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 2016  luglio 25 Lunedì calendario

DA CUCCIA A CAIRO, GLI ASSALTI AL FORTINO DI VIA SOLFERINO

Sorte beffarda come in una pièce teatrale grottesca. Finisce di nuovo in manette il furbetto del quartierino (Pe’ du fatture), il vanaglorioso ex odontotecnico di Zagarolo che dieci anni fa, non voleva impossessarsi del mercato dei cavolfiori, ma del Corriere della Sera. Soltanto poche ore prima il tempio della borghesia milanese, croce e delizia del capitalismo italiano, 150 anni di storia, oggetto per decenni di appetiti, scontri politici e finanziari, trappole evitate e subite, ha sciolto il nodo finendo non nelle mani del grande establishment finanziario, ma in quelle forse un po’ meno curate di Urbano Cairo, che si definisce “editore puro”, dopo aver salvato La Sette e invaso le edicole con pubblicazioni settimanali preferibilmente di gossip. Un outsider privo di nobili lombi. Nonostante l’aplomb, i grandi capitalisti e i grandi banchieri, non è che l’abbiano presa proprio bene. Diego Della Valle, l’azionista che per anni ha attaccato i suoi soci per i pessimi risultati dell’azienda, possiede il 7,3 per cento del capitale Rcs, è il più fumino e ha chiesto a tutte le autorità competenti di essere rassicurato sul fatto che tutto si sia svolto nel rispetto delle regole con l’Opas di Cairo, mentre-noblesse oblige-John Elkann ha fatto pervenire i suoi esili auguri. E Alberto Nagel, il deus ex machina di Mediobanca, tardo epigono del capostipite dei banchieri di sistema Enrico Cuccia, che a questo punto aspira ad un altro incarico? Aveva detto e ripetuto che il capitalismo relazionale, sul quale si è retta per decenni la Rcs, è “contronatura”. Ma giusto per salvare un po’ di capitalismo contronatura aveva messo lui in campo Andrea Bonomi spalleggiandolo fino alla fine. L’ultima raffica dei banchieri di sistema che per mezzo secolo ha fatto da balia pagante al capitalismo italiano, tra conflitti d’interesse, salotti buoni, affari e politica pare sia davvero al lumicino (salva l’influenza personale che ancora esercita Giovanni Bazoli, che appare ben lieto della soluzione Rcs). Ecco allora che tra i debiti e gli azionisti rissosi, spunta l’outsider, che propone senza tanti fronzoli di prendersi il Corriere perché lui ha i mezzi, il progetto e ha dimostrato di saperci fare in editoria. Cairo e Bonomi, due personaggi e due storie che più diverse non potrebbero essere. Il primo nasce come assistente di Berlusconi alla Fininvest, passa in Publitalia, alla Mondadori e durante Tangentopoli patteggia 19 mesi per falso in bilancio, ma oggi è puro come un giglio, salvi i sospetti di Della Valle. Compra il Torino Football Club, si porta via La 7 da Telecom per un milione di euro e sul rilancio dell’emittente i consensi sono generali, un po’ meno sui settimanali che lancia di continuo. Bonomi è un po’ il suo opposto: nato nel Sessantacinque a New York, studi in Francia, è nipote di Anna Bonomi Bolchini che a Milano negli anni Settanta si fregiava del titolo di Lady Finanza. Capo di un gruppo variegato con tredici aziende e 5 miliardi di fatturato, Andrea possiede l’8,5 per cento della Popolare di Milano, ma gli è sfuggito il controllo. Pare subisca assai il fascino di Nagel, che non voleva che la banca e il Corriere finissero in mani non gradite a Mediobanca (per la serie i salotti sono morti). Da non dimenticare che Bonomi era tra i venditori che rifilarono a Rcs il gruppo spagnolo Recoletos, un’acquisizione demenziale che è all’origine dell’attuale indebitamento.. «Ascoltate anche in futuro quello che vi propone il professor Bazoli per il Corriere», disse Gianni Agnelli a Franzo Grande Stevens dopo un incontro al villa Frescot con il banchiere a fine dicembre 2002, poche settimane prima della morte dell’Avvocato. Il quale aveva detto sì a intervenire nella Rcs per salvarla dal fallimento dopo le gesta della P2 di Gelli, Ortolani, il Vaticano e il disastro del Banco Ambrosiano. Annota nei suoi diari Carlo Azeglio Ciampi il 12 settembre 1984: «Maccanico ha visto Cuccia che si interessa al Corriere. Agnelli è disponibile». Sul periodo successivo, Cesare Romiti, che fu presidente dal 1998 al 2004, la fa un po’ diversa e sostiene che Bazoli gli disse che Gianni Agnelli prima di morire gli disse di far entrare altri soci e in particolare Salvatore Ligresti. Quel che non si discute è che il destino del Corriere traversa decenni di storia finanziaria e politica italiani. Gli aneddoti succosi sono decine e decine. Significativo ancora oggi, avendo conosciuto i due protagonisti, quello che vide faccia a faccia Enrico Cuccia e Bettino Craxi ai tempi del salvataggio dell’Ambrosiano. Convocato a piazza Duomo 19 il banchiere dovette subire una sfuriata da Craxi, il quale pretendeva di essere lui a imporre i nuovi assetti societari e giornalistici del Corriere. E stavolta la politica? Matteo Renzi e il Giglio magico sono stati davvero alla finestra, come dicono? Non hanno intinto neanche uno zampino, nonostante i difficili rapporti con la stampa fuori dal coro ? Passati più di trent’anni vedremo presto se l’”editore puro” che viene dal nulla rispetterà gli impegni di equidistanza politica o se comunque chi tocca i fili del Corriere rimane folgorato, come è capitato a tanti. E se quello dell’editore puro rimarrà un mito da coltivare per i postumi o se veramente Cairo riuscirà a rimanere a piè fermo su due obiettivi: risanare la Rcs disastrata con un progetto realistico e fare soldi. In materia di capitalismo di relazione e quindi anche sul Corriere Matteo Renzi si è presentato bene, con uno dei suoi calembour, che purtroppo troppo spesso vengono disattesi e capovolti. «L’Italia – ha celiato- è stata gestita da troppi patti di sindacato che in realtà erano “pacchi” di sindacato». Sul Corriere ci aspettiamo di vedere se per una volta prevale il mercato (oltre a progetti ragionevoli e realizzabili) o il pacco, con il quale il presidente del Consiglio, in molte materie, ha numerose frequentazioni. a.statera@repubblica.it

LA VITTORIA DI CAIRO
L’ultima battaglia per la proprietà della Rcs si è conclusa la settimana scorsa con la vittoria d i Urbano Cairo (foto grande a fianco) , editore di La 7 e di una serie di settimanali popolari, sulla cordata concorrente di Bonomi, Mediobanca, Tronchetti e altri La nuova sede della Rcs Mediagroup in via Angelo Rizzoli 8 (con gli uffici corporate, periodici, pubblicità, digitale), a cui si aggiunge la sede “storica” di via Solferino 28 dov’è rimasta almeno per il momento la redazione del Corriere della Sera
Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 25/7/2016