Simone Battaggia, La Gazzetta dello Sport 1/8/2016, 1 agosto 2016
IL RECORD PIU’ FOLLE: TUFFO DA 7.620 METRI SENZA PARACADUTE
Quando glielo proposero la prima volta si mise a ridere. «No, grazie ma no. Ho una moglie, un figlio e una vita da vivere». Il problema è che la vita di Luke Aikins è, da sempre, votata all’estremo. Il nonno era stato paracadutista. Il papà era stato paracadutista. La moglie che si è scelto, è paracadutista. E anche lui, in 42 anni, ci ha sempre dato dentro: diciottomila lanci nel vuoto collezionati in 25 anni, un centro di skydiving da gestire con la famiglia vicino a Tacoma, alle porte di Seattle. Certo, faceva un bel po’ di differenza il fatto che questa volta gli avessero chiesto di buttarsi senza paracadute, ma Luke non poteva mettersela via così. Per due settimane si sarebbe svegliato di soprassalto in piena notte, scosso sempre dalla stessa domanda. «Se me l’hanno chiesto, perché devo credere che sia impossibile?».
Dopo mesi e mesi di preparazione e di allenamento, sabato Luke ha dimostrato che si può fare. Si è buttato da un aeroplano salito a 7.620 metri, sopra una zona desertica del Sud della California, insieme a tre compagni. Aveva addosso una maschera d’ossigeno e un Gps, una trasmittente audio. E nessuno strumento che potesse rallentarne l’accelerazione. Per realizzare l’impresa – meglio, per sopravvivere – doveva centrare una specie di rete da peschereccio quadrata, 30 metri per 30, ancorata da quattro gru a un’altezza di 60 metri. Sulla tenuta del gigantesco materassone, Luke si sentiva evidentemente sicuro, nonostante qualche mese prima avesse visto un manichino da 91 kg sfondarla. «Beh, i test li facciamo apposta, no?» aveva detto, ancora pallido, rompendo il gelido silenzio dei collaboratori che aveva attorno.
Sabato Fox tv ha costruito uno show di quattro ore, ma il volo di Aikins è durato due minuti. A 4.500 metri dal suolo si è tolto la maschera ad ossigeno e l’ha data al cugino. A 1.500 metri, il cugino e gli altri due accompagnatori l’hanno lasciato solo, aprendo il loro paracadute. Prima di salire sull’aeroplano, Luke aveva ceduto alla tentazione di portare con sé una piccola vela d’emergenza, da aprire se fosse andato in panico. Sapeva benissimo, però, che lo strumento avrebbe potuto ferirlo al momento dell’impatto. Non si scherza, con una forza di 3.9 G. Così all’ultimo aveva deciso di non metterselo addosso e di fare affidamento soltanto sul suo coraggio, sull’addestramento e sulle apparecchiature a disposizione. I «beep» della trasmittente gli indicavano le quote che, via via, si abbassavano. Per centrare la rete poteva contare sul Gps e sul sistema aeroportuale «Papi»: luci rosse lungo il perimetro della rete quadrata, una luce verde al centro, che si attivavano nel momento in cui Luke si trovava sulla perpendicolare di ciascuna. Visti dal cielo, quei segnali gli dicevano «fuochino, fuochino, fuoco». E lui, a 193 km all’ora, poteva soltanto nuotare nell’aria, muovere i piedi e le braccia per spostarsi un po’ più in là e accendere le luci giuste. Ma c’era un ultimo aspetto da sistemare, il più difficile di tutti, quello che più l’aveva preoccupato e impegnato durante i lanci di prova. Per non spezzarsi le braccia, le gambe o il collo, Aikins sapeva di dover impattare la rete di schiena, e in posizione rannicchiata. Per farlo, però, doveva girarsi, e girarsi al momento giusto, abbastanza presto per completare la manovra, abbastanza tardi per poter puntare al centro della rete con la maggiore precisione possibile e limitare al massimo lo spostamento di traiettoria che un movimento del genere avrebbe inevitabilmente provocato. Doveva farlo a poche centinaia di metri dalla rete. Lo spazio per poco più di un battito di ciglia, a 200 km all’ora.
Luke ce l’ha fatta. Ha centrato la rete e la rete l’ha accolto, tenendolo appeso a una decina di metri da terra. Aveva le mani dietro la testa, come fosse su una gigantesca amaca. Poi è stato riportato a terra, ha mostrato il pugno, ha dato il cinque al medico e ha abbracciato la moglie Monica e il figlio Logan. «Mi sembrava di levitare. È incredibile. La mia vita è sempre stata fatta di aria, aviazione, voli, salti e cose del genere», ha detto. E la notte, questa volta, ha dormito sereno.