Filippo Santelli, Affari&Finanza – la Repubblica 25/7/2016, 25 luglio 2016
FENOMENOPOKEMON GO MOLTO PIÙ CHE UN GIOCO PER IL RILANCIO DI NINTENDO
Roma
Visto che di Pokémon si parla – si può forse parlare di altro? – è come se un Pikachu si fosse all’improvviso evoluto in un Raichu. Un mostriciattolo forte, sì, ma ben conosciuto, in uno molto più raro e potente. La stessa trasformazione è quella che sta vivendo Nintendo dal 6 luglio, quando Pokémon Go è diventato mania globale, fenomeno culturale istantaneo. Il videogioco in cui si va alla ricerca dei colorati esserini tra le strade della propria città, embrione di realtà aumentata, ha spinto la società giapponese che ha raddoppiato in sole due settimane il valore in Borsa, oltre i 40 miliardi di dollari, superando la rivale Sony. E ha proiettato quella che fino a ieri era una società di videogiochi per console, un Pikachu, in prima fila nella battaglia per il mobile, settore tutto diverso, oggi un po’ meno ricco, ma in crescita esponenziale. Tanto, tantissimo, per chi in quel business fino a ieri aveva esitato a lanciarsi. Troppo, e troppo veloce, replicano alcuni analisti, Deutsche Bank in testa, per dare la trasformazione per acquisita. Il taglio della raccomandazione su Nintendo, da “comprare” a “tenere”, ha proprio questo senso. Sul successo di Pokémon Go, poco da discutere. Basterebbe l’aneddotica, ogni giorno più variopinta: cacce di massa nelle città, gente che gioca per strada, a casa, in ufficio, al volante, con ogni immaginabile problema di ordine pubblico. «Non mi aspettavo un impatto del genere», ammette Giovanni Caturano, 42 anni, fondatore di SpinVector, società che a Benevento produce pluripremiati videogiochi a realtà aumentata. Go sta polverizzando ogni record nell’almanacco dei titoli per mobile. Ci ha messo sette giorni, mai nessuno così veloce, a essere scaricata da 10 milioni di utenti, oggi ha già superato i 30. Negli Stati Uniti a 48 ore dal lancio era già più diffusa di Tinder, meglio cercare Pokemon che incontri amorosi, in una settimana aveva superato Twitter per utenti attivi. E quel che più conta, secondo gli analisti di ThinkGaming, viaggia al ritmo di due milioni di dollari di ricavi al giorno, solo su telefonini Apple. Dal 1996 in avanti i Pokémon hanno sempre affascinato le masse, lo dicono le vendite di qualsiasi prodotto li abbia visti protagonisti. Ma il vero punto è che si sono adattati alla perfezione al “casual gaming”, quello stile semplice ma molto spassoso tipico del mobile, che ha fatto le fortune delle caramelle di Candy Crush. «Nintendo non ha mai fatto grandi innovazioni tecnologiche», commenta Scarano, «la sua forza è stata sempre usare tecnologie esistenti per creare un nuovo stile di gioco». Vedere la Wii, che con un banale giroscopio ha realizzato una serie di titoli da salotto capaci di avvicinare anche gli adulti all’industria videoludica. L’applicazione della realtà aumentata in Pokémon Go è tanto basilare quando immediata e divertente. E questo lascia ben sperare su due aspetti chiave dei videogiochi mobile: la retention, cioè la capacità di creare un interesse prolungato nel tempo, e la monetizzazione, spingere gli utenti, una volta scaricata gratis l’app, a fare acquisti al suo interno per sbloccare personaggi e livelli bonus. Già sono state annunciate delle integrazioni che dovrebbero tenere i giocatori incollati allo schermo, come la possibilità di scambiare Pokémon con gli latri utenti. Quanti di quei dollari finiranno nel bilancio di Nintendo però è tutto da capire. Google e Apple infatti trattengono il 30% di tutte le transazioni nella app, di fatto la fetta più ricca della torta. Il resto se lo dividono Niantic, la casa americana, spinoff di Google, che ha sviluppato il gioco, e The Pokemon Company, società che gestisce la proprietà intellettuale legata ai mostriciattoli, di cui Nintendo ha un terzo delle quote. I ricavi di Go potranno pure essere enormi, insomma, facilmente sopra il miliardo di dollari l’anno, forse oltre i quattro, ma la parte che toccherà a Nintendo, secondo le stime, è tra il 13 e il 25%. Di fatto una frazione del suo fatturato, che si aggira attorno ai 4,7 miliardi di dollari, peraltro in calo da diversi anni. «La nuova valutazione in Borsa», conclude Deutsche Bank, avrebbe senso «solo se la metà del pianeta scaricasse l’applicazione e il 5% dei giocatori spendesse 100 dollari in acquisti». Ma ancora più importante della distribuzione dei ricavi, in questa intricata struttura di partnership e licenze, è quella dei ruoli. «Questo non è un gioco di Nintendo, ma di Niantic», dice Peter Warman, al vertice della società di analisi Newzoo. In Niantic, Nintendo ha investito 30 milioni di euro insieme a The Pokemon Company e Alphabet. Ma a tirare le fila della componente tecnologica sono il fondatore John Hanke e il suo ex datore di lavoro Google, per cui, prima di dedicarsi alla realtà aumentata, ha sviluppato Maps e StreetView, l’infrastruttura alla base di Pokémon Go. E’ su questa piattaforma che cresceranno le applicazioni potenzialmente più lucrative della realtà aumentata, quelle pubblicitarie. Niantic ha già confermato che McDonald’s sarà la prima azienda a “sponsorizzare” dei luoghi all’interno del gioco, come le palestre di Pokémon. Tante altre imprese, multinazionali o business locali, aspettano al varco, pronte a usare calamite virtuali per attirare i clienti nei propri negozi fisici. Se l’apporto di Nintendo si limita ai personaggi, sarà difficile intestarsi la proprietà del nuovo stile di gioco, come fatto con la Wii. Nulla impedisce che domani Niantic lo metta a disposizione di personaggi di “famiglie” diverse, dagli X-Men ai protagonisti del Trono di spade . «Nintendo deve elaborare una sua strategia prima che ciò avvenga », dice Warman. «Ha fatto un grande passo, ma è ancora lontana dall’essere una società di videogiochi mobile». Quello che la Borsa già prezza, insomma, nel futuro dell’azienda di Kyoto non è ancora così chiaro. Le rivali si sono buttate sul mercato degli smartphone, a cominciare da Activision Blizzard che ha speso 5,9 miliardi di dollari per acquistare King, la produttrice di Candy Crash. Ma per Nintendo, che a differenza dei concorrenti produce anche l’hardware, le console, il passo è più difficile. Il business del mobile ha costi fissi inferiori e grande scalabilità, ma di certo margini inferiori e maggiore volatilità. Il successo di Pokémon Go, da questo punto di vista, stona rispetto alla prudenza dell’amministratore delegato Tatsumi Kimishima. Entro fine anno dovrebbero uscire nuovi titoli per mobile come Animal Crossing, ma nessuno con i personaggi iconici di casa come Super Mario o Donkey Kong. Miitomo, il social network per smartphone lanciato a marzo, e My Nintendo, il nuovo programma fedeltà che assegna a ogni cliente un account, stentano a decollare, e non sono stati usati per Pokémon Go. Nel frattempo, a primavera, tutti gli sforzi si concentreranno sul lancio della nuova console di casa, NX. «Con Pokémon Go Nintendo è il primo dei grandi produttori di console che dimostra di potersi smaterializzare – conclude Caturano – il mercato risponde a questa aspettativa». Toccherà a Nintendo non deluderla. In basso, Pikachu, uno dei protagonisti della serie di giochi Pokemon; nella foto sopra un momento della grande “caccia” globale di questi giorni
Filippo Santelli, Affari&Finanza – la Repubblica 25/7/2016