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 2016  luglio 28 Giovedì calendario

IL DIBATTITO TRA ESPERTI

“Le azioni ripetute ci scollegano dalla quotidianità”
«E’ come se s’inserisse il pilota automatico: ci sono azioni che ripetiamo tutti i giorni, allo stesso modo, ma basta anche solo un piccolo dettaglio che fa perdere il filo e ti fa dimenticare anche quello che hai di più caro al mondo». A ricordare che «la memoria non è infallibile» è il dottor Vincenzo Villari, primario della psichiatria della Città della Salute di Torino.
Cosa può essere successo nella mente della madre?
«Potremmo descriverlo come un momento di buio, uno scollegamento temporaneo che può accadere a chiunque in qualsiasi momento. Ci possono essere cause scatenanti, certo, ma non si può additare lo stress così come altre preoccupazioni o pensieri legati alla giornata lavorativa. A livello fisiologico, è capitato un meccanismo banale che può portare ad azioni che possono sembrare impensabili, come dimenticarsi un figlio in auto».
Ma poi arriva il momento di prendere coscienza di un fatto così grave...
«Quando la donna si sarà accorta della presenza della bambina in auto, non avrà creduto ai suoi occhi. Il cortocircuito che si era innescato la mattina si è chiuso con quelle immagini della piccola riversa, facendola ripiombare nella realtà. Ed è lì che i ricordi si possono confondere, si può pensare anche di aver fatto quello che non si è fatto, ovvero la tappa all’asilo nido».
Quali conseguenze psicologiche lascia un evento del genere?
«Un accadimento così drammatico non può che lasciare devastazione. Perdere un figlio è già considerato contro natura, esserne la causa logora di sensi di colpa. Bisogna stare vicini a questi genitori perchè la condanna più grave se la faranno da soli».
Noemi Penna

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“Ma lo stress non può spiegare eventi così gravi”
«Non è una dimenticanza qualsiasi e non è qualcosa che si può giustificare con lo stress. Non ricordare di aver lasciato il proprio figlio da solo in macchina può essere il sintomo di un problema più profondo e grave». A parlare è Massimo Biondi, professore ordinario di psichiatria all’Università La Sapienza di Roma.
Come si può definire un così fatale blackout?
«Un tragico evento come questo potrebbe rientrare in quella che viene definita discontinuità di coscienza. In altre parole, significa che la persona ha perso un ricordo, letteralmente. Non si può infatti equiparare l’aver dimenticato il proprio figlio in macchina con una banale svista. E’ vero che a molti capita di dimenticare qualcosa, come le chiavi di casa o la pentola sul fuoco. Ma sono dimenticanze microscopiche a confronto di un figlio».
Il troppo stress può favorire queste dimenticanze?
«Non si può escludere, ma certamente lo metterei all’ultimo posto tra i possibili motivi. Lo stress o il fare tante cose diverse contemporaneamente possono giustificare solo piccole sviste. Dietro un così grave stato di discontinuità di coscienza possono celarsi patologie più serie. Potrebbero esserci anche problemi di attenzione, ma credo che non ricordare di aver lasciato il figlio in auto sia una cosa troppo grossa».
E ora come può una madre superare un evento così tragico?
«E’ atroce, nel vero senso della parola. Non credo che una cosa del genere possa essere dimenticata. Il tempo può aiutare, ma convivere con la consapevolezza di aver causato la morte del proprio figlio per una dimenticanza è davvero difficilissimo».
Valentina Arcovio