimostrato dalla sua non partecipazione ai concorsi oggetto di indagine: egli, infatti, non era componente di nessuna delle commissioni dei concorsi”. .
Tra alcune settimane, quindi, sarà la Procura di Roma a decidere che direzione dare all’inchiesta: se chiedere al gip il rinvio a giudizio o l’archiviazione per il giudice costituzionale e gli altri indagati. Nel primo caso, in base a una delle interpretazioni possibili di vecchie norme mai modificate, per poter chiedere il processo del giudice costituzionale, il gup dovrà chiedere l’autorizzazione a procedere alla stessa Corte costituzionale, quindi a Barbera e ai suoi colleghi. Il giudice però ha già detto di rinunciare a questo privilegio e quindi chiederà ai suoi colleghi – nel caso dovesse accadere – di concedere una eventuale autorizzazione al gip. Per la prescrizione evidentemente è un’altra storia.
Dopo gli imbarazzi iniziali per le notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano sulla sua vicenda giudiziaria, Barbera è tornato al suo lavoro. Mentre all’inizio aveva deciso, per motivi di opportunità, di non presenziare alle udienze a causa della questione giudiziaria in via di definizione, era presente in un’udienza del 5 luglio scorso, quando la Corte ha deciso su due ricorsi della Regione Veneto.
Ma al di là di come vada a finire il procedimento penale, la vicenda che coinvolge il giudice costituzionale ha anche un carattere di opportunità politica, che affonda le radici proprio nei giorni delle elezioni alla Consulta, avvenute dopo ben 32 fumate nere. Barbera viene nominato, portato dal Pd ma anche con i voti del Movimento 5 Stelle, il 16 dicembre 2015. In realtà già sapeva da un anno di essere coinvolto nell’inchiesta sui presunti concorsi truccati. Infatti il 18 dicembre del 2014 si era presentato in Procura a Bari, con un avvocato, per rendere spontanee dichiarazioni. In quell’occasione i pm gli fecero anche eleggere domicilio. È questo un atto, come dice l’articolo 161 del codice di procedura penale, che riguarda “la persona sottoposta alle indagini o l’imputato non detenuto né internato”.
Passa un anno e Barbera viene nominato anche con l’appoggio dei 5Stelle, rimasti senza candidata: la costituzionalista Silvia Niccolai, anche lei inquisita nella stessa indagine a differenza del collega, scrive una lettera per invitare i parlamentari a scegliere un altro candidato (che sarà Franco Modugno).
A dicembre scorso, Barbera disse di essere sotto indagine? Il Pd sapeva che il giudice che volevano alla Consulta era accusato di corruzione? Il Fatto, in un editoriale dell’8 giugno, ha posto la stessa domanda al premier Matteo Renzi. A distanza di quasi due mesi non abbiamo avuto alcuna risposta. Mentre il giudice – superato l’imbarazzo iniziale per l’inchiesta – è tornato al suo lavoro.
di Valeria Pacelli, il Fatto Quotidiano 31/7/2016