Cristina De Stefano, Oriana. Una donna, Rizzoli 2013, 26 luglio 2016
ORIANA FALLACI PER CINQUANTAMILA.IT - Il 29 giugno 1929 nasce a Firenze, in una casa di via del Piaggione, Oriana Fallaci
ORIANA FALLACI PER CINQUANTAMILA.IT - Il 29 giugno 1929 nasce a Firenze, in una casa di via del Piaggione, Oriana Fallaci. I genitori scelgono il nome ispirandosi alla duchessa di Guermantes della Recherche di Proust. «Non eri rossa e grinzosa come gli altri neonati, diceva sempre la mamma. Eri bianca, liscia e bellissima. E non piangevi mai. Sempre zitta. Guardavi, guardavi, fissavi le cose e noi, e zitta. Infatti l’ottavo giorno mi spaventai. Credevo tu fossi nata senza corde vocali e ti portai dal dottore che ti visitò e disse: No, no. Ce l’ha. Poi ti pizzicò sotto i piedi, e tu esplodesti in una gran risata». • La madre si chiama Tosca Cantini, 22 anni, figlia di uno scultore anarchico, orfana di madre, lavorante fin da bambina presso due sarte. Il padre, Edoardo Fallaci, allora ventiquattrenne, artigiano intagliatore, vive con i genitori ma sogna di andare a cercare fortuna in Argentina. Concepiscono la bambina pochi mesi dopo essersi conosciuti. «Mia mamma raccontava sempre che, quando era incinta di me, non mi voleva. E poiché a quei tempi per abortire si beveva sale inglese, lei continuò a prenderlo tutte le sere fino al quarto mese di gravidanza. Ma una sera, mentre stava per portare il bicchiere alla bocca, io mi voltai nel suo ventre. Quasi a dirle: “Voglio nascere!”. E allora, zac!, lei rovesciò il sale inglese nel vaso di fiori. “E fu così che nascesti”». Edoardo Fallaci porta la fidanzata a vivere con lui, male accettata dalla suocera Giacoma, ma molto amata dal suocero Antonio. Nella stessa casa vivono anche le sorelle non sposate di lui. • «Mio padre era disperato perché, quando sono nata, non ero un maschio. Allora mi ha portato a caccia». • Da Tosca Cantini e Edoardo Fallaci nascono anche Neera (1932) e Paola (1938). Nel 1964 adottano un’orfana, Elisabetta. • Bruno Fallaci, fratello maggiore di Edoardo Fallaci, è considerato l’intellettuale della famiglia, dove lo chiamano “Settecervelli”. Giornalista, è responsabile della pagina culturale del quotidiano La Nazione, poi direttore di Epoca: «Nell’elencare le regole del giornalismo tuonava: anzitutto, non annoiare chi legge!». Sua prima moglie è la scrittrice Gianna Manzini, in famiglia malvista da tutti. Nel 1934 il padre di Oriana Fallaci, Edoardo, si ammala di pleurite. Gli amici in visita cercano di convincerlo a prendere la tessera fascista. Rifiuta: è iscritto al Partito socialista da quando ha 17 anni e nel 1923 è stato ferito in uno scontro con gli squdristi fascisti. A partire dal 1929 collabora con la stampa clandestina di Giustizia e Libertà. Il nonno Antonio Fallaci a settantotto anni viene portato di forza alla sede del Fascio e quasi processato per aver detto a voce alta: «A Mussolini gli puzza il naso». Il padre di sua madre, Augusto Cantini, era un anarchico disertore della Prima guerra mondiale. • Spesso Oriana Fallaci da bambina è affidata alla zia Lina, sorella del padre, sposata a un uomo ricco. La portano a Forte dei Marmi, la vestono con abiti lussuosi, le fanno ascoltare i concerti del Maggio fiorentino. Lo zio, però, è fascista. • Fa le medie presso l’istituto magistrale “Gino Capponi” di Firenze, ottenendo sempre voti molto alti. «Il mio carattere si è formato allora: il mio cattivo carattere. Ero molto mite, mi dicono, prima di andare a scuola. Divenni dura e aggressiva a scuola, divenni arrabbiata a scuola: scoprendo che io ero più brava di loro. E che loro erano ricchi sicché la loro mamma non doveva piangere per farli studiare». Dal settembre 1943 all’agosto del 1944 Oriana Fallaci, nome di battaglia Emilia, entra nella Resistenza: «Essa è caduta su di me come la Pentecoste sulla testa degli apostoli». Suo padre capeggia una rivolta antifascista nelle Officine Galileo, dove ha trovato lavoro come operaio, poi entra in clandestinità. Oriana Fallaci viene impiegata soprattutto come staffetta, per portare manifesti, giornali, messaggi e qualche volta armi. • Ha le sue prime mestruazioni mentre è con i partigiani sul monte Giovi: «Non sapevo cosa stesse succedendo ed ero così spaventata. Mi dissero: non avere paura, è una cosa bellissima, sei una donna. E mi diedero del cotone». • Una sera di novembre 1943 Edoardo Fallaci porta a casa Nigel Eatwell e Gordon Buchanan, due soldati dell’esercito britannico scappati da una tradotta che li stava portando a un campo di concentramento tedesco. Nigel è più anziano, Gordon è molto giovane. Vengono sistemati nella camera di Oriana, che si trasferisce a dormire in corridoio. Dopo qualche tempo ripartono. La Fallaci conserverà per sempre un foglio datato 14 dicembre 1943 e scritto da Nigel, che rassicura la famiglia sui loro spostamenti. Sotto, con un’altra scrittura: «Gordon sends his love to his little wife». Nel febbraio 1944 Edoardo Fallaci viene catturato durante una retata. Lo bloccano in un deposito clandestino della Resistenza. Oriana Fallaci: «Non dimenticherò mai il giorno in cui lessi quel titolo sul giornale: “Capo terrorista arrestato”». Quando la madre va presso i fascisti a chiedere notizie, il capo delle milizie, Mario Carità, le dice di mettersi il lutto al braccio, perché l’uomo il giorno dopo sarebbe stato fucilato. Risposta della donna: «Domani mattina alle sei farò quel che dici. Ma se sei nato da ventre di donna , consiglia a tua madre di fare lo stesso. Perché il tuo giorno verrà molto presto». È incinta, quando torna a casa ha un malore e perde il bambino. Edoardo Fallaci, però, non viene ucciso, ma torturato e trasferito al carcere delle Murate. A maggio liberato. Dopo la liberazione della città, Edoardo Fallaci entra nel comitato esecutivo del Partito d’Azione e si occupa dell’attività sindacale. È uno dei fondatori della Fiom fiorentina e per qualche tempo direttore responsabile del giornale Le libertà del lavoro. • Oriana Fallaci viene congedata dall’Esercito italiano, Corpo volontari della libertà, con la qualifica di soldato semplice. Con il congedo riceve una paga di 15.670 lire con cui compra scarpe per tutta la famiglia. Si iscrive alla Federazione giovanile del Partito d’Azione. A un raduno le viene chiesto di salire sul palco e parlare, in quanto è la più giovane rappresentante della Resistenza. Indossa un vestito a quadri bianco e rosso: «Ricordo il microfono e ricordo le prime parole: “Gente di Firenze, è una ragazzina che vi parla! Ascoltateci ragazzi”». Nell’autunno del 1944 Oriana Fallaci entra al liceo classico “Galilei”, facendo un esame per recuperare l’anno perduto mentre era con i partigiani. «A scuola ero tremenda. Visto che ero molto intelligente ero sempre la prima, ma ero tremenda. Se un professore diceva una cosa sbagliata non sapevo tenere la bocca chiusa». Ha già deciso di essere atea. Ottiene la maturità classica con questi voti: 9 in italiano, 7 in latino, 8 in greco, 8 in storia, 8 in filosofia, 7 in matematica, 7 in fisica, 7 in scienze naturali, 9 in storia dell’arte. Il giorno dello scritto d’italiano sceglie il tema “Il concetto di patria dalla polis greca a oggi”. Polemizza perché avrebbe voluto che fosse stata assegnata una composizione sulla libertà e non sulla patria. Il presidente della commissione le dice: «Il suo compito ci ha fatto bisticciare. O le davamo zero o le davamo dieci. Le abbiamo dato dieci meno». • Finite le scuole si iscrive a medicina: «Quanto ero fiera di essere una studentessa di medicina! Amavo tantissimo gli orizzonti illimitati che mi aprivano la biologia e la fisiologia e la patologia, al punto che mi forzavo nell’impresa noiosa di memorizzare i nomi delle ossa». Per aiutare la famiglia a pagarle gli studi un giorno di fine estate si presenta in via Ricasoli dove si stampano i tre quotidiani di Firenze: La Nazione, Il Nuovo Corriere e Il Mattino dell’Italia centrale. Vuole andare alla Nazione, ma sbaglia piano e suona al Mattino, quotidiano di area democristiana. Quando vengono a sapere che suo zio è il giornalista Bruno Fallaci le fanno scrivere un pezzo. Argomento: un dancing sull’Arno. «Mi vergognavo tanto, ricordo, all’idea di entrare in un dancing. Ma andai ugualmente e scrissi un pezzo di costume che a rileggerlo non è niente male. Il guaio è che lo scrissi a mano sulla carta a righe, quella che a scuola si usa per il compito in classe». La portano alla macchina da scrivere, per copiare tutto ci mette nove ore. Diventa una cronista regolare del Mattino: «Non saltavo mai la domenica perché a farla prendevo quasi mille lire in più». Nell’aprile del 1951 scrive un articolo sulla morte di un comunista cattolico di Fiesole: il prete gli ha rifiutato il funerale religioso, i suoi amici rubano i paramenti e i ceri in chiesa e gli organizzano una cerimonia. Non manda il pezzo al Mattino, ma all’Europeo diretto da Arrigo Benedetti. La mattina dopo si trova pubblicata, con il nome in prima pagina. Lo zio Bruno Fallaci la chiama: «E ora chi credi di essere, Hemingway? Cretina». Benedetti le chiede un altro articolo, un’intervista a un famoso pediatra di Firenze, e mette di nuovo il suo nome in copertina, ancora più grosso della prima volta. Qualche mese dopo viene licenziata dal Mattino perché, al caporedattore che la manda a seguire un comizio di Togliatti con l’ordine di scrivere un pezzo cattivo e divertente, risponde: «Prima vado a sentire quello che dice e poi scriverò il pezzo su quello che dice». Dopo il licenziamento, viene assunta dallo zio, allora direttore di Epoca. «Mi stimava molto, ora. Diceva che ero brava perché “scrivevo come un uomo”». Però, temendo accuse di nepotismo, la fa scrivere poco. • Dopo meno di un anno lo zio Bruno è rimosso dalla carica di direttore e Oriana Fallaci è licenziata insieme a lui. Arrigo Benedetti le consiglia di andare a vivere a Roma, da dove avrà più opportunità di scrivere per L’Europeo più notizie di cinema e mondanità. Nel 1954 Oriana Fallaci lascia Firenze per andare a vivere a Roma. La aiuta Nantas Salvalaggio: «Mi trovò una camera d’affitto ai Parioli, dove mi stabilii avviando il Periodo della Fame. Dio che fame! Avevo sempre fame, mi nutrivo di panini e basta, al massimo di biscotti che, puntualmente, la padrona di casa scopriva nell’armadio per rimproverarmi: “Portano le formiche! Portano le formiche!”». A novembre del 1954 Oriana Fallaci parte in un viaggio stampa che inaugura la linea Roma-Theran. Riesce a entrare in una moschea e ottiene di farsi ricevere dall’imperatrice Soraya, seconda moglie dello scià, a patto che non faccia domande indiscrete e non parli di politica. Vestita di nero (lo richiede l’etichetta perché la corte è in lutto per la morte del fratello minore dello scià) riesce a sbirciare nel guardaroba dell’imperatrice. Poi fa intendere che il prossimo viaggio dell’imperatrice negli Stati Uniti è organizzato non per vedere Hollywood ma per una visita presso un ginecologo al fine di avere una gravidanza che tarda ad arrivare. Tornata a Roma torna a occuparsi di cinema e mondanità. Nel 1955 Oriana Fallaci viene definitivamente assunta dall’Europeo e si trasferisce a Milano, dov’è la sede centrale. Lì incontra Camilla Cederna: «Non osavo neanche cercare la sua amicizia o perlomeno la sua amabilità: sapevo di non interessarla. Oh, ricordo che amarezza il giorno in cui venni dolcemente rimproverata da un imbarazzatissmo Emilio Radius, redattore capo e suo amico, perché avevo “imitato in un articolo lo stile di Camilla”(In realtà avevo cominciato l’articolo con un avverbio, come faceva lei). Mi fu detto che “la Cederna se n’era offesa e che dovevo cercarmi uno stile tutto mio”». Il 2 novembre 1956 Oriana Fallaci atterra a Vienna dopo aver supplicato il direttore affinché la mandasse a seguire i fatti della rivoluzione ungherese. Trova che i sovietici hanno invaso il Paese e la frontiera è chiusa. Prova a entrare di nascosto noleggiando un taxi, poi sale su un convoglio della Croce Rossa, che viene fermato pochi chilometri oltre la frontiera. Prima di rientrare in Austria si ferma in un avamposto degli insorti. Poi in Austria chiede di visitare i campi profughi per parlare con gli ungheresi in fuga. Spedisce i suoi articoli. Quel viaggio la cambia per sempre e scrive: «Mi sembra che non ci sia più posto, nel nostro interesse di uomini e donne consapevoli, per gli amori dei divi, gli scandali mondani, le prime cinematografiche alle quali si va in smoking e décolléte». Invece meno di un mese dopo il suo rientro la mandano a Londra per seguire uno scandalo a Buckingham Palace. L’articolo comincia così: «Occupiamoci ora dell’ultima cotta di Margaret…». • La prima intervista con il registratore, a Ingrid Bergman: «Lo dovetti affittare, era un affare enorme. Quando me lo trovai davanti mi si vuotò il cervello. Poi feci la prima domanda e arrossii. Ingrid Bergman rispose e poi, nonostante fosse un’attrice, arrossì anche lei e mi chiese: “Va bene così?”. E io: “Mah, non so, mi pare”». Il registratore le permette di concentrarsi su quello che dice l’interlocutore e di avere una prova di quello che viene detto: «A scrivere con il lapis non riuscivo a guardare in faccia la persona con cui parlavo. Facevo degli sgorbi che poi non capivo più. E poi non ho memoria». Nel 1957 l’Europeo manda Oriana Fallaci a Hollywood: «Mi ci mandò con cinquecento dollari, cifra del tutto insufficiente per un mese a Los Angeles, e dovetti arrangiarmi accettando l’ospitalità di una signora italoamericana che m’aveva offerto asilo nel garage del suo giardino. Un garage senza l’automobile, arredato con un letto, un tavolo e un cesso». Non sa ancora bene la lingua e la accompagna Paola Brandt Kennealy, talvolta insieme al marito Bill. • Oriana Fallaci ha paura di volare. Paola Brandt Kennealy: «Ricordo che, durante un volo insieme, appena dopo il decollo tirò fuori dalla borsa un ricamo e si mise al lavoro. Mi serve per non pensare al fatto che siamo così in alto, mi spiegò». È molto brava al piccolo punto. • Tra i personaggi conosciuti nel mese di permanenza in California: Jean Negulesco, Mary Pickford, Henry Hathaway, Judy Garland, Loretta Young, Elvis Presley, Frank Sinatra, Jayne Mansfield, Yul Brinner, Kim Novak, Orson Welles. Gli articoli vengono pubblicati sull’Europeo in una serie intitolata “Hollywood dal buco della serratura”. Ai lettori piacciono molto perché Oriana Fallaci non ha nessuna soggezione dei divi, è divertente ed esuberante, diventa essa stessa personaggio. Nella primavera del 1958 la casa editrice Longanesi propone a Oriana Fallaci di pubblicare un libro che raccoglie i suoi articoli dalla California. Titolo: I sette peccati di Hollywood. «Già quando ero bambina avevo voglia di scrivere libri. Non di essere scrittrice, di scrivere dei libri, perché amo i libri, la carta dei libri». Prefazione di Orson Welles. • Nello stesso periodo si accorge di essere incinta. È innamorata da qualche mese di Alfredo Pieroni, corrispondente da Londra per La Settimana Incom illustrata. Lo ha conosciuto al rientro da Hollywood e da allora gli scrive molte lettere, trascorre giornate accanto al telefono aspettando, spesso inutilmente, che la chiami. Appena può si fa mandare a Londra per dei servizi, spera di poter mettere su famiglia insieme a lui. Per lui cucina, pulisce la casa, stira le camicie. Gli spedisce regali, gli confeziona un maglione lavorato da lei. Il suo lavoro non è più il primo tra i pensieri. Quando scopre la gravidanza, però, sa bene che Alfredo Pieroni non ha alcuna intenzione di avere un figlio con lei. In alcune lettere sembra prendere in considerazione l’aborto: «So che devo farlo: perché, se non lo facessi, rovinerei, o turberei, almeno, la tua vita». Nel maggio 1958, mentre è a Parigi, Oriana Fallaci ha un malore. Un’amica che sa del suo stato interessante la fa ricoverare in ospedale e informa i medici: viene operata d’urgenza. Un mese dopo un altro intervento per fermare le emorragie, le dicono che forse non potrà più avere figli. Le viene un esaurimento nervoso, prende calmanti e antidepressivi. Il direttore dell’Europeo la mette a riposo per qualche mese pensando che stia lavorando troppo. Alfredo Pieroni ormai le sfugge, lei insiste per fargli scrivere un libro sulla classe politica italiana. Fa interviste al posto suo e poi le sbobina, gli trova i contatti. Il 28 giugno 1959 Oriana Fallaci fa scalo a Londra durante una trasferta per l’Europeo. Vorrebbe vedere Alfredo Pieroni, gli dà un appuntamento ma quello non si presenta. Prende una intera scatola di sonniferi. La famiglia, avvisata dalla direzione dell’albergo, manda una sorella a occuparsi di tutto, per non far scoppiare scandali. Rimpatriata, viene ricoverata in una clinica psichiatrica. Nell’inverno del 1960 con il fotografo Duilio Pallottelli Oriana Fallaci parte per un viaggio alla scoperta della condizione delle donne fuori dall’Europa. Tappe: Turchia, Pakistan, India, Indonesia, Malesia, Hong Kong, Giappone, Hawaii. Bagaglio: una decina di macchine fotografiche, una macchina per scrivere, quattro valigie e una pelliccia. «Da un capo all’altro della Terra le donne, come gli uomini, vivono in modo sbagliato, senza quel sano equilibrio che dà la giustizia e il buon senso. O vivono segregate come le bestie di uno zoo, guardando il cielo e la gente dalla prigione di un lenzuolo che le avvolge come un sudario avvolge il cadavere, o vivono come domatori in giacca rossa ealamari, il frustino schioccante nella mano. Io non so se la pena più profonda l’ho provata dinanzi alla mussulmana che mendicava un posto in un ospizio o dinanzi alla soldatessa di Ankara che vinceva le medaglie nelle gare di tiro coi maschi. Non so se mi abbia spaventato di più la dottoressa indiana che aiuta il suo Paese a fabbricare meno bambini o la geisha di Kyoto che se ne stava immobile come una farfalla infilzata con uno spillo al muro. Certo la schiavitù è terribile e gelida ma la libertà male intesa può essere altrettanto terribile e gelida. Molte volte, nel corso di questo viaggio, non ho saputo stabilire quale delle due fosse peggiore». Nel 1961 gli articoli scritti da Oriana Fallaci sulla condizione delle donne nel mondo diventano un libro: Il sesso inutile. Viene subito tradotto in undici lingue ed è un successo. Quando le chiedono perché l’ha intitolato così, risponde: «Per venderlo». Nel 1962 Oriana Fallaci pubblica Penelope va alla guerra, un romanzo su una donna, Giovanna, di mestiere sceneggiatrice, che va a New York e si innamora di Richard. «Giò, la protagonista, ero io a quel tempo. E v’è un episodio in quel libro che rasenta la cronaca. È l’episodio di Giò che rinuncia alla sua verginità. Accade proprio a quel modo, a me. Quando scoprì che ero vergine, lui si mise a piangere. E io lo consolavo, gli dicevo: “Non è nulla, non è nulla, non piangere!”». Nel 1963 Oriana Fallaci pubblica il libro Gli antipatici, che raccoglie alcune delle sue interviste a personaggi del jet set famosi per il loro cattivo carattere. Sull’Europeo si occupa sempre meno di mondanità e più di politica. Poi parte per scrivere dei reportage sulla corsa allo spazio. Nel gennaio del 1964 un telegramma la informa che la madre ha avuto un infarto. Interrompe il soggiorno alla Nasa e rientra in Toscana, dove trova la madre viva ma ancora malata. La porta a trascorrere la convalescenza in campagna, nella tenuta di Casole, vicino a Greve in Chianti, che ha acquistato con i guadagni dei diritti d’autore. La tenuta con il tempo diventa una specie di piccolo borgo con casa padronale da ventidue stanze, un mulino, un paio di rustici, tanto terreno. Il padre vi alleva animali che poi non ha il coraggio di uccidere. Ogni tanto per l’Europeo parte per scrivere servizi, ma mai fuori dall’Europa. Nel maggio 1964 Oriana Fallaci riparte per gli Stati Uniti. A Houston incontra altri astronauti. Tra questi, diventa molto amica di Charles Conrad, chiamato Pete, e di sua moglie, Jane Dreyfus. Nell’autunno del 1964 chiude il lungo soggiorno con gli astronauti e torna in Italia. Riprende il lavoro al giornale, continua a dividersi tra Stati Uniti e Italia. Nel 1965 esce il libro di Oriana Fallaci Se il Sole muore, costruito con gli articoli sugli astronauti. Nello stesso anno il produttore del film Il tormento e l’estasi, sulla vita di Michelangelo, chiede a Oriana Fallaci di interpretare una nobildonna della famiglia dei Medici. Il direttore dell’Europeo non vuole rinunciare alla sua giornalista per più di un mese e quindi è costretta a rinunciare. • Dice di no anche a Luchino Visconti che la vorrebbe come interprete della Monaca di Monza nei Promessi sposi. Davanti ai suoi dinieghi non si dà pace: «Lei è un’attrice. Non capisco come lei non abbia mai fatto e non faccia l’attrice». Nel novembre del 1966 per l’alluvione di Firenze Oriana Fallaci torna nella sua città. Agli amici in America scrive del coraggio dei suoi concittadini: «Alle dieci, undici di sera, sono ancora lì e ripuliscono, lavano, ripuliscono, uomini donne bambini, li vedi arrampicati su scale che grattan òa nafta rimasta appiccicata sui muri, al soffitto, ostinati, silenziosi, cocciuti, decisi a vivere, a sopravvivere, e tu non credi ai tuoi occhi. Voglio dire: la città è morta e loro si comportano come se fosse viva. Un coraggio, una forza che ti lascian smarrito». Nel novembre 1967, accompagnata dal fotografo Gianfranco Moroldo, Oriana Fallaci parte per il Vietnam. Appena arriva a Saigon conosce François Pelou, direttore dell’Agence France-Press, «un bel giovanotto dai capelli grigi e il corpo di atleta, il volto duro ed attento, due occhi cui non sfugge nulla, insieme dolorosi ed ironici». Pelou ha 42 anni, è sposato con un’attrice americana insieme alla quale ha adottato un bambino, è un veterano del giornalismo internazionale. Negli anni Cinquanta ha seguito la Guerra di Corea e ha diretto gli uffici della France-Presse di Hong Kong, conosce bene i paesi asiatici e nel 1963 è stato testimone oculare dell’omicidio di Lee Harvey Oswald, assassino di John Kennedy. Grazie all’intercessione di Pelou, Oriana Fallaci può entrare al campo americano a Dak To, dove resta per tre giorni. Si lega sempre di più al giornalista francese: «Andavo spesso a cercarlo nell’ufficio di rue Pasteur: ora per chiedergli un consiglio o un aiuto, ora per cercare un sollievo al mio smarrimento. E sebbene in quel periodo egli restasse ai margini della mia ricerca, senza dubbio egli la indirizzò: per diventarne a poco a poco la guida, la buona coscienza». Sempre grazie ai buoni uffici di Pelou riece a intervistare due prigionieri vietcong e a salire su un cacciabombardiere americano. Alla fine s’innamorano. • Oriana Fallaci nel taschino dell’uniforme porta sempre una vecchia moneta dello Stato Pontificio, cimelio di un trisavolo che aveva combattuto a Porta Pia. È convinta che le porti fortuna, la protegga dai proiettili e faccia passare il mal di testa. A Natale 1964 Oriana Fallaci rientra in Italia dal Vietnam e poi vola a New York. Il 31 gennaio 1968 Oriana Fallaci sente alla radio che i vietcong hanno attaccato l’ambasciata americana a Saigon e altri obiettivi della città. Prende il primo aereo per Bangkok, poi di lì a Saigon vola con un aereo militare americano. Fa tutto questo per ritrovare François Pelou. • Ricorda François Pelou: «Oriana riusciva a stare in qualsiasi situazione, anche estrema, ma una cosa che non dimenticò mai, nonostante tutto, fu la sua femminilità. Era molto carina e lo sapeva. Ma non usò mai questa sua indole femminile con i militari per carpire delle informazioni, come facevano moltre altre sue colleghe. Lei era diversa, era superiore, voleva conoscere, capire». A maggio 1968 François Pelou annuncia a Oriana Fallaci che sta per lasciare Saigon per andare a dirigere la sede della France-Presse in Brasile. • Al fronte Oriana Fallaci non ha difficoltà ad adattarsi. Vuole portarsi sempre lo zaino da sola e si offende se qualcuno la vuole aiutare. «Nemmeno alla guerra quando al fronte dormivo branda a branda con i soldati, o nei boschi per terra con loro, magari unica donna fra cento o duecento uomini, nemmeno lì mi sentivo femmina tra i maschi. A parte il fatto che, quando ti sparano addosso, a tutto pensi fuorché al sesso». Il 2 ottobre 1968 Oriana Fallaci è a Città del Messico per seguire le proteste degli studenti contro il governo e la decisione di ospitare le Olimpiadi, organizzate con gran dispendio di denaro. Si trova nella piazza delle Tre Culture, su una delle terrazze da cui parlano gli oratori, con altri giornalisti stranieri. All’improvviso l’Esercito circonda la piazza e inizia a sparare, una squadra di poliziotti fa irruzione sulla terrazza e ordina ai giornalisti di sdraiarsi. Oriana Fallaci è colpita da una raffica di schegge, il giornalista accanto a lei, un tedesco, muore. Viene portata in una stanza insieme a tanti altri, tra feriti e cadaveri. Solo un’infermiera, impietosita, avverte l’ambasciata che manda un’ambulanza e la porta via. • In quegli anni è spesso in Brasile, dove va per stare con François Pelou. Si interessa delle politiche del Sudamerica. Conosce Hélder Câmara, arcivescovo di Recife, va in Bolivia per intervistare l’intellettuale francese Régis Debray, incarcerato per aver partecipato alla guerriglia con Che Guevara eccetera. Nel 1969 esce il libro di Oriana Fallaci Niente e così sia con il materiale raccolto in Vietnam. È immaginato come un dialogo di François Pelou. Nel marzo del 1969 Oriana Fallaci va nel Vietnam del Nord con una delegazione di donne comuniste. Resta dodici giorni nel Paese, dove, dopo molte insistenze, riesce a parlare con il generale Giáp. Al termine dell’intervista i funzionari del partito le consegnano l’unico testo che è autorizzata a pubblicare. Lo fa, ma mettendolo accanto al suo articolo. L’intervista fa scalpore. Ricorda François Pelou: «Giáp si ritrovò ad ammettere che la famosa offensiva del Têt contro gli americani fu in realtà un insuccesso dei vietcong, dei comunisti, e che lui, il generale Giáp, non aveva alcuna responsabilità. Era stato un errore dei vietcong infiltrati nel Vietnam del Sud». Nel marzo 1970 Oriana Fallaci progetta una serie di articoli sui palestinesi. Va in Giordania, dove i palestinesi hanno le basi segrete lungo il confine con Israele. Intervista il leader dell’Olp, Yasser Arafat, che non le piace perché le sembra poco sincero. Scrive: «L’incontro tra un arabo che crede senza riserve alla guerra e un’europea che non ci crede più è un incontro immensamente difficile: anche perché quest’ultima resta imbevuta del suo Cristianesimo, del suo odio per l’odio, e l’altro invece resta infagottato dentro la sua legge dell’occhio-per-occhio-dente-per-dente». • François Pelou viene arrestato dal governo brasiliano perché ha pubblicato notizie riservate. Viene espulso dal Paese. Oriana Fallaci organizza all’aeroporto di Parigi un comitato d’accoglienza in suo onore. • Esce il libro Quel giorno sulla Luna, il secondo scritto da Oriana Fallaci sulla corsa allo spazio. Il 4 marzo 1972 Oriana Fallaci intervista il segretario di Stato americano, Henry Kissinger: «Dio che uomo di ghiaccio. Per tutta l’intervista non mutò mai quell’espressione senza espressione, quello sguardo ironico e duro, non alterò mai il tono di quella voce monotona, triste, sempre uguale». Gli chiede come spieghi la sua popolarità, quello risponde: «Il punto principale nasce dal fatto che io abbia sempre agito da solo. Agli americani ciò piace immensamente. Agli americani piace il cowboy che guida la carovana andando avanti da solo sul suo cavallo, il cowboy che entra tutto solo nella città, nel villaggio, col suo cavallo e basta». L’articolo viene ripreso anche dai grandi giornali americani e ne nasce uno scandalo, Nixon non gradisce. Nell’ottobre del 1972 Oriana Fallaci intervista Golda Meir, premier di Israele. «Anche se non si è affatto d’accordo che lei, con la sua politica, la sua ideologia, non si può fare a meno di rispettarla, ammirarla, anzi volerle bene. Io le volli subito bene». • Nello stesso anno muore lo zio Bruno Fallaci, che considera il maestro della sua giovinezza, colui che l’ha guidata nel sogno di diventare giornalista. «Dicono che mormorò prima di chiudere gli occhi: “L’Oriana dov’è?”. “Di nuovo a Saigon”. “Bene, è lì che dev’essere”». Nel 1973 Oriana Fallaci rompe la relazione con François Pelou, a Madrid. Ricorda l’uomo: «Voleva che chiarissi in maniera definitiva la situazione con mia moglie, ma le dissi che per il momento non me la sentivo. Partì, la sentii il giorno dopo e mi disse che aveva spedito all’indirizzo di mia moglie tutte le lettere d’amore che le avevo scritto». Non si sono più rivisti, né sentiti. Il 23 agosto 1973 Oriana Fallaci incontra in Grecia Alexandros Panagulis. Questi, il 13 agosto 1968, aveva fatto esplodere una bomba per uccidere Georgios Papadopoulos, capo della giunta dei colonnelli. Il 17 novembre dello stesso anno era stato condannato a morte e poi al carcere duro. Qui, torturato per cinque anni senza però mai rivelare nulla di quel che volevano sapere da lui. Il 19 agosto 1973, per un’amnistia generale, viene liberato. Dopo pochi giorni l’incontro: «Successe qualche cosa tra noi quando entrai in questa stanza, e vidi quest’omino che mi veniva incontro sorridendo e a mani tese. (…) Era cinereo con sfumature verdognole e occhiaie violacee sotto gli occhi infossati. Non fu certo un’attrazione fisica quella che provai. È che in lui riconobbi davvero tante creature da me conosciute per il mondo, creature che avevano donato la loro vita a un ideale e che, per quell’ideale, avevano conosciuto torture bestiali, galera, spesso la morte». Il giorno dopo Oriana Fallaci parte: «Vedendolo ho pensato: “Oddio, eccoci. È successo, succede”. E subito ho avuto un ripensamento, anzi una paura. Sono scappata dicendomi: “Per carità! Per-ca-ri-tà!». Invece si mettono insieme, lo porta in Toscana, nel casale dove vive anche la famiglia. Poi si trasferiscono a Firenze. • «Io ho provato a vivere maritalmente col mio compagno. O meglio, ci sono stata costretta da alcune circostanze: peraltro abbastanza nobili. Impazzivo lentamente. Non ce la facevo proprio. E devo dire che ce la faceva male anche lui, perché in questo senso siamo uguali: in questa sete di indipendenza». Con Panagulis litigano spesso, ma Oriana Fallaci ammira molto le sue poesie e lo aiuta a ricostruire quelle scritte in carcere e imparate a memoria quando non c’era carta per annotarle. Ne nasce il libro Vi scrivo da un carcere in Grecia. Per la prefazione del libro si rivolge a Pier Paolo Pasolini. • Con Alexandros Panagulis celebrano un matrimonio simbolico e segreto, scambiandosi degli anelli: «L’anello che mi aveva regalato lui era molto bello: coi brillanti. Quello che gli avevo rgalato io era molto povero: perché lui l’aveva voluto così (…). Avevo sbagliato misura. Alekos era molto divertito e lo aveva messo al mignolo, sebbene anche al mignolo gli stesse un po’ stretto. Aveva dita grassocce. Non lo levò mai da quel dito, mai». Tra la fine del 1973 e il 1974 Oriana Fallaci realizza per L’Europeo una serie di interviste a politici italiani: Sandro Pertini («Nelle sei ore che trascorsi con lui sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore d’incanto»); Giorgio Amendola («Ho letto il suo libro e pensi: non mi sono annoiata! Scusi, eh, ma di solito voi comunisti siete così noiosi»); Giovanni Malagodi; Giulio Andreotti («Ha mai pensato di farsi prete?»), Giovanni Leone; Pietro Nenni. Nel 1974 Oriana Fallaci pubblica il libro Intervista con la storia, che raccoglie e amplia alcuni dei ritratti più famosi. Nell’agosto del 1974 Panagulis ritorna ad Atene e si candida al Parlamento. Una volta eletto comincia la sua battaglia contro alcuni esponenti del governo, che accusa di essere compromessi con la dittatura dei colonnelli. Oriana Fallaci torna nella sua casa di New York. A settembre del 1975 Oriana Fallaci pubblica il libro Lettera a un bambino mai nato. Lo ha scritto subito dopo un aborto spontaneo, nel 1966. Vende quasi mezzo milione di copie in sei mesi e viene tradotto in più di venti lingue. • In base alle testimonianze di familiari e amici e ai suoi stessi racconti, si può dedurre che Oriana Fallaci è rimasta incinta almeno due volte e ogni volta ha perso il bambino: «È stata una scelta del destino. Io non ho mai abortito. Li ho sempre perduti. Forse mi sono decisa troppo tardi ad averli». • Oriana Fallaci a proposito dell’aborto: «Supponiamo che quando ero un embrione di pochi millimetri, mi avessero detto: “Senti, Oriana, se tu nasci, nasci un bambino affamato che muore a sei anniin un forno si Mauthausen. Vuoi nascere lo stesso?”. Io gli avrei risposto: “Sì”». Però pensa che le uniche a poter decidere siano le donne: «Io sono pronta anche ad andare in galera per difendere per tutti la libertà di aborto nei casi necessari». Nel novembre 1975, dopo la morte di Pier Paolo Pasolini, Oriana Fallaci scrive di un suo testimone segreto che avrebbe visto altri due uomini, oltre a Giuseppe Pelosi, picchiare e uccidere lo scrittore. Quando i giudici le chiedono di fare il nome del testimone, si appella al segreto professionale. Affronta il processo e viene condannata per reticenza. Nel marzo 1976 Alekos Panagulis torna a Firenze, nella casa di Oriana Fallaci, dove si mette a scrivere un libro sulla sua prigionia. Ma rinuncia e ritorna in Grecia. Dice alla Fallaci, che cerca di spronarlo: «Lo scriverai tu». Lei se ne torna a New York. Nella notte tra venerdì 30 aprile e sabato 1° maggio 1976 Alekos Panagulis muore in un incidente automobilistico. Il lunedì avrebbe dovuto portare in Parlamento le carte segrete che riguardavano alcuni esponenti del governo, compromessi con la dittatura dei colonnelli. Oriana Fallaci non ha dubbi che si tratti di un’esecuzione compiuta da qualche sicario. L’auto su cui si trovava Panagulis era di un colore verde acceso: gliel’aveva regalata Oriana Fallaci e lui l’aveva ribattezzata “Primavera”. Subito dopo il funerale, la Fallaci litiga con la famiglia di lui, che le chiede i soldi di Panagulis, mentre lei vorrebbe donarli, come desiderava il defunto, alla resistenza spagnola e cilena. Nel gennaio 1977 muore per un tumore Tosca Cantini, la madre di Oriana Fallaci: «C’erano due persone nella mia vita che erano più importanti della mia vita stessa: il mio uomo e mia madre. E tutti e due sono morti, uno dopo l’altro, in otto mesi. E ora che questa doppia catena è caduta, io non so cosa fare della mia libertà. Sono come il deserto dell’Arabia». • Oriana Fallaci si dimette dall’Europeo. Per tre anni rifiuta interviste, declina inviti a parlare in pubblico e si ritira a Casole, per lavorare a un romanzo su Panagulis. Lo riscrive più volte: «Non riuscivo a staccarmi da quelle bozze, non riuscivo a lasciarle in pace». Nel luglio 1979 Oriana Fallaci pubblica il libro Un uomo, romanzo ispirato ad Alexandros Panagulis. La dedica del libro: «Ghia sena. Per te». È il titolo di una poesia che Panagulis aveva scritto per lei. • Consegnato il libro, riprende a viaggiare. Quando qualche argomento la colpisce fa delle interviste, che poi vengono pubblicate dal Washington Post, dal New York Times o dal Corriere della Sera. Ottiene di intervistare Khomeini: «Nel 1973 intervistai lo scià e scrissi che era un figlio di cane. Allora Khomeini mi dette l’intervista pensando che avrei scritto benissimo di lui». Per l’incontro accetta di indossare il chador. Khomeini, infastidito dalle sue domande sulla condizione femminile in Iran, le dice: «Se la veste islamica non le piace non è obbligata a portarla. Il chador è per le donne giovani e perbene». Oriana Fallaci se lo toglie, Khomeini se ne va. Lei protesta perché non ha avuto tutto il tempo che le era stato promesso e rifiuta di andarsene. Il figlio di Khomeini è costretto a giurare sul Corano che il giorno dopo avrebbe avuto un altro incontro: «Khomeini arrivò. Lo guardai dritto negli occhi e gli dissi: “Ora, imam, riprendiamo da dove abbiamo interrotto ieri. Stavamo parlando del fatto che io sono una donna indecente…”. (…) Lui non ti guarda mai in faccia, guarda sempre a terra. Allora, mi guardò dritto in faccia con un sorriso divertito! Era buffo, perché non poteva ridere». Alla fine scrisse nell’articolo che Khomeini era «un fanatico»: «Secondo me un fanatico è necessariamente una persona non intelligente, ma devo ammettere che lui è l’eccezione che conferma la regola. Avevo pensato di incontrare un idiota, invece incontrai un uomo acuto». • Sempre nel 1979 Oriana Fallaci intervista Gheddafi, che dieci anni prima ha preso il controllo della Libia con un colpo di Stato. Lo incontra due volte: nel suo quartier generale e in una tenda nel deserto. Gheddafi sfugge alle sue domande (sul finanziamento alle Brigate Rosse, sull’alleanza con la Fiat, sull’ospitalità al dittatore idi Amin Dada). Anni dopo dice: «Quell’intervista fu veramente spaventosa. Gheddafi è clinicamente infermo, mentalmente malato, un idiota pazzo». Nell’agosto del 1980 Oriana Fallaci riesce a incontrare Deng Xiaoping. Gli pone domande impertinenti sul ritratto di Stalin a piazza Tienanmen, sulla Banda dei Quattro, gli chiede quanti sono i morti della Rivoluzione culturale. Ma alla fine lo trova simpatico: «Onestamente può aver aiutato non solo il fatto che io sono una donna, ma che io sono una donna molto piccola. Il punto è che anche Deng è molto piccolo: è anche più piccolo di me». Nel febbraio 1981 Oriana Fallaci intervista in Polonia Lech Walesa. Anni dopo dice di lui: «Non mi era piaciuto. Avevo ben capito che si trattava d’un ignorante vanesio e presuntuoso, d’un bigotto imposto dalla Chiesa cattolica come un produttore cinematografico impone un attorucolo di nessun talento. Avevo perfino annusato in lui un certo miasma di fascistello che una volta al potere regala il seggio di senatore al suo cavallo o al suo autista. Ma dopo un lungo dilemma, lo-scrivo-o-non-lo-scrivo, decisi che scrivendolo avrei reso un favore ai comunisti, anzi a Mosca». Nel giugno 1982, quando Israele invade il Libano, Oriana Fallaci decide di andare a vedere. Riesce a ottenere un’intervista con Ariel Sharon, comandante in capo dell’esercito israeliano. Questi, al termine del colloquio le dice: «Sapevo bene che lei voleva aggiungere un altro scalpo alla sua collana. Lei è dura, molto dura. Ma mi è piaciuto ogni momento di questo incontro tempestoso perché lei è una donna coraggiosa, leale e capace. Nessuno è mai venuto da me ben documentato come lei. Nessuno va alla guerra come ha fatto lei, sotto le bombe, solo per preparare un’intervista». Nell’ottobre del 1983 Oriana Fallaci va a Beirut per parlare con i militari italiani che vivono sotto la minaccia dei terroristi, i quali hanno già attaccato i contingenti americano e francese facendo più di 300 morti. Con il compito di proteggerla le viene affiancato Paolo Nespoli, un sergente nato nel 1957. È un ammiratore di Oriana Fallaci, che ha il doppio dei suoi anni, e trascorrono insieme tante ore parlando di tutto. Si rivedono altre volte, quando lei torna a Beirut, le confessa che il suo sogno è fare l’astronauta, progetto che ritiene ormai irrealizzabile. Lei lo sprona a non desistere. Nei mesi successivi si vedono molte volte. Oriana Fallaci si innamora di nuovo. Gli scrive: «Avevo giurato che mai più avrei toccato un uomo. Poi ho incontrato te». Nel 1984 muore di tumore Neera Fallaci, sorella di Oriana Fallaci. Nell’aprile del 1985 Paolo Nespoli lascia l’esercito e va ad abitare nella casa di Oriana Fallaci a New York: studia ingegneria aerospaziale al Politecnico della New York University, mentre lei inizia a scrivere Insciallah. Dicembre 1987: Oriana Fallaci rientra in Italia per assistere il padre malato di tumore. Il genitore muore dopo due mesi, tra le sue braccia. Nel 1990 Oriana Fallaci pubblica il libro Insciallah. Paolo Nespoli, con cui ancora dura la relazione e la convivenza, si laurea e trova lavoro presso un laboratorio di ricerca e sviluppo aerospaziale in Italia. Nel 1991 Paolo Nespoli trova lavoro in Germania, con l’Agenzia spaziale europea. Quando parte per la Germania, Oriana Fallaci gli comunica che non lo vuole più vedere né sentire. Nel 1992 Oriana Fallaci viene operata di tumore al seno. Al termine dell’intervento chiede di poter vedere ciò che le hanno asportato. «I medici mi risposero: “Suvvia, non lo fa nessuno, è terribile”. Ma io insistetti: “È mio, voglio vederlo”. Era una piccola cosa bianca dalla forma allungata. Oh, come lo odiavo. Cominciai a parlargli: “Tu, fottuto bastardo, non azzardarti a tornare. Hai lasciato dei figli dentro di me? Ti ucciderò! Non vincerai!”». Dopo aver saputo dai giornali che Oriana Fallaci ha un cancro, François Pelou le scrive. Lei gli rispedisce la lettera indietro, nella busta aperta, senza una parola. • «Io non capisco questo pudore, questa avversione per la parola cancro. Non è neanche una malattia contagiosa. Bisogna fare come si fa qui in America, bisogna dirla questa parola. Serenamente, apertamente, disinvoltamente. Io-ho-il-cancro. Dirlo come si direbbe io ho l’epatite, io ho la polmonite, io ho una gamba rotta. Io ho fatto così, io faccio così e a far così mi sembra di esorcizzarlo». • Torna a New York e decide di dedicarsi al romanzo familiare a cui pensa da tempo. Inizia a scrivere Un cappello pieno di ciliege. I genitori sono morti, i rapporti con la sorella Paola sono spesso tesi, ma va molto d’accordo col figlio di lei, Edoardo. Al nipote scrive: «Temo sempre che un giorno sfondinp la porta e mi trovino stecchita anzi mummificata come quella donna di Varese di cui solo sette anni dopo si sono accorti che era morta». Nell’estate 1993 Oriana Fallaci interrompe la scrittura del romanzo Un cappello pieno di ciliege per registrare personalmente la versione in audiolibro di Lettera a un bambino mai nato: «Ho la voce piuttosto bassa, una voce di gola, e al mattino ero sempre roca. Così arrivavo allo studio con la voce roca e lui (il tecnico del suono, ndr) protestava. “Non si può! Così non si può! Deve scaldarla!”. Per scaldarla leggevo un’ora o due senza registrare. Quando veniva il momento di registrare ero già stanca». • Torna a New York e riprende a scrivere: «Inizio a lavorare presto la mattina e vado avanti fino alle sei o sette di sera senza interruzione, senza mangiare e senza riposare. Fumo più del solito, il che significa circa cinquanta sigarette al giorno. Dormo male la notte. Non vedo nessuno. Non rispondo al telefono. Non vado da nessuna parte. Ignoro le domeniche, le feste, il Natale, il Capodanno». Con gli anni il suo carattere diventa sempre più difficile, litiga con tutti, non apre più la posta, non si fa mai vedere in giro, non vuole più scrivere per i giornali. Si rifiuta di imparare a scrivere al computer e usa solo la sua macchina Olivetti. • «Io, quando vedo una persona con un mio libro in mano, ho sempre l’impulso di avvicinarmi e di fare ciò che faceva mio zio Bruno Fallaci quand’era direttore di uno dei più grandi (allora) settimanali italiani. Per avere un’idea di quanti leggessero il nuovo numero della sua fatica, ogni settimana lo zio Bruno si metteva qualche minuto accanto all’edicola di casa sua. E appena qualcuno comprava il giornale si toglieva il cappello, abbozzava un inchino, diceva: “Grazie, signore. Grazie, signora”». Il 15 settembre 2001 Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, vola a New York per intervistare Oriana Fallaci. Non deve neanche fare l’intervista, perché lei l’ha già scritta, domande e risposte, mentre lo aspetta. Sceglie anche il titolo: La rabbia e l’orgoglio. Il 29 settembre 2001 il Corriere della Sera pubblica l’articolo La rabbia e l’orgoglio scritto da Oriana Fallaci. (Leggi l’articolo) A dicembre 2001 Oriana Fallaci pubblica il libro La rabbia e l’orgoglio. Solo in Italia vende 700mila copie in due settimane. Viene tradotto in sedici lingue. Riceve denunce per incitamento all’odio razziale e religioso. I siti islamici la minacciano, ma si convince sempre di più che deve continuare a dire quello che pensa. Nel 2004 Oriana Fallaci pubblica i libri La forza della ragione, centrato sulla storia della pressione islamica sull’europa, e Oriana Fallaci intervista sé stessa. L’Apocalisse. Si rivolge agli europei, spronandoli a difendere la sua identità e i suoi valori. La polemica la spinge a studiare le relazioni tra Islam ed Europa. Già nel 1960 aveva denunciato il trattamento che in questa religione è riservato alle donne. Per i reportage di guerra spesso è stata spettatrice della miscela di politica, analfabetismo e fanatismo religioso che suscitano la sua condanna. • Si rimette a lavorare sul romanzo della sua famiglia, è molto debilitata dalle metastasi del cancro. Nel giugno 2005 Oriana Fallaci contatta l’arcivescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia università lateranense, che l’ha difesa in un articolo. Gli scrive: «Lei mi ha commosso. Eccomi qua, mezza cieca, ridotta a uno stecco, ma eccomi qua». Inizia una corrispondenza fitta e affettuosa, oltre che un’amicizia. Il 27 agosto 2005 a Castel Gandolfo Oriana Fallaci, grazie all’aiuto di Rino Fisichella, incontra Benedetto XVI, per il quale ha grande stima: «Adoro Ratzinger, non solo perché è un uomo colto e intelligente ma perché è un uomo con le palle. L’unico, ad esempio, che in Vaticano prese chiara posizione contro i preti pedofili degli Stati Uniti. E l’unico, si sa, che difende l’Occidente. Infatti di lui mi piace tutto. Anche la sua faccia e la sua buffa voce da nonna benevola ma pronta a tirare schiaffi». La notizia dell’incontro trapela solo tre giorni dopo. Nel 2006 Oriana Fallaci continua a lavorare al romanzo, sceglie il titolo Un cappello pieno di ciliege e insiste perché ciliege sia scritto senza la “i”, come lo scriveva sua madre sui barattoli della marmellata fatta in casa. Fa testamento a favore del nipote Edoardo, dona i libri antichi all’Università lateranense, dà disposizioni per il funerale, che vuole in forma privata e laica, e per la sepoltura accanto ai genitori nel cimitero evangelico degli Allori, a Firenze. Vuole che le appuntino sul vestito una spilla del periodo napoleonico che spesso metteva da giovane durante le interviste con gli uomini di Stato. Vuole morire a Firenze, in una stanza da cui si vedano la cupola di Brunelleschi e il campanile di Giotto. Il 4 settembre 2006 Oriana Fallaci atterra a Firenze nelle prime ore del mattino. L’aspetta un’ambulanza. Nella notte tra il 14 e il 15 settembre 2006 Oriana Fallaci muore in una stanza della Clinica Santa Chiara di Firenze. Il suono delle campane accompagna il feretro fuori dall’edificio. Nel 2008 esce postumo il libro di Oriana Fallaci, Un cappello pieno di ciliege. Nel progetto della giornalista dovrebbe ricostruire la storia della sua famiglia a partire dal 1773. Si interrompe, incompiuto, al 1889 «Se sono brava non lo so. Lavoro duro, lavoro bene. Ho dignità. Ho una vita per dimostrarlo» (Oriana Fallaci).