varie, 1 agosto 2016
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI DEL 1 AGOSTO 2016
«Non ci si abitua alle Olimpiadi. Non c’è modo. Hanno scale troppo rarefatte. Uniche. Nomadi. Ogni quattro anni. Un doppio passo. Duro da tenere. Ogni volta bisogna ridosare il fiato. Partenze e arrivi, contate da uno spazio temporale. Lunghissimo. Le Olimpiadi, puoi prenderle di petto, di striscio, dargli le spalle. Accarezzarle, offenderle. Pensare che non lasciano effetti collaterali. Se le guardi negli occhi, viaggi» (Emanuela Audisio) [1].
Centoventi anni dopo i primi Giochi di Atene, da venerdì al 21 agosto Rio de Janeiro ospita la trentunesima Olimpiade dell’era moderna, la prima in Sud America [2].
Nel 1896 ad Atene gli sport ammessi alla manifestazione erano solo 9 e oggi sono diventati 42, gli atleti 241 provenienti da quattordici nazioni, oggi sono oltre 10mila da 206 Paesi [2].
Le cerimonie d’apertura e chiusura si svolgeranno al Maracanã. In realtà le prime gare ci saranno nei due giorni che precedono la cerimonia d’apertura: saranno tutte partite dei tornei di calcio, maschile e femminile. La prima vera giornata di gare a Rio 2016 inizierà sabato 6 agosto alle 13 (ore italiane) e l’ultima gara sarà domenica 21 (segnaliamo solo che la finale dei 100 metri, quella che non vuole perdersi nessuno, si correrà alle 3.25 di lunedì 15 agosto) [3].
Sono 297 gli atleti italiani partiti per Rio: sei in più rispetto al team di Londra 2012 ma meno del record di Atene 2004 (367). Venti sono nati all’estero. L’età media è di 27,2 anni: dallo specialista del tiro a volo Pellielo (46 anni) alla nuotatrice Sara Franceschi (17) [4].
Le atlete italiane sono 142, un record che segna la quasi parità con i maschi (46,8%). Da Federica Pellegrini, portabandiera, a Irma Testa, la prima pugile italiana nella storia delle Olimpiadi [4].
Con 555 convocati, gli Stati Uniti sono la squadra più numerosa, seguiti da Brasile, Germania e Cina, che invia la più grande rappresentanza olimpica all’estero della sua storia: 416 atleti (ben quattro donne nel sollevamento pesi) [4].
Il Brasile si trova nel mezzo di un periodo di grave recessione e di forte instabilità politica. La presidente Dilma Rousseff è stata sospesa in attesa della fine del suo processo per impeachment e il mese scorso lo stato di Rio non ha rispettato la scadenza per ripagare i suoi debiti e ha posticipato il pagamento degli stipendi nel settore pubblico dopo il forte calo del prezzo del petrolio, una delle sue principali fonti di entrate [5].
Oltre alla crisi politica, tra ritardi, scioperi, minacce terroristiche, allarme Zika, la vigilia dei Giochi è stata parecchio agitata. Paolo Manzo: «Si ride per non piangere a Rio. Si è scoperto infatti che il Main Press Center che ospiterà 1.200 giornalisti è dotato di appena 4 wc. Ma peggio della sala stampa è riuscito però a fare il Villaggio Olimpico, presentato alla vigilia come “il più bello di tutti i tempi” dal marketing verde-oro. Peccato che le stanze destinate agli atleti – a causa di fili elettrici esposti un po’ ovunque, tubi gocciolanti, docce secche, water intasati oltre a un puzzo spesso vomitevole abbiano costretto numerose delegazioni a optare all’ultimo momento per hotel e resort» [6].
Il villaggio olimpico di Rio, il cui progetto è noto anche con il nome Ilha Pura, è costato quasi un miliardo di dollari ed è stato realizzato da due grosse società brasiliane, la Carvalho Hosken e l’Odebrecht. Inizialmente, le due società avevano previsto di recuperare i soldi investiti vendendo gli appartamenti una volta terminati i giochi. A causa della crisi del mercato immobiliare brasiliano però, fino ad ora sono stati venduti solo 240 dei 3.604 appartamenti e i giornali brasiliani ritengono che questo abbia causato un problema di liquidità alle due società, che quindi potrebbero aver deciso di tagliare le spese durante la parte finale dei lavori [7].
Rocco Cotroneo: «È vero che troppo era stato promesso, soprattutto in chiave locale, per raccogliere consenso attorno ai costi giganteschi, e alla bolletta che rischia di trascinarsi per anni. Conclusi gli impianti, sulla mobilità e le infrastrutture da lasciare alla città si corre davvero fino all’ultimo giorno. Basti pensare che una nuova linea di metrò verrà aperta soltanto gli ultimissimi giorni, con due stazioni appena funzionanti e potrà usarla solo chi va ad assistere alle Olimpiadi. Poi si richiude tutto per mesi, per finire davvero i lavori» [8].
Ma è andato tutto male? Mica tanto. Mauricio Cannone: «Un esempio, in pieno centro città, è la nuova zona del porto, area cupa fino a poco tempo fa e oggi diventata uno dei motivi d’orgoglio della metropoli. Il progetto ha rivitalizzato un’area di 5 milioni di metri quadri: sono stati realizzati 70 chilometri di strade e quattro tunnel. La ristrutturazione ha restituito tesori archeologici come il Molo dell’Imperatrice e il Giardino Sospeso del Valongo, oltre alla nuova Piazza Mauà. Ma ci sono anche il Museo d’Arte di Rio e quello del Domani» [9].
E lo scorso giovedì c’è stato un nuovo arresto per presunto terrorismo, a Nova Iguacu, alla periferia nord ovest di Rio: Chaer Kalaoun, brasiliano di origine libanese, da tempo monitorato da Cia e Fbi, che ha postato su Internet messaggi di sostegno allo Stato Islamico in cerca di adepti per organizzare un attentato durante i Giochi, si presume. Il suo è il 13° arresto compiuto in Brasile nelle ultime due settimane, nell’ambito dell’operazione «Hashtag» [10].
I servizi segreti brasiliani hanno elevato l’allarme a livello 4, in una scala da 1 a 5. Secondo i dati ufficiali saranno utilizzate 85.000 unità, di cui 47.000 provenienti dalla difesa civile e 38.000 dalle forze armate. Il doppio del contingente di Londra 2012 [5].
Manzo: «E se la Guardia Nazionale (che dovrebbe garantire la sicurezza) ha minacciato di andarsene da Rio se i suoi quattromila uomini non avranno letti degni su cui dormire e cibo commestibile da mangiare, in tempi di Isis non tranquillizza proprio che in una simulazione anti-terrorismo davanti alla baia di Rio mercoledì scorso si siano scontrati due jet della Marina brasiliana» [6].
Un ulteriore problema sarà la disposizione delle forze dell’ordine nelle favelas. Molte prove olimpiche si terranno a Deodoro, complesso della Zona Nord, storicamente la più complicata dal punto di vista sociale. Il rischio è che si possano violare i diritti umani dei residenti. Secondo l’Ong Human Rights Watch la polizia fluminense è la più violenta del Brasile: 8.000 omicidi negli ultimi dieci anni [5].
Come se non bastasse, a creare disagi si è aggiunta la fobia per il virus Zika, che ha spinto diversi atleti – come i tennisti Raonic e Berdych o il golfista McIlroy – a rinunciare ai Giochi. «Qui è pieno inverno e ci sono meno zanzare in circolazione» ha detto il presidente brasiliano Michel Temer. Non ha convinto però il saltatore in lungo inglese Rutherford che, preoccupato del contagio, ha deciso di congelare il suo sperma [4].
Queste Olimpiadi hanno già segnato il record per quando riguarda lo scontro politico internazionale. Gianfrancesco Turano: «Dopo i boicottaggi incrociati Usa-Urss del 1980 (Mosca) e del 1984 (Los Angeles), a Rio si è andati a un passo dall’espulsione in massa degli atleti russi sulla base del principio della responsabilità collettiva. La tesi era che sotto Vladimir Putin si pratica il doping di Stato. Ergo, ogni russo è dopato. Domenica 24 luglio il Comitato olimpico internazionale (Cio) presieduto dal tedesco filorusso Thomas Bach ha attenuato l’impostazione massimalista. L’ostracismo colpirà solo l’atletica leggera, ma anche lì la federazione internazionale potrà decidere caso per caso. È stata esclusa a sorpresa la mezzofondista Julija Stepanova, che è stata la gola profonda delle rivelazioni sul doping modello Cremlino. Di sicuro parteciperà la divina Darija Klishina, saltatrice in lungo che vive in Florida ed è controllata dall’agenzia antidoping statunitense, un marchio di garanzia che funziona a intermittenza» [11].
Giovedì scorso poi sono stati esclusi i tre ciclisti russi, venerdì l’intera squadra di sollevamento pesi, che si aggiungono al lungo elenco dei respinti a Mosca: 67 nell’atletica compresa la star del salto con l’asta Elena Isinbaeva, 7 nel nuoto, 22 nel canottaggio, 1 nella lotta libera, 5 nella canoa, 2 nel Pentathlon moderno, 1 nella pallavolo, 1 nella vela e, appunto 3 nel ciclismo e 8 nei pesi [12].
Gregorio Paltrinieri e Vincenzo Nibali, la solita scherma, il lottatore di origini cubane Frank Chamizo: sono queste le principali speranze dell’Italia di conquistare ori a Rio. A maggior ragione dopo l’infortunio di Gianmarco Tamberi e la sospensione (salvo improbabili ribaltoni al Tas) di Alex Scwhazer, che hanno tolto due probabili successi all’atletica [13].
Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha posto come obiettivo base per la spedizione italiana 25 medaglie. Ruggiero Palombo: «Tanto più ora che la partecipazione della Russia causa scandalo doping è praticamente dimezzata. I forfait russi hanno liberato posti e aumentato il numero degli azzurri, ma tra l’esserci e il salire sul podio c’è una bella differenza. Con 25 medaglie, insomma, per noi la prima Olimpiade di Malagò varrebbe una laurea, magari senza lode ma pur sempre una laurea. È bene tuttavia ricordare che prima di Londra (28) ci sono state Pechino (27), Atene (32), Sidney (34) e Atlanta (35) e si tratterebbe comunque, pur nella “tenuta”, del peggior risultato degli ultimi venti anni. Al di sotto delle 25 medaglie, Malagò ne converrà, dovrebbe cominciare la stagione dei processi, esercizio cui per ora si è dedicato intensamente, ma non per via dei risultati, solo nei confronti del nuoto» [14].
Giuseppe De Bellis: «Le Olimpiadi possono essere la cosa più passeggera che ci sia: tre settimane, poi ci rivediamo tra quattro anni. Oppure possono restare praticamente per sempre. Sono anche il brodo di qualunque lamentela, le Olimpiadi […] Ma tutte le critiche e le contestazioni non riescono a fermare la forza del più importante e imponente evento globale. L’Olimpiade è la dimostrazione della forza dell’uomo, della sua intelligenza, della sua tensione verso un risultato, sia sportivo, sia sociale, sia architettonico, sia culturale. Le Olimpiadi scandiscono l’evoluzione dell’umanità, le ricerche tecnologiche, i cambiamenti dell’anatomia umana. Organizzarle è una responsabilità, viverle è un onore, guardarle è un privilegio» [15] Giuseppe De Bellis, Rivista 11 agosto.
Note: [1] Emanuela Audisio, Tutti i cerchi del mondo, Mondadori, 2004; [2] SportWeek 30/7; [3] il Post 29/7; [4] Nicola Bambini, Vanity Fair 27/7; [5] Alfredo Spalla, SportWeek 23/7; [6] Paolo Manzo, il Giornale 29/7; [7] il Post 26/7; [8] Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 25/7; [9] Mauricio Cannone, SportWeek 23/7; [10] La Gazzetta dello Sport 29/7; [11] Gianfrancesco Turano, l’Espresso 29/7; [12] la Repubblica 30/7; [13] Lorenzo Vendemiale, il Fatto Quotidiano 30/7; [14] Ruggiero Palombo, La Gazzetta dello Sport 30/7; [15] Giuseppe De Bellis, Undici n. 11 – Speciale Olimpiadi.