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 2016  luglio 26 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - DUE ISLAMISTI SGOZZANO PARROCO IN FRANCIA REPUBBLICA.IT Un parroco assassinato e un ferito grave: è il bilancio di un attacco compiuto da due uomini in una chiesta di Saint-Etienne-du Rouvray, vicino a Rouen in Normandia

APPUNTI PER GAZZETTA - DUE ISLAMISTI SGOZZANO PARROCO IN FRANCIA REPUBBLICA.IT Un parroco assassinato e un ferito grave: è il bilancio di un attacco compiuto da due uomini in una chiesta di Saint-Etienne-du Rouvray, vicino a Rouen in Normandia. Gli assalitori sono stati uccisi dalle teste di cuoio della polizia francese. L’attacco è stato compiuto durante la messa del mattino, quando i due uomini hanno fatto irruzione, armati di coltelli, all’interno della chiesa. Hanno preso in ostaggio i fedeli poi hanno aggredito il parroco, padre Jacques Hamel, 84 anni, tagliandogli la gola. Un altro ostaggio, anche lui colpito alla gola, è ricoverato in gravissime condizioni: potrebbe trattarsi di una suora ma ancora non sono state diffuse informazioni ufficiali. Gli altri ostaggi sono stati tratti in salvo, illesi, dalle Bri, le Brigate di pronto intervento delle forze di sicurezza di stanza a Rouen. IL RITRATTO Chi era padre Hamel, ucciso dai terroristi "Sono nostri soldati": così lo Stato Islamico ha rivendicato il gesto attaverso l’agenzia Amaq, precisando che l’attacco è stato compiuto "in risposta alla chiamata di colpire i Paesi della coalizione crociata". Fonti ben informate citate da BFM-TV affermano che i due terroristi erano francesi nati a Rouen. Le indagini. Le indagini sono state affidate alla procura antiterrorismo. L’attacco avviene a dodici giorni dalla strage di Nizza, dopo la quale è stato prorogato per altri sei mesi lo stato di emergenza. Le autorità francesi hanno aperto una cellula di sostegno psicologico per le vittime dell’assalto. Secondo fonti giudiziarie citate da Bfm-tv, nella chiesa sono stati ritrovati anche un dispositivo esplosivo e un’arma finta. La polizia ha nelle ore successive all’attentato fermato una persona, un ragazzo secondo Le Monde, "un minorenne" legato a uno dei due assalitori. Le forze speciali della polizia francese si sono recate a casa dei genitori di uno degli aggressori. Gli agenti stanno cercando eventuali prove di legami con l’estremismo islamico, inclusi file di computer o altre informazioni. Francia, ostaggi in chiesa in Normandia: le operazioni della polizia Condividi L’assalto. Subito dopo l’assalto, polizia ed esercito sono intervenuti isolando la zona. Secondo le ricostruzioni, i due uomini sarebbero entrati dall’ingresso posteriore della chiesa mentre era in corso la messa mattutina, tra le 9 e le 9.30. Hanno bloccato le porte e hanno preso in ostaggio il sacerdote, le due suore e due fedeli, mentre una terza suora è riuscita a fuggire e a dare l’allarme. Secondo fonti di polizia, uno dei due assalitori indossava la "chachia", il copricapo di lana usato dai musulmani in Tunisia, e aveva la barba. Le Point riferisce che al momento dell’irruzione i due assalitori hanno gridato la parola "Daesh". Una delle suore tratte in salvo ha detto alla tv Bfm che il sacerdote, prima di essere ucciso, è stato obbligato a mettersi in ginocchio. "I due assalitori hanno registrato un video mentre recitavano una sorta di sermone vicino all’altare" prima di scagliarsi sull’anziano prete, ha riferito la religiosa. Francia: sequestro di fedeli in una chiesa, ucciso il prete Condividi Un assalitore era in libertà vigilata. Uno dei due assalitori, identificato finora solo con le iniziali A. K., sarebbe un cittadino francese, 19 anni, che avrebbe tentato di raggiungere la Siria per ben due volte, una via Monaco di Baviera, l’altra passando invece per Ginevra. Il quotidiano elvetico La Tribune de Génève a sua volta riferisce che in quest’ultima occasione, al ritorno in Svizzera dopo essere stato respinto alla frontiera turca, il 14 maggio 2015 sarebbe stato arrestato all’aeroporto ginevrino, detenuto per alcuni giorni e infine estradato in Francia, dove sarebbe stato incriminato per associazione a delinquere di stampo terroristico. Dopo un certo periodo trascorso in custodia preventiva, il presunto jihadista sarebbe stato scarcerato e posto in libertà vigilata, con l’obbligo d’indossare un bracciale elettronico per la localizzazione. Poteva uscire di casa solo dalle 8,30 alle 12,30. La verifica della sua identità, al pari di quella del complice, è comunque tuttora in corso. All’uscita di prigione, il 22 marzo, era stato posto in libertà vigilata con il braccialetto elettronico. Francia, ostaggi in una chiesa in Normandia: uccisi gli assalitori Navigazione per la galleria fotografica 1 di 8 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow () () Hollande: "La Francia combatterà questa guerra". Il presidente François Hollande, che peraltro ha un forte legame con la regione essendo originario proprio di Rouen, è subito andato a Saint-Etienne-du Rouvray con il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve. "Siamo di fronte a una prova grandissima, la minaccia per il nostro Paese resta estremamente elevata - ha detto il presidente - "Sappiamo che Daesh ci ha dichiarato guerra e dobbiamo vincere questa guerra. Tutti i francesi sono stati colpiti da questa tragedia, dobbiamo restare uniti, essere un blocco unico, nessuno ci deve toccare. Faremo il possibile per evitare le minacce che i terroristi continuano a fare, la nostra forza e la nostra coesione ci aiuteranno". Gli ha fatto eco il premier francese Manuel Valls su Twitter: "Orrore davanti all’attacco barbaro in una chiesa di Seine-Maritime. La Francia intera e tutti i cattolici sono addolorati. Noi faremo muro". Le condanne dal mondo religioso. "Il Papa è informato e partecipa al dolore e all’orrore per questa violenza assurda - ha fatto sapere il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi - con la condanna più radicale di ogni forma di odio e la preghiera per le persone colpite. È una nuova notizia terribile che si aggiunge purtroppo ad una serie di violenze che in questi giorni ci hanno già sconvolto, creando immenso dolore e preoccupazione. Siamo vicini alla Chiesa in Francia, alla Arcidiocesi di Rouen, alla comunità colpita, al popolo francese". Sta invece rientrando in Francia l’arcivescovo di Rouen, Monsignor Lebrun, che si trovava a Cracovia con Papa Francesco per celebrare la Giornata mondiale della gioventù. l Gran Mufti d’Egitto, Sheik Shawki Allam, la suprema autorità giuridica islamica sunnita, ha condannato "l’atto terrorista e criminale" che è stato "commesso da estremisti". "Tale atto viola tutti gli insegnamenti dell’Islam", ha aggiunto Allam che ha poi fatto le condoglianze al popolo francese e alle famiglie delle vittime. L’Italia e l’europa non si arrenderanno alla "cultura della morte". E’ la prima reazione del presidente del Consiglio Matteo Renzi, parlando all’Università di Campobasso. "Il primo pensiero va a padre Jacques Hamel. Anche per chi non crede, per tutta la nostra comunità, vorrei arrivasse forte lo sdegno per ciò che è accaduto, l’abbraccio affettuosa a quel Paese e la convinzione che se i terroristi vogliono distruggere la nostra identità e il nostro modo di vivere, da un’università diciamo che non ci arrenderemo a quella cultura di morte". Stava celebrando la messa nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray quando è stato sgozzato da due uomini armati che hanno fatto irruzione prendendo alcuni fedeli in ostaggio. Padre Jacques Hamel, 86 anni, era nato a Darnètal, Seine-Maritime, ed era prete ausiliario della parrocchia da dieci anni. Ordinato nel 1958, nel 2008 aveva celebrato il suo giubileo d’oro, 50 anni di servizio. ’’Era coraggioso per la sua età - ha spiegato a Liberation l’abate congolose Auguste Moanda-Phuati, della stessa parrocchia - i sacerdoti possono andare in pensione a 75 anni ma lui si sentiva ancora forte. Era un uomo di pace’’. Il sei giugno scorso il sacerdote aveva pubblicato un editoriale all’interno del foglio parrochiale attraverso il quale invitava i fedeli, nel corso delle vacanze ormai prossime, a portare un po’ di umanità e misericordia in un mondo colpito ormai da troppi orrori VALLI Charlie Hebdo, il Bataclan e la Promenade des Anglais di Nizza sono simboli della Francia laica. "Il terrorismo in Europa aveva risparimato i luoghi religiosi. Colpire in una chiesa accende l’indignazione e può suscitare reazioni pericolose da parte dei gruppi della destra estremista". di Bernardo Valli PAOLO GALLORI REP Al momento non sono molti gli elementi disponibili per tracciare il profilo dei due terroristi che questa mattina sono entrati in azione nella chiesa di Saint-Etienne-de-Rouvray, nei pressi di Rouen. Ma ancor prima di conoscere l’identità dei due uomini, uccisi dalle forze speciali francesi dopo aver sgozzato un anziano sacerdote e ridotto in fin di vita un parrocchiano, quei pochi elementi concorrono a un primo pesante giudizio. Non su di loro, ma sulle autorità francesi. Per la superficialità con cui hanno affrontato la minaccia jihadista che covava sotto la cenere anche in Normandia. La stessa superficialità esibita a Nizza la sera del 14 luglio. I due "soldati" dello Stato Islamico, come vengono definiti nella rivendicazione di Daesh, erano francesi e originari di Saint-Etienne-de-Rouvray, secondo quanto riferiscono fonti "bene informate" citate da BFM-TV. Sarebbero stati addirittura riconosciuti dalle vittime dell’attacco. L’attenzione è concentrata soprattutto su uno dei due, di cui è trapelato il nome, Adel, l’iniziale del cognome, K., l’età, 19 anni. Viveva a Saint-Etienne-du-Rouvray, a casa dei genitori. Ed era ben noto alle forze dell’ordine. Perché Adel K. era costretto a portare il braccialetto elettronico, come conferma una fonte vicina all’indagine all’Afp, a seguito di una vicenda per la quale avrebbe dovuto trovarsi in modo naturale sotto ben più stretta sorveglianza in un Paese come la Francia, da quasi due anni oppresso dalla cappa del terrorismo di matrice islamista. Adel K. era un aspirante jihadista che nel 2015 aveva cercato per due volte di raggiungere la Siria per unirsi allo Stato Islamico. In maggio era stato intercettato e respinto dalla Turchia, quindi arrestato all’aeroporto di Ginevra. Secondo il quotidiano svizzero La Tribune de Genève, Adel K. aveva trascorso qualche giorno in cella nel carcere ginevrino di Champ-Dollon, poi era stato estradato in Francia. Condannato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo, Adel K. aveva scontato quasi un anno di detenzione per poi essere scarcerato il 22 marzo scorso e posto in libertà vigilata con l’applicazione del braccialetto elettronico. Contro il provvedimento la Procura antiterrorismo di Parigi aveva fatto ricorso senza successo. Con il segnalatore alla caviglia, il 19enne poteva disporre di libertà di movimento per quattro ore, dalle 8.30 alle 12.30. Così Adel K. ha sfruttato quella "finestra" temporale per portare a compimento l’attacco costato la vita a un parroco e il ferimento grave di un’altra persona, scattato con l’irruzione nella chiesa intorno alle 9.30. Ad aggravare il quadro, le dichiarazioni rese ai media da due giovani musulmani di Saint-Etienne du Rouvray in forma anonima. Parole da prendere con la dovuta cautela, in attesa che le indagini evidenzino in esse un fondo di verità. "E’ un coglione - afferma uno degli intervistati riferendosi ad Adel K. -. Ha tolto la vita a gente che non c’entrava niente con le sue storie. Era arrabbiato perché voleva andare in Siria e lo hanno fermato. Voleva vendicarsi per essere stato in prigione. Poteva vendicarsi in prigione invece di fare una cosa cosi nel quartiere". Il ragazzo prosegue, aggiungendo al racconto un altro inquietante elemento. L’esistenza di un fratello di Adel K. attualmente in Siria con il Daesh. "Hanno provato ad andare in Siria, lui e il fratello. Hanno truccato i documenti, li hanno scambiati, una cosa del genere. Ma lui è stato fermato e rimandato indietro, era furioso. Il fratello però è passato, sta là adesso". "Sì, è lì e si addestra - gli fa eco il secondo giovane musulmano - dicono che manda anche foto dal campo in Siria". Anche l’emittente francese Rtl riporta la testimonianza di "due amici" di Adel K., forse gli stessi, incastrando un’altra tessera nel puzzle dell’orrore che, mai come in questo caso, poteva essere evitato. Uno dichiara: "Mi disse: sul Corano e sulla Mecca, attaccherò una chiesa. Me lo disse due mesi fa uscendo dalla moschea. Sulla vita di mia madre, non gli ho creduto. Ma non mi sono stupito, me ne parlava tutto il tempo. Parlava dell’islam, che avrebbe fatto cose del genere". Passano le ore ed ecco saltare fuori un’intervista rilasciata dalla madre di Adel K. un anno fa a La Tribune de Geneve all’epoca dell’arresto. La donna individuava nella strage della redazione di Charlie Hebdo il "detonatore" della radicalizzazione di suo figlio. "A partire da gennaio 2015 (mese dell’attacco al giornale satirico), da che era un ragazzo allegro, gentile, amante della musica e delle uscite con gli amici, ha iniziato a frequentare assiduamente la moschea". In meno di tre mesi e, secondo la donna, Adel K. era un’altra persona: "Diceva che in Francia non si poteva osservare tranquillamente la sua religione, parlava con espressioni che non gli appartenevano, era come stregato". Adel K. aveva iniziato a chattare su Facebook con altri soggetti radicalizzati e il 23 marzo aveva messo in atto il cosiddetto "Piano A": prendere un treno per la Bulgaria, proseguire per la Turchia e passare in Siria per unirsi l’Is. Fallito. Del "Piano B" oggi parla il mondo. Raccontando l’orrore di Saint-Etienne-de-Rouvray, c’è chi si è chiesto come sarebbe stato possibile immaginare e prevenire che il terrorismo colpisse in una piccola chiesa alla periferia di Rouen. Probabilmente sarebbe stato possibile. Questa volta è Le Parisien a ricordare come a fine novembre 2015, sulla scia degli attentati di Parigi, fosse stata tracciata una filiera jihadista nel Dipartimento della Seine-Maritime in Normandia. Giovani adepti dell’Islam radicale, aspiranti jihadisti desiderosi di raggiungere la Siria, erano soliti ritrovarsi in due moschee: una proprio a Saint-Etienne-du-Rouvray, l’altra a Saint-Pierre-lès-Elbeuf. I sospetti erano stati interrogati dalla Direction générale de la sécurité intérieure (DGSI) ed era emerso come tutti orbitassero attorno alla moschea di tendenza salafita di Saint-Etienne-du-Rouvray. All’epoca, il procuratore di Rouen, Jean-François Bohnert, dichiarò: "Abbiamo a che fare con gente giovane, che all’inizio si frequentava via internet. Poi (in moschea) l’occasione di entrare in contatto, vedersi, arruolare nuovi membri e soprattutto distinguere gli uni dagli altri". Tre dei giovani interrogati, un ragazzo e due ragazze, erano stati tratti in arresto a Saint-Pierre-lès-Elbeuf. Un quarto ricercato, un 22enne originario di Vernon (Eure, altro Dipartimento della Normandia), fu considerato già in Siria con lo Stato Islamico. Anche lui frequentava la moschea salafita di Saint-Etienne-du-Rouvray. Non era la prima volta che una filiera jihadista veniva alla luce in Normandia. Originario del villaggio di Bosc-Roger-en-Roumois, sempre nell’Eure, è anche Maxime Hauchard, 22 anni, riconosciuto in un video come uno dei macellai dell’Is che sgozzarono 18 ostaggi siriani. Hauchard è ritenuto essersi unito al Daesh dal 17 agosto del 2013 e figura sulla lista dei terroristi più ricercati dagli Stati Uniti. Nel suo "percorso formativo" al Jihad, Hauchard ha svolto anche il ruolo di reclutatore. In particolare, si era tirato dietro un amico del suo villaggio di cui è noto solo il nome, Jean, figlio di agricoltori e brillante studente. I due avevano lavorato nella stessa pizzeria "halal" di Bourg-Achard, a due passi da Bosc-Roger-en-Roumois, dove facevano consegne a domicilio. Dal 2012 Jean è in Arabia Saudita, ufficialmente per "studiare teologia". ANSBACH (Germania) - E se i lupi solitari fossero meno solitari di quanto si pensi? Se quell’idea diffusa dell’uomo a disagio che si radicalizza autonomamente sul web, seguendo solo il sentiero della sua solitudine senza legami reali con il Califfato, fosse un racconto pigro, approssimativo, da riscrivere? Il killer di Nizza Mohamed Bouhlel, l’aggressore con l’ascia di Wurzburg Muhammad Riyad, il bombarolo di Ansbach Mohamed Daleel, pur nella loro documentata psicopatia, sono entrati in contatto con lo Stato Islamico. Direttamente, o indirettamente. Hanno comunicato nel segreto con chi ha fornito istruzioni, consigli, una ragione per farlo. Hanno sfruttato la cyberjihad nel suo potenziale massimo: la rete di comunicazioni criptate invisibili all’intelligence. Le darknet, Tor, le Virtual private network (Vpn), Telegram, le mail cifrate con doppia password, i software che ingannano il gps del telefonino e ti posizionano in un posto dove non sei, la app per bambini ("Alphabet") che insegna ad associare ogni lettera dell’alfabeto a un oggetto, un fucile d’assalto o un tipo di bomba in questo caso. I jihadisti non sono muti. Parlano, ma dietro scudi digitali. Hanno inzeppato la loro cassetta degli attrezzi di tecnologia di ultima generazione e a basso costo. La media house "As-Sahab" con cui Al Qaeda fabbricava e diffondeva nel 2001 rudimentali messaggi in Pakistan e Afganistan è archeologia. Adesso è un altro mondo, molto più complesso. Adesso c’è Opera. Opera è uno dei browser per navigare in anonimato su Internet. È compatibile con il sistema android per telefonini, che a quanto pare è il più usato dagli islamisti. Con Opera gli aspiranti jihadisti scaricano i manuali per fabbricare ordigni con fertilizzante, chiodi, bulloni e poco altro. Nell’aprile di quest’anno gli analisti di "Flashpoint", società che fornisce strumenti di intelligence per frugare nelle profondità del Deep web (cui non si accede con i comuni motori di ricerca), scoprono un forum di fanatici religiosi dove vengono condivise informazioni sull’uso di Opera e di Tor. Con accortezze che dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, il grado di expertise di cui si sono dotati i cyberjihadisti di Al Bagdhadi: "Scaricate il software di Tor su una pennetta usb, utilizzatelo solo negli internet café: mai due volte nello stesso posto, mai due volte sullo stesso computer". E sulle Vpn, le reti di telecomunicazione private, segnalano: "Non sono del tutto sicure, lasciano una traccia del numero seriale dell’hard disk da cui si può risalire a noi". Intercettando i telefoni alla maniera tradizionale si rischia di perdere tempo, dunque. Raramente si ascoltano commenti sullo Stato Islamico o su obiettivi sensibili da far saltare in aria. Per quello ci sono le chat criptate, Telegram e Whatsapp. L’ordine di colpire l’Italia giunto dalla Siria ad Abderrahim Moutaharrik, kickboxer marocchino di Lecco, era contenuto in un messaggio audio trasmesso su Whatsapp. I poliziotti della Digos e i carabinieri del Ros, che arrestano Moutaharrik ad aprile scorso con l’accusa di terrorismo, lo captano solo grazie a una cimice piazzata nella sua auto. Osserva una fonte qualificata dei nostri servizi segreti interni: "L’utilizzo massiccio di tecnologia per cifrare le conversazioni è un ostacolo serio. Dobbiamo scoprire un potenziale kamikaze dal comportamento che assume. Una volta individuato, allora, solo allora, lo monitoriamo con microspie e virus digitali". In Siria, nei ranghi dello Stato Islamico, esiste una piattaforma che ha un compito speciale: rendere trasparenti le direttive che Abu Muhammad Al Adnani, la mente della campagna del terrore in Occidente, invia alle cellule in Europa. Si chiama "United CyberCaliphate", il CyberCaliffato Unito. Si occupa pure di tenere aggiornata la grande rete di comunicazioni occulte dell’Is. Sono canali che qualche falla, tuttavia, ce l’hanno. Sulle darknet sono da sempre infilitrati centinaia di agenti di polizia. Un segreto di Pulcinella svelato da Edward Snoden nel 2012: con documenti top secret ha dimostrato che la Nsa, la maggiore agenzia di spionaggio degli Stati Uniti, è in grado di "rastrellare" il traffico su Tor. "Tiene sotto controllo nove server", si legge nel dossier di Flashpoint. È il motivo per cui il governo americano non vuole "accecare" questi canali e i social network su cui girano i contenuti di propaganda jihadista. Contano sulla capacità dei loro 007 di "sniffare" qualsiasi brandello di informazione. Però, dopo la strage di Dacca (29 morti, tra cui 9 italiani), l’Europa spinge per isolare il più possibile le reti del’Is, per evitare di renderle cassa di risonanza dei video delle esecuzioni. Nessuno ha ancora trovato il modo di farlo. Ma intanto il lupo solitario è diventato meno solo. Da “repubblica.it” STRAGE GIAPPONE STRAGE GIAPPONE Una nuova strage. Stavolta non in Europa, ma in Giappone. Diciannove morti e 20 feriti nell’attacco di un uomo armato di coltello in un centro per disabili, lo Tsukui Yamayuri Garden, a Sagamihara, non lontano da Tokyo. Il colpevole - che ha agito in piena notte, alle 2.30 - è stato arrestato: si è consegnato alla polizia e ha ammesso di essere il responsabile del massacro. L’uomo, Satoshi Uematsu, ha 26 anni e fino allo scorso febbraio aveva lavorato nel centro nella prefettura di Kanagawa, a poche decine di chilometri a ovest dalla capitale, che offre attività ricreative e di riabilitazione a persone con handicap. Sarebbe entrato nella struttura rompendo il vetro di una finestra con un martello. "Voglio liberare il mondo dai disabili", avrebbe detto alla polizia in una sorta di delirante confessione. STRAGE GIAPPONE STRAGE GIAPPONE La dinamica e il motivo della strage sono ancora da chiarire. L’allarme è scattato intorno alle 2.30 del mattino quando dalla casa di cura che ospita 160 pazienti è partita la chiamata con la richiesta di soccorso. L’agenzia Kyodo ha riferito, citando i responsabili della sicurezza, che Uematsu si è costituito circa mezz’ora dopo alla stazione di polizia di Tsukui Yamayuri. Indossava una maglietta nera e con sé non aveva nessun coltello: l’arma con cui aveva compiuto il massacro l’aveva lasciata in auto. Le leggi giapponesi sul possesso di armi sono molto severe e gli episodi come quello di Sagamihara molto rari. Ma ci sono dei precedenti. In maggio la pop star giapponese Mayu Tomita era stata ridotta in fin di vita da un fan che l’aveva accoltellata perché aveva rifiutato un suo regalo. Nel marzo dell’anno scorso cinque persone furono pugnalate a morte su un’isola giapponese. STRAGE GIAPPONE STRAGE GIAPPONE Nel 2010 quattordici persone furono ferite a coltellate da un disoccupato su due autobus fuori da una stazione ferroviaria nella prefettura di Ibaraki, una quarantina di chilometri a nord-est di Tokyo. Nel 2008 nel quaritere dell’elettronica della capitale un uomo si lanciò con un camion contro la folla e accoltellò vari passanti facendo sette vittime. Nel 2001 a Osaka otto bambini furono uccisi a coltellate in una scuola.