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 2016  luglio 25 Lunedì calendario

FIAT, VW, MERCEDES E LE ASSICURAZIONI PARTE LA GRANDE CACCIA ALLE STARTUP DELLA RIVOLUZIONE SMART MOBILITY

Altro che autostoppisti 2.0 e nomadi digitali a caccia di passaggi low cost. Adesso a chiedere uno strappo alle app dell’economia collaborativa ci sono quei big dell’industria che fino a ieri sudavano freddo solo a sentire parlare di shared mobility. E ora tocca sgomitare pur di salire a bordo della mobilità condivisa e così guadagnare un posto a sedere in quel mercato del trasporto privato che, secondo McKinsey, nel giro di 15 anni, sarà composto per il 30% del fatturato da piattaforme di condivisione dei servizi. In pista ci sono le case automobilistiche (Fca, Daimler, Gm, Bmw, Vw) e le assicurazioni (Axa, Unipol, Allianz), ma anche le società di autobus di linea (gruppo Arriva-Deutsche Bahn) e di trasporto su rotaia (Ntv e Trenitalia), quelle di noleggio vetture (Europcar) e le flotte aziendali (da Luxottica a Yoox). Ma si sta muovendo la grande distribuzione organizzata (Rinascente) e operatori della logistica (Dhl), e perfino i professionisti delle corporazioni come gli "irriducibili" tassisti con licenza (My Taxi).
Molti di questi esempi riguardano iniziative in corso in Italia. Ma la posta in gioco a livello globale, sempre secondo McKinsey, è stimata sui 1.500 miliardi di dollari, generati dalle piattaforme che sapranno imporsi come standard nella definizione della nuova mobilità urbana: nel car pooling e nel car sharing, per aggregatori di servizi trasporto passeggeri "intermodale" (bici+auto+ treno), prenotazioni taxi o vetture con autista, la consegna delle merci a domicilio e anche i parcheggi in condivisione.
"La domanda non sta cambiando, è già cambiata – sostiene Massimo Ciuffini, responsabile mobilità della Fondazione Sviluppo Sostenibile – le statistiche ci informano che nei paesi avanzati diminuiscono i chilometri percorsi in auto e così il numero di auto per famiglia. In generale una persona nata dopo il 1980 preferisce alla proprietà di un veicolo tante forme diverse di mobilità, tutte direttamente accessibili dal proprio smartphone. È un cambiamento epocale che stravolgerà la geografia economica sia con l’avvento di nuovi agenti economici che con la trasformazione di quelli esistenti". Già, perché fino a ieri le startup puntavano a fare breccia tra le distorsioni del mercato, cercando di portare efficienza e risparmio attraverso l’uso condiviso di mezzi di trasporto. Oggi si fa avanti a suon di contanti la "vecchia" industria (Gm investe 500 milioni Lyft, Volkswagen tira fuori 300 milioni per la taxi app Gett, Apple scommette un miliardo su Didi Kuadi), decisa a tornare al volante della rivoluzione del trasporto e riempiendo ogni corsa di servizi ad alto valore aggiunto.
PASSAGGIO IN ITALIA
Se Stati Uniti e Asia sembrano dettare la linea delle sperimentazioni e dei grandi investimenti, anche in Italia cresce a doppia cifra la platea di persone interessate agli spostamenti in condivisione. Un italiano su due conosce i servizi della sharing economy, stando a un’indagine Doxa-Findomestic. E il 10% è già salito a bordo della mobilità condivisa. I dati in corso di elaborazione del rapporto dell’Osservatorio Sharing Mobility che sarà presentato a novembre, parlano di 700 mila iscritti ai servizi di car sharing per una flotta di quasi 6.000 vetture e 120 mila a quelli di bike sharing per 12 mila biciclette a disposizione. Buona parte del mercato è concentrato nelle aree urbane di Milano, Roma e Torino ma il fenomeno si sta diffondendo a macchia d’olio in circa 100 aree urbane.
Dopo un decennio di crescita modesta, basato sul modello delle stazioni fisse, noleggio e ritorno alla base, il fenomeno ha registrato un vero e proprio boom grazie al lancio di flotte a flusso libero (parcheggi dove vuoi) reso possibile dalla diffusione degli smartphone ma soprattutto dall’intervento dei pesi massimi della vecchia industria. La saldatura tra old e sharing economy arriva per ragioni di opportunità di business ma anche di sostenibilità dei conti. Come dimostra il fallimento di Twist, l’operatore italiano a conduzione familiare di car sharing che a novembre ha sospeso il servizio. I costi di avviamento sono ingenti e solo le aziende più strutturate possono permettersi di viaggiare in perdita nei primi anni di vita. Non a caso le società ancora in pista sono il frutto di alleanze a più voci. Eni Enjoy nasce dall’intesa con Fca e Trenitalia per mettere a disposizione auto in condivisione nei principali comuni italiani. Dopo le Cinquecento del Lingotto, in Enjoy sono arrivati anche gli scooter di Piaggio e con questi il lancio di coperture assicurative targate Allianz e mentre la Octocam installando videocamere per registrare le dinamiche di eventuali incidenti. Discorso analogo vale per Car2go nato dalla collaborazione tra Daimler e Europcar a cui si sono aggiunte i voucher e le promozioni Italo Treno del gruppo Ntv. Punta sulla mobilità a impatto zero Share’Ngo, il car sharing tutto elettrico di Cs group di Livorno presente a Milano, Firenze e Roma nato dalla collaborazione con il produttore cinese di auto Geely e copertura assicurativa di Linear (Unipol).
IL VIAGGIO COMBINATO
Serve un tachimetro flessibile e affidabile per regolare le prossime corse della mobilità condivisa. Oltre al car sharing c’è tutta la filiera di quei passaggi a breve, media e lunga percorrenza che rischia di andare a sbattere con le norme italiane sul trasporto pubblico non di linea. Lo racconta bene il confronto a muso duro tra Uber e categoria dei taxisti, con tanto di sentenza del Tribunale di Milano che ha sospeso in Italia Uber Pop, il servizio che trasforma ogni conducente in un potenziale autista. Ora un emendamento del Ddl concorrenza passa la palla al governo che avrà 12 mesi per presentare un legge delega di riordino del settore. Occorre fare in fretta, perché le iniziative non riguardano solo Uber ma si moltiplicano su ogni tratta. Il ride sharing sale anche in moto con le app Scooterino e Jump On. Quest’ultima ha un piano ambizioso: riuscire a far partire l’autostop 2.0 (due e quattro ruote) nei centri urbani, laddove Uber Pop è stata fermata dalle corporazioni dei taxisti. Per farlo Beniamino Bimonte ha messo in piedi un modello di trasporto P2P che "non prevede commissioni applicate sul rimborso spese al conducente, tariffe solo suggerite (non imposte) e una sorta di abbonamento annuale alla piattaforma di 9 euro". E a settembre Jump salterà a bordo del car pooling aziendale offrendo servizi a operatori pubblici e privati. Di parcheggi condivisi si occupa Sparky.club, mentre Hello Ugo si propone di accompagnare a casa il conducente che non è in grado di guidare. E per aiutare gli utenti in questo offerta in crescita ci sono gli aggregatori di secondo livello che riuniscono i servizi in una sola app, come Urbi che confronta l’offerta secondo criteri di economicità e rapidità di spostamento; Moovint per il trasporto pubblico locale, e Checkup my bus per quelli degli autobus a lunga percorrenza. La strada è calda anche per le imprese, come in Luxottica e Yoox, dove sta arrivando il car pooling per i dipendenti, cercando di incentivare la condivisione delle vetture per andare al lavoro e organizzare le trasferte. "La shared mobility non è più qualcosa di estraneo e alternativo a tutto il resto – dice Andrea Saviane, country manager Italia di BlablacarAndrea Saviane, country manager Italia di Blablacar, la piattaforma che mette in contatto automobilisti con posti liberi a bordo e passeggeri che viaggiano nella stessa direzione – ma è un processo che continua a integrare servizi in modo intelligente per migliorare le vita delle persone". Blablacar sta facendo da apripista alla fase due della mobilità condivisa, costruendo attorno sé un ecosistema che riunisce polizze assicurative (Axa), pagamenti online (Paypal), e scontistica per chi noleggia un’auto (Europcar) con la possibilità di condividere i posti con altri passeggeri. Anche i taxisti cominciano a convincersi alle potenzialità dell’economia collaborativa, riunendosi sotto le insegne di My Taxi (Daimler Mercedes). Ad attirare le sirene dei big c’è anche la piattaforma di pullman sharing Gogobus, che su proposte di viaggio postate online organizza trasferte in autobus per concerti o eventi di ogni tipo. La startup ha appena firmato un accordo con il gruppo Arriva, gruppo Deutsche Bahn.
di CHRISTIAN BENNA, Affari&Finanza – la Repubblica 25/7/2016