Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  luglio 30 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - I MUSULMANI A MESSA REPUBBLICA.IT PARIGI - Un messaggio di pace, solidarietà e compassione unirà domenica prossima gli islamici e i cristiani di Francia e Italia, i membri dell’Istituto di Alti Studi Islamici (Ihei), in segno di sostegno alle vittime degli atti di terrorismo di Rouen e Nizza prenderanno parte alla celebrazione della messa, domenica prossima, nelle cattedrali e nelle chiese di Parigi, Lione, Marsiglia, Gap, Embrun, Rennes, Lille, Perpignan e Tolone e hanno invitato gli altri fedeli musulmani a fare altrettanto

APPUNTI PER GAZZETTA - I MUSULMANI A MESSA REPUBBLICA.IT PARIGI - Un messaggio di pace, solidarietà e compassione unirà domenica prossima gli islamici e i cristiani di Francia e Italia, i membri dell’Istituto di Alti Studi Islamici (Ihei), in segno di sostegno alle vittime degli atti di terrorismo di Rouen e Nizza prenderanno parte alla celebrazione della messa, domenica prossima, nelle cattedrali e nelle chiese di Parigi, Lione, Marsiglia, Gap, Embrun, Rennes, Lille, Perpignan e Tolone e hanno invitato gli altri fedeli musulmani a fare altrettanto. L’appello "è un gesto enorme, mette fuori gioco chi vuole dividere, chi vuole una strategia del terrore", ha dichiarato il portavoce Cei, don Ivan Maffeis. Il presidente Bagnasco aveva chiesto un segno, di far sentire la loro voce" perché "la strada non sono i muri" ed "è arrivato". "Le religioni vogliono la pace - ha proseguito don Maffeis -, lo ha ricordato il Papa all’indomani dei tanti attentati, a Parigi, a Nizza, a Rouen. Ha detto che il mondo è in guerra ma che non è una guerra di religione. E anche la Chiesa italiana ha sottolineato che non fa propria né una logica di chiusura né di vendetta. La posizione della Chiesa è chiara ma non scontata" e non riceve plausi da tutti. Per il portavoce della Chiesa italiana occorre accogliere il suo invito a "non alzare barriere, muri. Lo vediamo questi giorni a Cracovia dove i controlli sono strettissimi. Ma non può essere questo il futuro, non può essere che sia impossibile andare tranquillamente a prendere un gelato sul lungomare di Nizza". Saint-Etienne-du-Rouvray: musulmani rendono omaggio a padre Hamel Condividi I delegati della Coreis (Comunità religiosa islamica) porteranno al vescovo e al parroco nelle chiese di Roma, Milano, Novara, Genova, Verona, Sondrio, Ventimiglia, Brescia, Vicenza, Fermo, Siena, Piacenza, Brindisi, Palermo e Agrigento. "Ci sembra fondamentale in questo momento drammatico dare con questo saluto dei musulmani d’Italia un segno concreto di profondo rispetto della sacralità dei riti, dei ministri e dei luoghi di culto del Cristianesimo dove i fedeli e i cittadini ricevono le benedizioni della comunione spirituale", ha detto la Coreis condividendo la presa di posizione dell’Istituto di Alti Studi Islamici (Ihei) che ha espresso il proprio sgomento di fronte al "barbaro omicidio" contro padre Jacques Hamel a Rouen a pochi giorni dall’attacco di Nizza. La Coreis (Comunità Religiosa Islamica) Italiana "sostiene e condivide pienamente la presa di posizione espressa nel comunicato dell’Ihei, organo che partecipa attivamente alle concertazioni con il ministero dell’Interno della Repubblica Francese, e darà seguito anche in Italia a questa iniziativa di testimonianza di fratellanza spirituale: domenica 31 luglio - annuncia una nota - prima della Santa Messa, delegati della Coreis porteranno il saluto in chiesa al vescovo e al parroco nelle seguenti città: Roma, Milano, Novara, Genova, Verona, Sondrio, Ventimiglia, Brescia, Vicenza, Fermo, Siena, Piacenza, Brindisi, Palermo e Agrigento". Anche dalla Chiesa arriva il sostegno a questa iniziativa: "Sarebbe una cosa grande" scrive in un commento su Avvenire Marina Corradi. "Se anche solo uno su dieci dei cinque milioni di islamici che vivono in Francia rispondesse all’appello del Consiglio francese per il culto musulmano e domenica si recasse in una chiesa, nell’ora della Messa, in segno di solidarietà dopo Rouen, sarebbe davvero una cosa grande. Tanto grande che, abituati come siamo al cinismo e al pessimismo, quasi fatichiamo a crederci. Davvero gli islamici di Francia sapranno seguire l’invito e si spingeranno nelle chiese, in segno di solidarietà e compassione, così recita il comunicato del Cfcm, per il vile omicidio di un sacerdote? Domenica vedremo". Per il quotidiano della Cei già l’appello è comunque un segno, un "invito a un gesto corale" contro quella che il giornale definisce "una minoranza aggressiva". La sepoltura negata di Kermiche. Sempre oggi la comunità musulmana di Saint-Etienne-du-Rouvray ha negato la sepoltura nel cimitero della città a Adel Kermiche, uno dei killer di padre Jacques Hamel "per non sporcare l’Islam". Lo rivela il sito Le Parisien che riporta le parole di Mohammed Karabila, imam della moschea situata sulle alture della città: "Quello che ha fatto questo giovane è sporco. Non macchieremo l’Islam con quella persona", ha detto. "Non parteciperemo né alla toilette mortuaria né alla sepoltura" nel caso in cui venga richiesto dalla famiglia, ha aggiunto. LEGGI Rouen, i buchi della sicurezza: i due killer erano schedati Le indagine sull’attacco di Rouen. Un 19enne è stato formalmente incriminato e messo in custodia per "associazione a delinquere terrorista" nell’ambito delle indagine sull’attacco alla chiesa. Secondo quanto rivelano i media francesi, un video di uno degli assassini del sacerdote era stato trovato a casa sua tre giorni prima dell’attacco. In particolare il filmato mostra una persona fortemente somigliante ad Abdel Malik Petitjean che presta fedeltà al gruppo dello Stato islamico e parla di "azione violenta". Il giovane era stato fermato il 25 luglio, il giorno prima dell’attacco, nell’ambito di un’indagine del servizio di intelligence. Tra le tre persone ancora detenute ci sono: un minore sotto i 16 anni, suo fratello è partito nel 2015 per l’Iraq o la Siria con i documenti di Adel Kermiche; un francese di 30 anni, che fa parte della cerchia familiare del secondo assassino, Abdel Malik Petitjean; e un richiedente asilo siriano 22enne fermato ieri nel dipartimento francese dell’Allier. IL COMUNICATO DELL’ISTITUTO PER GLI ALTYI STUDI ISLAMICI Communiqué de presse Les membres de l’Institut des Hautes Etudes Islamiques font part de leur plus vive émotion face au meurtre barbare dont a été victime le Père Jacques Hamel, à Saint Etienne du Rouvray, quelques jours après l’odieux attentat de Nice. Toute notre compassion et nos prières vont à la mémoire du Père Jacques Hamel, de toutes les victimes et de leurs familles. Nous, musulmans et citoyens français, réaffirmons avec force le caractère sacré et inviolable de la vie, et rejetons sans concession toute forme de violence, qu’elle soit physique ou verbale. Nous condamnons avec la plus grande fermeté ces actes de terrorisme qui, en dénaturant profondément le message de l’islam, cherchent à semer le doute et la division au sein de notre communauté nationale. Les musulmans français se sentent au contraire partie prenante avec toutes les composantes de la société laïque et des autres religions, pour œuvrer à l’édification d’une société pacifiée, plus juste et plus sereine. A l’heure où certains en appellent encore au choc des civilisations, un véritable effort intellectuel et spirituel, dans un esprit de reconnaissance réciproque, est devenu, plus que jamais, indispensable. C’est à cet effort que sont appelés, non seulement tous les croyants et croyantes, quelle que soit leur confession ou leur conviction, mais aussi tous les hommes et les femmes de « bonne volonté ». Ces événements tragiques nous rappellent encore plus la nécessité d’œuvrer dans ce sens. C’est dans cet perspective de connaissance authentique et de concorde que l’Institut des Hautes Études Islamiques entend poursuivre son action, avec ses frères et sœurs des autres traditions religieuses et avec toutes les composantes de la société en France et en Europe. En témoignage de leur soutien, ils s’associeront à la célébration dominicale de dimanche 31 juillet, dans les cathédrales et églises de Paris, Lyon, Marseille, Gap, Embrun, Rennes, Lille, Perpignan, et Toulon. Créé en 1994 à l’initiative d’un groupe d’intellectuels français musulmans, l’Institut des Hautes Etudes Islamiques a vocation à : Faciliter la connaissance de l’islam, à travers cours, conférences et expositions, faire connaître à tous les publics le patrimoine spirituel, intellectuel et culturel de la civilisation islamique, en participant notamment aux débats contemporains à l’intérieur du monde musulman. Participer au débat citoyen dans la société française, en assurant une fonction d’interface avec les administrations publiques, les médias, le monde de la recherche et de l’éducation et la société civile. Inciter au dialogue interculturel, en travaillant en partenariat avec les instituts musulmans et les mosquées, promouvant le dialogue international des cultures et des religions, en particulier avec les juifs et les chrétiens. ELISABETTA ROSASPINA SUL CORRIERE DI STAMATTINA DALLA NOSTRA INVIATA PARIGI Ci saranno. Forse non molti, forse defilati nei banchi più in fondo, forse soltanto per pochi minuti. Ma domani, nelle chiese cattoliche francesi, i musulmani ci saranno. Restituiranno simbolicamente, così, la visita del parroco di Saint-Étienne-du-Rouvray, Auguste Moanda, ieri alla moschea locale: «Sì, è stata una buona idea da parte del presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Anouar Kbibech, di esortarci a partecipare alla messa di domenica, in segno di solidarietà e compassione per il lutto dei cattolici», approva Slimane Nadour, responsabile della Comunicazione dell’Istituto musulmano della Moschea di Parigi. «Del resto il Consiglio comprende la Federazione della Grande moschea di Parigi, cui sono affiliate altre duecento moschee. Alle quali — ricorda Nadour — è stato chiesto, fin da mercoledì scorso, di ricordare nei sermoni del venerdì la figura di questo sacerdote di 86 anni, vilmente assassinato: inconcepibile uccidere un uomo di Dio! Un hadith del Profeta dice: se un musulmano uccide un cristiano lo ritroverà di fronte a sé nel giorno del Giudizio». Ma Kbibech ha chiesto ai musulmani un gesto senza precedenti: assistere alle messe della domenica, di questa domenica, la prima dal feroce assassinio di padre Jacques Hamel. Risponderà davvero all’appello la comunità musulmana? Slimane Nadour si stringe nelle spalle: «Spero di sì. Ma devo dire che mi sarebbe piaciuto che l’invito arrivasse dal cardinale di Parigi. Immagini se l’arcivescovo André Vingt-Trois chiamasse alla preghiera cattolica tutte le comunità religiose: protestanti, musulmani e anche buddisti. Una grande preghiera ecumenica nella cattedrale di Notre-Dame-de-Paris! Sarebbe una dimostrazione di unità nazionale, cui potrebbero partecipare naturalmente anche gli atei. Non credere non è una colpa. La fede non è un obbligo, è piuttosto una grazia, e non è concessa a tutti». All’ingresso della Grande moschea di Parigi, pochi minuti prima della terza preghiera del venerdì, l’Al-Asr delle 18 e 05, quattro militari in mimetica, mitragliette al fianco, si schierano come d’abitudine ai lati della scalinata e dell’aiuola dirimpetto, dove alcune mendicanti nordafricane, velate e accovacciate, sperano in qualche spicciolo di «zakat», l’elemosina prescritta dal Corano. I fedeli arrivano a piccoli gruppi o da soli per il rito pomeridiano, meno affollato della Grande preghiera festiva delle 13 e 58. Nessuno fa più caso agli angeli custodi armati, con i loro baschi neri e i rayban scuri: piantonano ecumenicamente chiese, moschee e sinagoghe da ormai più di un anno e mezzo, a Parigi, dopo i tre giorni di sangue iniziati il 7 gennaio del 2015 con il massacro della redazione di Charlie Hébdo . Meryem, il foulard azzurro stretto sotto il mento e un lungo mantello blu, scivola fuori dalla Grande moschea prima della fine della preghiera: «No, non sapevo di questa iniziativa — si stupisce —. Andare domenica in una chiesa cristiana? Non so. Io non abito a Parigi. Però, sì, ci penserò», promette. Senza velo, un bimbetto per mano, un’altra giovane donna esce con passo veloce e il volto rabbuiato: «Sì, certo che sono musulmana — risponde un po’ brusca —. Oh sì, è un’ottima idea quella di andare a pregare con i cattolici, domenica. Però bisogna farla finita con questa ipocrisia!». Quale ipocrisia? «Non mi hanno permesso di entrare, perché dicono che non sono vestita decentemente — è arrabbiata Nora, maestra elementare, un camicione che copre, fin quasi al ginocchio, i legging beige chiaro —. Io sono algerina, cabila e sono arrivata in Francia all’età che ora ha mio figlio, dieci anni. Volevo fargli visitare la moschea, sono stata trattata come fossi il diavolo. C’era un altro signore, accanto al sorvegliante arabo, che mi ha detto in lingua cabila: non prendertela sorella, torna un’altra volta. Forse che in chiesa mi avrebbero vietato di entrare vestita così?». Intende tentare l’esperimento domenica? «Sì, volentieri. Ma per me non sarà una novità. La bisnonna di mio figlio era cristiana. E io mi ritengo laica». Fatima, una cinquantenne magra e rigorosamente velata è perplessa: «Tengo la tivù accesa sui notiziari, ma senza audio — sorride —, non ho sentito l’invito ad andare alla messa cattolica. Se è una forma di solidarietà, perché no?». Andrà? «Inshallah! Se Dio vuole». BERIZZI SU REPUBBLICA NAZIONALE - 30 luglio 2016 CERCA 1 di 52 30/7/2016 allarme terrorismo Il racconto. La comunità islamica di Saint-Étienne-de-Rouvray ha risposto all’appello della moschea . “Il nostro abbraccio a padre Jacques è un messaggio: i predicatori di odio non vinceranno” I musulmani nella chiesa profanata “Preghiamo insieme contro i barbari” PAOLO BERIZZI DAL NOSTRO INVIATO SAINT-ÉTIENNE-DE-ROUVRAY HASSAN tiene per mano il figlio che ha quattro anni. Indossano la stessa tunica bianca con il colletto rigido e dei ricami celesti. In testa la taqiyah, il cappellino cilindrico da preghiera musulmano. Si avvicinano al tappeto di fiori e biglietti e candele disteso a terra in memoria di padre Jacques e posano due rose fasciate con un nastro semplice fatto di corda. «Appoggiale lì!, e fa’ attenzione a non calpestare», raccomanda il padre. Alle quattro del pomeriggio il sagrato della chiesetta normanna di Saint-Étienne si riempie di fedeli islamici, uomini, donne, bambini, ragazzi, imam. Mai visti così tanti musulmani in pellegrinaggio dinanzi a un edificio cristiano. E che effetto vederli pregare: di venerdì, poi. Il giorno più importante nel calendario delle pratiche liturgiche e devoziali dell’Islam. Il capo inclinato verso il basso, qui in perfetto silenzio fino al timido applauso - rito tipicamente occidentale, ormai applicato anche alle cerimonie funebri e di commemorazione - che sale adagio in fondo al minuto di silenzio. Silenzio perché dietro quel portone di legno chiuso e protetto dalle inferriate e dei nastri della polizia un sacerdote è stato sgozzato da due “soldati dell’Is”. «Ho spiegato a mio figlio che cosa è successo, che cosa è l’-I-slam e chi sono questi barbari che si dicono islamici ma non lo sono». Hassan Oubassour, nato in Marocco, difende la Francia. Non è una metafora: è militare di professione, alpino e atleta per l’esercito, corre maratone e dice che la sua corsa oggi è qui, nella Saint-Étienne dove vive con la moglie e i tre figli, nella città bagnata dal sangue dove centinaia dei 7 mila (su 30 mila abitanti) musulmani hanno risposto all’appello della moschea Yahya. È il cuore pulsante dell’Islam e forse è un bel segno della storia - a volte nei drammi tutto si tiene - che quindici anni fa sia stata edificata grazie alla donazione di terreni della diocesi. Infatti sorge accanto a Santa Teresa, l’altra chiesa cittadina. «Prima abbiamo pregato da noi, tutti insieme, cristiani e musulmani. E adesso siamo venuti qui a dare un abbraccio a padre Jacques e alla sua comunità» dice Mohammed Karabila, imam di Saint Étienne e presidente del consiglio regionale per il culto musulmano. Con Jacques Hamel erano amici. Oggi qui sembra, l’amicizia, un valore fondante, un «cemento tra fedi e culture e tradizioni diverse che si mescolano nel dolore», per usare le parole di un altro imam, Hmitou Abdelatif. Sta in piedi davanti alle corone di fiori, stringe mani, abbraccia. Dice: «Martedì prossimo il funerale di Jacques sarà la più grande sconfitta per i predicatori di odio...Le televisioni di tutto il mondo mostreranno che cosa vuol dire la vicinanza tra le religioni ». Siamo ancora alla preghiera del venerdì, è come un debutto. Durante la funzione islamica in moschea hanno preso la parola, evento eccezionale, dei sacerdoti cristiani: c’è padre Pierre Bellhache, responsabile delle relazioni con la comunità islamica. «Non lasceremo che nessuno ci divida. È talmente ricco avere delle differenze e poterle condividere che non abbiamo tempo da perdere a farci dividere». Gli imam sono li a fianco, la sala colma di fedeli scalzi. Ancora Abdelatif, durissimo contro i seminatori di terrore. «Vi siete sbagliati di civilizzazione, perché siete fuori della civilizzazione, vi siete sbagliati di umanità perché siete fuori dell’umanità, vi siete sbagliati su di noi e non ve lo perdoneremo. Come ha potuto solo sfiorarvi - attacca - il pensiero che potessimo odiare quelli che ci hanno permesso di pregare Allah in questa città? Come avete potuto pensare questo, signori assassini, signori criminali?». Hammar è algerino, vende frutta e legumi al mercato. Siccome venerdì è pur sempre un giorno di festa, di spolvero, si è concesso un leggerissimo trucco sotto le ciglia. Ma ha gli occhi gonfi e lucidi e lo sguardo fisso sul retro della chiesa, il punto da dove i terroristi hanno fatto irruzione. «Questi bastardi». Non perde un minuto di questo pomeriggio normanno che scalda i cuori. «Noi siamo quello che vedi, è questo l’Islam, mi piacerebbe fosse sempre come oggi. Tutti insieme, in pace». Lo chiedono a gran voce i musulmani di Francia, domenica accadrà. Riempiranno le chiese. Poi magari scenderanno in massa nella piazze. È l’ appello lanciato dallo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun: «Strappiamo l’-I-slam dalle grinfie dell’Isis». Giriamo la proposta a Hammar. «Io sono pronto». ©RIPRODUZIONE RISERVATA “È questo l’Islam, mi piacerebbe fosse sempre come oggi. Tutti insieme, in pace” “Non lasceremo che nessuno ci divida. Dobbiamo condividere le differenze” IL RICORDO Musulmani e cristiani uniti nel ricordo e nella preghiera in moschea FOTO: ©AFP REPUBBLICA DI STAMATTINA L’IMAM ANOUAR KBIBECH In Francia ci sono 5 milioni di musulmani e 2.500 moschee. Che cosa è cambiato nel vostro mondo dopo l’omicidio di padre Jacques? «I musulmani sono doppiamente coinvolti: lo sono in quanto cittadini francesi, e lo sono anche perché questi assassini uccidono in nome della loro stessa religione. La morte orribile di padre Jacques, anziché dividerci ci avvicinerà ancora di più alla comunità cattolica». Che cosa ha chiesto agli imam? «Di far visita alle chiese, e non soltanto domenica. Di far sentire la solidarietà ai sacerdoti che come padre Jacques predicano l’amore. E di condannare i terroristi che colpiscono in nome del falso Islam». C’è chi accusa l’Islam moderato di non prendere una posizione netta contro i predicatori dell’odio. «Non so quale realtà abbia sotto gli occhi chi muove queste critiche generiche. Quello che sta accadendo in queste ore, la reazione dei musulmani francesi, la dice lunga sui sentimenti che stiamo provando». Lei in quale chiesa sarà dove domenica? «A Notre-Dame». ( p. b.) LA STAMPA DOMENICO AGASSO JR. Il cardinale Bagnasco non ha dubbi: è un «chiaro rifiuto del fanatismo che porta al terrorismo e alla barbarie omicida». È «un sostegno cruciale» per isolare i terroristi, perché «testimonia senza ambiguità che non è in atto una guerra tra religioni». Il Presidente della Conferenza episcopale italiana commenta così l’appello ai musulmani lanciato dalla Comunità religiosa islamica italiana (Coreis) ad andare nelle chiese oggi e domani come gesto di fratellanza con i cattolici. Nel nostro Paese come in Francia. Ieri infatti l’Associazione ha deciso di «dare seguito all’iniziativa di fratellanza spirituale» lanciata dall’Istituto di alti Studi islamici per esprimere «solidarietà e compassione» ai cristiani e a padre Jacques Hamel, il prete massacrato martedì 26 luglio da due terroristi islamici nella sua chiesa parrocchiale di Saint-Etienne-du-Rouvray, vicino a Rouen. Così, oggi e domani, prima della celebrazione eucaristica, delegati della Coreis porteranno il saluto in chiesa al vescovo e al parroco a Roma, Milano, Novara, Genova, Verona, Sondrio, Ventimiglia, Brescia, Vicenza, Fermo, Siena, Piacenza, Brindisi, Palermo, Agrigento e Torino. «Ci sembra fondamentale», spiega il presidente Yahya Pallavicini, che incontrerà il Vicariato della Capitale, «in questo momento drammatico dare con questo saluto dei musulmani d’Italia un segno concreto di profondo rispetto della sacralità dei riti, dei ministri e dei luoghi di culto del cristianesimo dove i fedeli e i cittadini ricevono le benedizioni della comunione spirituale». Uno dei primi imam a intervenire sarà quello di Agrigento, ’Abd al Hady Yusuf Dispoto, responsabile Coreis della Sicilia: «Domani il cardinale arcivescovo Francesco Montenegro mi darà uno spazio all’inizio della messa che presiederà nella frazione Villaseta, durante il quale manifesterò la nostra fratellanza con i cattolici». Per Dispoto l’iniziativa «è un atto tangibile e concreto di vicinanza ai fratelli cristiani dopo le violenze subite, ma anche a difesa dei loro luoghi di culto, sacralità e preghiera». Dalla Giornata mondiale della Gioventù di Cracovia, Bagnasco definisce quello del Coreis un «gesto enorme» che «rappresenta il modo migliore per reagire dopo i tragici atti terroristici di queste ultime settimane, in particolare dopo il tremendo assassinio di padre Hamel». È un «chiaro, alto e profondo rifiuto del fanatismo che porta al terrorismo e alla barbarie omicida». Per il Porporato potrà essere efficace «per condannare con chiarezza e senza equivoci queste atrocità», e sarà «un sostegno cruciale» per isolare i terroristi, perché «testimonia senza ambiguità che, come dice papa Francesco, non è in atto una guerra tra religioni». «Non esiste - esclama - alcun conflitto tra fedi». Inoltre, la presenza dei musulmani nelle chiese potrà «avvicinare tutte le religioni intorno a un valore universale: la pace». Per i vescovi italiani l’appello islamico «mette fuori gioco chi vuole dividere». L’importante è «che si esca dal silenzio che rischia di essere equivocato», soprattutto con «l’incontro, come quello annunciato per domenica». In particolare, per monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, teologo e presidente della commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, si tratta di «un segno bello, che aspettavamo, e conferma come i credenti di tutte le religioni, in particolare cristiani e musulmani, condannino la violenza in nome di Dio, considerandola contraria a ogni ispirazione religiosa». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI pag. 3 di 3 Ma a Torino le moschee non aderiranno “Esprimiamo vicinanza in altri modi” Federico Callegaro Nonostante i rapporti tra i musulmani residenti a Torino e la Chiesa cattolica siano particolarmente stretti e radicati, questa domenica gli imam che predicano nel capoluogo piemontese non andranno nelle chiese cristiane per assistere alle celebrazioni religiose. L’invito a compiere un gesto di solidarietà e vicinanza tra confessioni, a pochi giorni dall’assassinio del sacerdote francese Jacques Hamel, era arrivato dalla comunità islamica francese e da quella che in Italia fa capo alla Coreis. «Quello dei fedeli francesi è un ottimo gesto e speriamo che la risposta sia molto partecipata ma al momento non abbiamo in programma di aderire - spiega Brahim Baya, presidente dell’associazione islamica delle Alpi - Sono anni che siamo impegnati nel dialogo con la Chiesa e quando succedono episodi gravi come quello francese contattiamo immediatamente i cattolici». Non ci sono quindi motivi polemici nella mancata adesione, spiegano dalle moschee torinesi ma soltanto la volontà di declinare la vicinanza ai cristiani in altri modi. «Mi hanno chiamato subito dopo l’omicidio del parroco per esprimermi la loro solidarietà - racconta don Geppe Coha, sacerdote attivo nel quartiere Lingotto, che lo scorso anno ha organizzato una marcia della pace con partenza dalla sua chiesa e arrivo in una delle moschee più grandi di Torino - Organizzeremo nuovamente iniziative insieme ma per questa domenica non incontreremo i fedeli musulmani della zona». Il panorama dell’islam italiano è molto frammentato e le associazioni che hanno lanciato l’iniziativa nel nostro Paese sono meno radicate a Torino. Eppure casi di imam arrivati in visita in alcune parrocchie si sono già verificati. Come nel multietnico quartiere di San Salvario, dove la chiesa di largo Saluzzo ne ha ospitato uno saudita, arrivato in città per guidare la preghiera della vicina moschea. «È venuto a trovarci dopo la fine del Ramadan e ha salutato i fedeli - racconta don Mauro Mergola, prete attivo nel quartiere - Qui, però, nessuno mi ha chiamato dopo il terribile episodio francese, cosa che mi ha molto stupito». «Non andrò a messa ma abbiamo dedicato la preghiera del venerdì a commentare quanto accaduto, anche se è possibile che qualche fedele decida di presenziare autonomamente - afferma l’imam Abdelghani el Rahlmi - La notizia ci ha scosso molto e non riusciamo a capire da dove possa provenire tanto orrore».